PIGNATARO M. – Non ce ne vogliate, ma come tutte le estati, sotto il sole bollente, ritorna il solito scempio delle sfilate di Miss Italia, Miss maglietta bagnata e miss etc etc… che fanno tappa anche nei “paesini sperduti” del nostro alto-casertano. Sia ben chiaro, non si tratta di moralismo o di bigottismo, né tantomeno viviamo nella repressione sessuale, ma crediamo che la volontà di poter liberare il proprio corpo sia alla base della rivendicazione che vogliamo fare. Liberare non significa scendere alla mortificazione con una giuria con tanto di paletta in mano pronta a votare il corpo migliore, e soprattutto pensiamo che non è di certo attraverso l’esposizione del corpo come oggetto che sia realizzabile il riscatto femminile. Siamo stanche della mercificazione e dell’esposizione del nostro corpo come un trofeo su un palco, con annessi maschietti arrapati che ne sbavano sotto; crediamo che in un momento di crisi, come quello in cui ci ritroviamo a vivere, la subalternità totale di noi ipersfruttate dal sistema non debba ancor di più essere ricondotta ad un ulteriore subalternità di genere, con il sogno-illusione di trovare un futuro migliore attraverso l’esposizione mercificatoria della donna tipo Ferrari, per magari farsi comprare dal miglior acquirente.
Ad un sorriso inconsapevole, in una sfilata con l’abito più figo, vorremmo anteporre la rabbia, quella stessa che ci vede totalmente precarie e sotto considerate, relegate in un angolo, costrette a subire prevaricazioni, dirette ed indirette, sul posto di lavoro, a casa e troppo spesso valutate esclusivamente per le tette più grandi o per il culo più tondo; destinate ad essere guardate dall’uomo solo come la madre, la moglie e la sorella ottime per lo svolgimento delle attività di cura del focolare domestico.
Tutto ciò ci sta troppo stretto!
Se la volontà di voler rappresentare la donna in tale direzione sia, da un lato, una scelta politica di sopraffazione, dall’altro rappresenta per la donna, una totale sottomissione all’immagine- oggetto che ci viene attribuita ed in cui veniamo confezionate a mo’ di bomboniera. Questa è per noi una totale forma di violenza e di discriminazione che crediamo debba essere assolutamente superata attraverso una consapevolezza di genere che vada canalizzata nella conflittualità, nella riappropriazione dei propri spazi tempi e ruoli, e non nell’assecondare (passivamente) un’etichetta impostaci dall’alto.
Di certo non vediamo soluzione attraverso l’immagine di donna soldato, molto comune negli ultimi tempi sul nostro territorio, per il sogno di un posto sicuro e (aggiungiamo) di totale sottomissione al sistema; ma crediamo che sia nelle pratiche di tutti i giorni, del non cedere ai ricatti, nell’essere libere e sicure sui posti di lavoro, a casa, per strada, di potersi sentire donna, lesbica, puttana in un’ottica libera e libertaria e “cacciare le unghie” per la rivendicazione dei diritti che ogni giorno vengono calpestati.
Nell’ottica di scegliere come essere rappresentate opponiamo la volontà di essere totalmente lontane da questi discorsi di potere, rivendichiamo la necessità di una rappresentazione – altra che ci veda scegliere in prima persona; insomma, tra l’essere rappresentate e l’essere oggetto scegliamo la riappropriazione e la consapevolezza del nostro ruolo!
Buona sfilata, e lasciatecelo dire, lo sguardo di chi vi valuterà non sarà diverso da quello di coloro che adescano la preda per abusarne del corpo, proprio come ogni giorno né vediamo a centinaia sulla strada nazionale che costeggia i nostri paesi (Pignataro, Calvi, Sparanise, Bellona, Vitulazio) … con la differenza che quel corpo di donna parla di dignità mista all’ amara consapevolezza dello sfruttamento ed ha un valore decisamente superiore del vostro essere vittima- felice del sistema.
Le compagne del csoa Tempo Rosso