PIGNATARO M. – I buontemponi di piazza Umberto I adesso cantano vittoria, dopo che il direttore responsabile della testata giornalistica online www.comunedipignataro.it, Bartolo Mercone – incassata la spiritosa “varriata” in versi della ridanciana combriccola – ha scoperto pure lui che l’organizzatore dell’omicidio di Franco Imposimato fu il boss mafioso pignatarese Vincenzo Lubrano, nel frattempo defunto. Della “dimenticanza” di Bartolo Mercone e della conseguente levata di scudi dei buontemponi avevamo dato notizia – come ben sanno i nostri pochi lettori – con un articolo pubblicato da “Pignataro Maggiore News” in data 24 marzo 2013.
Prontamente, per gli amici “Bartuluccio” (o anche “Bartolino”) Mercone è corso ai ripari, integrando e arricchendo le motivazioni per le quali ha fatto nascere su Facebook il gruppo denominato “Pignataresi per Ferdinando Imposimato al Quirinale”. Ecco di seguito la versione merconiana riveduta e corretta: “Il fratello del giudice Ferdinando rimase ucciso in un agguato di camorra l’11 ottobre del 1983. Il mafioso Calò fu il mandante dell’omicidio. All’epoca dei fatti Cosa Nostra era legata, da un lato, a Roma attraverso la Banda della Magliana, e dall’altro alla camorra casertana e napoletana nelle persone di Antonio Bardellino (capo dei casalesi affiliato a Cosa Nostra), Lorenzo Nuvoletta (boss di Marano), e Vincenzo Lubrano (boss di Pignataro Maggiore). Raffaele Ligato senior e Tonino Abbate gli esecutori materiali. Pippo Calò, sentendosi minacciato dalle indagini giudiziarie, chiese ai casalesi di uccidere Franco Imposimato, per ritorsione contro il fratello giudice, un bersaglio troppo difficile da raggiungere. L’ordine passò a Lorenzo Nuvoletta, che a sua volta si rivolse a Vincenzo Lubrano, il quale infine affidò l’esecuzione materiale del delitto a Tonino Abbate e Raffaele Ligato. I casalesi accettarono l’incarico anche perché l’impegno ambientalista di Franco Imposimato, per quanto riguarda le cave abusive di Maddaloni, andava a scontrarsi con i loro interessi.
Il giudice per la sua storia di servitore dello stato ha tutti i requisiti per salire al Quirinale”.
In precedenza, Bartolo Mercone aveva nascosto il nome di Vincenzo Lubrano, affermando in maniera molto scarna che “il fratello del giudice Ferdinando rimase ucciso in un agguato di camorra l’11 ottobre del 1983. Il mafioso Calò fu il mandante dell’omicidio, Raffaele Ligato senior e Tonino Abbate gli esecutori materiali. Il giudice per la sua storia di servitore dello stato ha tutti i requisiti per salire al Quirinale”. Un’autocensura di non poco conto, quella operata dal Mercone in versione anticamorra e antimafia.
Tutto bene, correzione effettuata, ora c’è pure il nome di Vincenzo Lubrano su Facebook. I buontemponi rivolgono sinceri ringraziamenti a Mercone: “Bravo, Bartulù”. Ma c’è voluta una sonora “varriata” per fargli scoprire e scrivere nome e cognome del mammasantissima pignatarese.
Rassegna stampa
articolo di Rosa Parchi
da pignataronews.myblog.it