“Caso Palmesano”: ritorsione ai danni di Nardiello, don Ciotti faccia chiarezza su “Libera” in provincia di Caserta

“Caso Palmesano”: ritorsione ai danni di Nardiello, don Ciotti faccia chiarezza su “Libera” in provincia di Caserta

PIGNATARO M. – La lunga storia della caccia all’uomo contro il giornalista Enzo Palmesano si arricchisce con il racconto del giornalistaPietro Nardiello, quest’ultimo “colpevole” di averlo semplicemente intervistato. Il 20 novembre 2013 sulla pagina Facebook di Pietro Nardiello, all’indirizzo Internet https://www.facebook.com/pietro.nardiello?fref=ts, è stato pubblicato il suo seguente messaggio: “In tanti mi hanno chiesto perché ho lasciato “Il festival dell’impegno civile”. Per i motivi che potrete leggere in questo estratto del mio libro, “Il Festival a casa del boss”, un paragrafo intitolato “Libertà di stampa”. Pietro Nardiello riporta per intero il capitolo in questione: “A Pignataro Maggiore viene arrestato il sindaco del PDL, ex AN, Giorgio Magliocca perché accusato di “concorso esterno in associazione mafiosa”. Per Articolo 21 vengo chiamato a realizzare un’intervista al “giornalista urticante”, come lo definisce Beppe Giulietti, Enzo Palmesano, il quale esprime fino in fondo il suo pensiero sottolineando, duramente, che «anche esponenti di “Libera” della provincia di Caserta hanno pesanti responsabilità su Pignataro». (link http://www.articolo21.org/2848/notizia/enzopalmesano- il-sindaco-di-pignataro-cerniera.html). (intervista riportata più avanti. Ndr) Quest’intervista farà arrabbiare tantissimo tutti i componenti del Comitato don Diana, dopo una riunione che Valerio (Taglione) avrà a Roma proprio in merito a questa pubblicazione, ne realizzeremo una insieme a tutti i componenti del Comitato proprio a Casal di Principe.

Sottolineo, fin da ora, così come poi ho avuto modo di fare durante quest’incontro che le uniche colpe che posso addebitarmi, e lo faccio anche in questo momento in cui scrivo queste pagine, sono esclusivamente da un punto di vista umano, per non aver avvertito il Comitato di quella risposta incriminata prima della pubblicazione. Professionalmente, invece, non posso rimproverarmi nulla. Un

giornalista, quando è chiamato dal direttore della testata non può rifiutarsi di realizzare questo o quel pezzo, così come ha affermato anche qualche “collega” in questa riunione, e quando siamo di fronte a un’intervista deve riportare quanto realmente affermato dall’intervistato. Risultato di questa riunione, non so se frutto anche dell’incontro romano realizzato da Valerio, è che io per la quarta edizione “non potrò avere un ruolo di direzione artistica e nemmeno alcuna visibilità organizzativa e mediatica, ma semplicemente svolgere le funzioni di addetto stampa”.Ho sempre creduto che l’importante sia far crescere le idee e i progetti per i quali si è lavorato sin dall’inizio, quindi accetto e non faccio nessuna rimostranza e nessun richiamo al regolamento sottoscritto il 19 marzo del 2008 da me, Valerio e Mauro dove viene indicato che siamo noi tre a rappresentare la segreteria organizzativa del Festival. Per il bene di questa rassegna, alla quale auguro di crescere sempre di più, preferisco tacere e non ingarbugliare giuridicamente qualcosa per la quale si è dato il cuore e la propria professionalità partorendo l’idea di un progetto che adesso tutti difendono con fierezza. Tutto a questo mondo finisce, meglio non ingarbugliare la matassa nonostante nessuno, anche al termine della rassegna, mi abbia comunicato la volontà di interrompere il rapporto di collaborazione. Siamo ad aprile e mancano solamente due mesi alla presunta data di inizio, il Festival bisogna realizzarlo per non far incassare l’ennesima sconfitta a questi territori. Si ricomincia quasi da zero con Valerio che assume il ruolo di coordinatore di tutto il processo organizzativo”.

