25 aprile 1945: la sezione del Partito Democratico pignatarese ricorda la Liberazione dell’Italia dal fascismo

25 aprile 1945: la sezione del Partito Democratico pignatarese ricorda la Liberazione dell’Italia dal fascismo

PIGNATARO M. – La sezione pignatarese del Partito Democratico ricorda la liberazione dell’Italia dalle forze nazifasciste:

Nel 69° anniversario della Liberazione sentiamo il bisogno di ricordare e raccontare, attraverso le parole del padre Alcide, il sacrificio dei sette fratelli Cervi, trucidati dai fascisti il 28 dicembre 1943 a Reggio Emilia.
Colpevoli di essere antifascisti, democratici e di partecipare alla Resistenza furono il simbolo della lotta partigiana contro la barbarie nazi-fascista.
A loro e a tutti i martiri della Resistenza va il nostro profondo rispetto e la nostra riconoscenza per averci consegnato L’ITALIA LIBERA E UNITA.

tratto da: “I miei sette figli” di Alcide Cervi

“[…] Ecco, ho raccontato la storia della famiglia e mia, come il cuore ha saputo.
L’ho raccontata e mi è costato fatica e dolore, ma avevo uno scopo.
Dirle queste cose a tutti i padri di famiglia italiani che vivono di stenti e di sopportazioni, che invecchiano di lavoro per fare i figli grandi e contenti dei padri.
Dirle prima di tutto ai vecchi come me, che sono stati traditi tutta la vita dai padroni, dai governi e dalle guerre, e adesso si ritrovano come a vent’anni senza lavoro e soldi, senza un sigaro da fumare, senza pensione o con cinquemila lire al mese e con tanta voglia di morire per non avere più bisogno di mangiare e chiedere.
Ai vecchi braccianti dell’Italia affamata di terra e di lavoro, che per tutta la vita sono stati zappe e badili che si prendono in affitto solo qualche mese all’anno, e per il resto devono inventare mestieri quando l’inventano, per resistere fino all’altra stagione.
Ai fratelli contadini poveri del Mezzogiorno, che col sangue e la lotta hanno fatto più grande la bandiera rossa.
Ai mezzadri compagni miei che i padroni gli rubano metà del raccolto, e loro danno all’Italia solo ignoranza e tradimento.
Agli impiegati degli uffici che sanno come va male lo Stato e che sperpera i soldi, mentre loro devono fare lavoro in più e stanno sempre con la paura che nascono figli. Agli intellettuali che non possono creare l’utile, perché oggi la cultura che frutta è quella per l’inganno e la guerra, e i maestri non hanno lavoro e gli analfabeti non hanno maestri.
Agli operai licenziati d’ltalia, che potrebbero salvare lo Stato con l’intelligenza e l’onestà, e non riescono a salvare i figli dalla fame e dalle malattie.
A voi tutti, dico: rifate come ho fatto io la storia della vostra famiglia, e vedrete che dicono tutte la stessa cosa.
Perché la natura grida forte che cosa bisogna fare, la società pure, ma gli uomini ancora tutti non capiscono e si fanno il male con le mani loro. […]
[…]Quando mi dissero della morte dei figli, risposi: dopo un raccolto ne viene un altro. Ma il raccolto non viene da sé, bisogna coltivare e faticare, perché non vada a male. Avevo cresciuto sette figli, adesso bisognava tirar su undici nipoti.
Dovevano prendere ognuno il posto dei padri e bisognava che i bambini crescessero allegri e molti avevano ripreso del carattere dei loro padri.[…]
[…]Ma adesso sono milioni di persone che ci ascoltano, che sanno dei sette figli miei e si avvicina il giorno, come diceva Aldo, che il destino di morire sarà sciolto e l’umanità penserà solo a vivere, a migliorare i campi, a fabbricare trattori, a studiare il mondo, come volevano i figli miei.
Perché non ci fermeranno più. C’è bisogno di prova?
Guardate la mia famiglia: avevo sette figli, e ora ho undici nipoti.
Avevamo 4 mucche, e adesso sono 54 capi di bestiame, con la produzione del grano che è salita a cinque volte quella del ’35.
Eravamo mezzadri, pieni di debiti, e adesso abbiamo ancora debiti da scontare per trent’anni, ma il fondo è dei nipoti e delle nuore.
Non faranno più San Martino.
E quando c’è da ascoltare il padrone per fare qualche miglioria, si riunisce il consiglio di famiglia e quello che decide è ben fatto.
In più abbiamo dato sette vite alla patria.
Se c’è bisogno di dare ancora la vita, i Cervi sono pronti, e qualcuno pure sopravviverà e rimetterà tutto in piedi meglio di prima.
Ecco perché non ci fermeranno più.
Ma cercate di capirmi, io vorrei averli vivi, i figli, che stessero ancora vicino a me.
E ogni padre di famiglia vuole la salvezza dei figli suoi.
Per questa salvezza non c’è che un mezzo, che gli italiani si riconoscano fratelli, che non si facciano dividere dalle bugie e dagli odi, che nasca finalmente l’unità d’Italia, ma l’unità degli animi, l’unità dei cuori patriottici
.”

Pignataro Maggiore, 25 aprile ’14

Circolo del Partito Democratico

 

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