TORINO – Soltanto un giornalista della verve e dell’ironia tagliente di Marco Travaglio poteva scrivere un libro tanto divertente quanto amaro sullo stato del giornalismo italiano. Il direttore de “Il Fatto Quotidiano”, sfruttando il suo sconfinato archivio, con “slurp” è riuscito ad allestire una sorta di catalogo di tutte le “leccate” clamorose che i giornalisti-zerbini negli ultimi anni hanno riservato al potere. “Avrei voluto cominciare dal regime fascista, ma erano talmente tanti i ‘leccaculo’ negli ultimi venti anni che non c’era più spazio per inserire anche quelli in camicia nera” ha esordito alla presentazione di ieri (17 maggio) del suo testo nell’auditorium del Lingotto a Torino, nell’ambito del salone internazionale del libro. “La storia dei leccaculo – ha spiegato il giornalista – parte nel fascismo, attraversa momenti difficili nel secondo dopoguerra e poi si riprende da Craxi in poi, con il successivo revival berlusconiano e la saga delle leccate degli ultimi governi”.
Interrogato da Selvaggia Lucarelli, l’ex pupillo di Montanelli sciorina un catalogo di articoli scritti per lodare in modo poco dignitoso gli uomini di potere: ”Quando Libero e il Giornale tentano di far passare all’occorrenza Berlusconi come un mandrillo o come impotente, semplicemente perché lo richiede il processo penale in corso, lo capisco perché in fondo devono guadagnarsi la pagnotta e fare un favore al loro padrone. Non capisco chi, invece, fa il ruffiano gratuitamente, senza ottenere nulla in cambio. Bisogna dire, d’altra parte, che i leccaculo sono in crisi. Il punto più basso del leccaculismo é arrivato con Mattarella, il quale non parla, non si muove e non ride. Insomma, sembra essere terminata la saga carnevalesca venuta fuori con Berlusconi. Quel carnevale è diventato quaresima prima con Monti e poi con Mattarella”.
Sulla classifica dei politici più ‘leccati’, Travaglio aggiunge: “Veltroni, come D’Alema, è uno dei politici di centrosinistra più incensato. È stato ministro della cultura e quindi era addentro al mondo dell’editoria, insomma, era una calamita perfetta per le lingue. Quando scrive un libro, che nell’ambito di quelli scritti dai politici è il meno peggio, i giornalisti fanno a gara per recensirlo. Addirittura una volta Gianni Riotta si scusò per una recensione poco rispettosa”. Il giudizio finale è impetuoso: “Io credo che i leccaculo del nostro giornalismo agiscano in questo modo per compiacere e non riescono a uscirne da questo vizio. Anche se va detto che esistono i leccaculo e i leccaculi: i primi sono i più ingenui perché tramontato il culo scompare la lingua; i secondi, invece, riescono a scaricare il culo precedente prima che lo stesso scompaia”. Anche il predecessore di Travaglio, Antonio Padellaro, non ha lesinato giudizi sulla categoria: “Questo libro fa molto ridere e piangere nello stesso tempo, perché se il giornalismo in Italia è messo così male, allora vuol dire che la democrazia non è messa meglio. Se pensate soltanto che Dante mette nell’ottavo girone dell’Inferno un leccaculo e per la legge del contrappasso viene ricoperto di sterco, immaginate quale può essere il mio giudizio sulla categoria. Devo dire, però, che tale categoria va diversificata tra i leccaculo per passione, quelli per pompieraggio e quelli che lo fanno con talento”. “Se fossi Renzi e leggessi questo libro – chiosa l’ex direttore de ‘l’Unità’ – creerei una nuova figura che è il mediator slurp, colui che impedisce a certi giornalisti di esagerare nel leccargli le terga”.
Red.