A beneficio dei nostri lettori riportiamo l’intervista, pubblicata da http://www.articolo21.org/ il 25 marzo 2011 con il titolo “ENZO PALMESANO: “IL SINDACO DI PIGNATARO CERNIERA TRA LA POLITICA E LA CAMORRA”, per la quale ha dovuto subire la su descritta ritorsione l’incolpevole Pietro Nardiello. Ecco di seguito il testo integrale dell’intervista. “Le cosiddette e sedicenti organizzazioni “anticamorra” fornivano – in cambio di favori, appalti e clientele – la copertura “della legalità” al sindaco Magliocca. E intanto i beni continuavano ad essere un affare per le cosche, soprattutto per quanto riguarda il dato simbolico: se nulla cambia neanche con le confische dei beni, il consenso sociale e la capacità di intimidazione della camorra restano intatti. Non è facile, per un giornalista, attaccare le organizzazioni sedicenti “anticamorra” su un tema delicato quale è quello dei beni confiscati”… Così il giornalista Enzo Palmesano intervistato a pochi giorni dall’arresto del sindaco di Pignataro Maggiore Giorgio Magliocca.

Palmesano, nei giorni scorsi il sindaco di Pignataro Maggiore Giorgio Magliocca è stato arrestato perché accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Come mai si è giunto a questo?
Nessuna sorpresa da parte dei giornalisti che fin dal 2002 – e sono passati nove anni – accusano Magliocca di legami con il clan Lubrano-Ligato. Il sindaco di Pignataro Maggiore è stato oggetto di una imponente investigazione giornalistica e io e altri colleghi siamo stati vittime di ritorsioni politiche, editoriali e camorristiche. Le accuse dei giornalisti sono state in pieno riscontrate, sul piano giudiziario, dalle indagini della Squadra Mobile della Questura di Caserta e dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Io tra poco potrò scrivere solo sui muri, non mi vogliono più da nessuna parte. Sono diventato pericoloso per me e per gli altri. Ma ne vale la pena. Il copia e incolla con le ordinanze dei magistrati o la funzione di buca delle lettere per i comunicati dei politici, non sono giornalismo, anzi è una funzione meno creativa e utile di un impiego al catasto.

Ci delinea un profilo geografico mafioso di Pignataro e del comprensorio per chi non conosce questi territori?
Ho ribattezzato Pignataro Maggiore “la Svizzera dei clan”, luogo tranquillo per riciclare denaro sporco, per nascondere i sequestrati e i latitanti, per orchestrare delitti eccellenti, per intessere accordi con la politica. Qui hanno svernato da latitanti Luciano Liggio e Totò Riina. E i boss pignataresi hanno orchestrato i delitti politici, come gli omicidi del giornalista “abusivo” del “Mattino”, Giancarlo Siani, e del fratello del giudice Ferdinando Imposimato, Franco.

Nell’inchiesta si parla di beni confiscati che, nonostante la confisca, sarebbero rimasti nella disponibilità del clan. In che modo?
Le cosiddette e sedicenti organizzazioni “anticamorra” fornivano – in cambio di favori, appalti e clientele – la copertura “della legalità” al sindaco Magliocca. E intanto i beni continuavano ad essere un affare per le cosche, soprattutto per quanto riguarda il dato simbolico: se nulla cambia neanche con le confische dei beni, il consenso sociale e la capacità di intimidazione della camorra restano intatti. Non è facile, per un giornalista, attaccare le organizzazioni sedicenti “anticamorra” su un tema delicato quale è quello dei beni confiscati. Io me lo sono potuto permettere per una credibilità personale e professionale conquistata sul campo. Nel 2000 fu una mia inchiesta giornalistica a portare alla luce il fascicolo dei beni confiscati che era stato insabbiato dall’allora sindaco Ds Giovan Giuseppe Palumbo, la cui amministrazione fu sciolta per condizionamenti camorristici. Con il sindaco Pdl, ex An, Giorgio Magliocca le cose sono addirittura peggiorate perché la camorra imperava sotto la maschera di una presunta “anticamorra”. Senza lo scudo di quella prima e decisiva inchiesta giornalistica del 2000 sui beni confiscati, ci avrebbero fatti a pezzi. Ma il giornalismo investigativo logora solo chi non lo fa.

Nello specifico si parla della villa Ligato che dopo quindici anni dalla confisca definitiva risulta ancora inutilizzata. Coinvolte nell’inchiesta anche la prima assegnataria del bene, l’associazione Mondotondo, che dopo due anni, rinunciava all’assegnazione del bene e il Consorzio Icaro, attuale affidatario. Se le accuse dovessero essere confermate si allungherebbe la macchia che vede coinvolto, da tempo, anche il terzo settore in provincia di Caserta.
C’è pure di peggio: qualcuno aveva fatto arrivare notizie false alla Commissione antimafia e qualcun altro aveva operato per farle prendere per buone. Nella relazione di maggioranza di fine legislatura del 2006 risultava che villa Ligato sarebbe la sede di due caserme, una dei carabinieri e l’altra della Guardia di Finanza. E’ falso, la villa è diroccata e usata dalla camorra per nascondere armi e macchine rubate, per summit, per portarvi imprenditori da ‘ammorbidire’ e costringerli a pagare il ‘pizzo’. Le organizzazioni cosiddette anticamorra hanno una gravissima responsabilità: nel 2007, dopo che la camorra aveva raccolto abusivamente tutti i frutti del pescheto, organizzarono una manifestazione anti-clan di facciata con il titolo ‘Liberiamo le pesche’ al fine di offrire una ulteriore copertura al sindaco Magliocca, esponente politico asservito alla cosca Lubrano-Ligato. E noi giornalisti, da soli, ad attaccare politici, camorra e pure le organizzazioni sedicenti anti-camorra. Anche esponenti di “Libera” della provincia di Caserta hanno pesanti responsabilità. Don Luigi Ciotti – grande stima per lui, da parte mia – dovrebbe analizzare a fondo il dossier Pignataro Maggiore.

Facciamo un’ analisi politica. Perché il Sindaco Magliocca avrebbe dovuto richiedere l’aiuto dei clan per la sua campagna elettorale? Quali interessi avrebbe perorato?
Magliocca è un uomo cerniera, è il collegamento tra la camorra e la politica che conta. Quella degli affari, degli apparati e delle logge. E’ trasversale, dal centrosinistra al centrodestra. E’ la politica del grande affare dei rifiuti, delle discariche, delle centrali, della violenza ai danni del territorio. C’è ancora molto da investigare: per noi giornalisti, ma credo anche per i magistrati, nella “Svizzera dei clan”.

Se tutto questo dovesse essere confermato, si può ancora sperare in una nuova stagione per questi territori?
Per il giornalismo investigativo no. Se vuoi vivere da giornalista professionista te ne devi andare. Non c’è speranza”. Fin qui l’intervista.

Come è noto, l’ex sindaco di Pignataro Maggiore ed ex consigliere provinciale Giorgio Magliocca, arrestato l’11 marzo 2011 con le accuse di concorso esterno in associazione mafiosa e omissione di atti d’ufficio con l’aggravante camorristica, è stato assolto il 20 febbraio2012 inprimo grado dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, con il rito abbreviato, “perché il fatto non sussiste”. Ora si è in attesa del processo d’appello – udienza fissata il 29 novembre 2013 – chiesto dal valoroso pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, dottor Giovanni Conzo. Nel processo si sono costituiti parte civili il Comune di Pignataro Maggiore, con apposita delibera di Giunta, e l’Amministrazione provinciale di Caserta con azione popolare esercitata dal giornalista Enzo Palmesano – assistito dall’avvocato Cesare Amodio, del Foro di Napoli –  in vece dell’Ente che era rimasto inerte.

Non resta che lanciare l’ennesimo appello a don Luigi Ciotti affinché faccia finalmente chiarezza su “Libera” in provincia di Caserta.

Rassegna stampa

articolo di Rosa Parchi

da pignataronews.myblog.it

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