Il termine apocalisse deriva dal greco antico e significa scoperta o, ancora meglio, disvelamento. Una parola con cui si indicano una serie di narrazioni, sia in ambito giudaico sia in quello cristiano, relative alla fine dei tempi. Luca Arcari, professore associato di Storia del cristianesimo e delle chiese del dipartimento di studi umanistici dell’università “Federico II” di Napoli, ha di recente pubblicato il libro “Vedere Dio – Le apocalissi giudaiche e protocristiane” (Carocci editore, 444 pagine, 39 euro) concentrando la sua ricerca sui racconti “apocalittici” che furono prodotti tra giudaismo del secondo Tempio e protocristianesimo. All’interno del saggio, l’intenzione dell’autore è quella di valorizzare l’elemento “visionario” che accomuna questi testi e di metterli a confronto con il più ampio filone di resoconti visionari diffusi nelle culture del Mediterraneo antico. Un’operazione per evidenziare le relazioni tra esperienze religiose e processi di “messa per iscritto” che hanno favorito la trasmissione di queste narrazioni.
Per il professor Arcari, il termine, che troviamo proprio all’inizio dell’Apocalisse di Giovanni, il testo con cui si chiude il canone cristiano, significa “rivelazione” delle realtà oltremondane, che il veggente protagonista del racconto, appunto Giovanni, dichiara di aver ricevuto in prima persona direttamente da Gesù e da altre figure provenienti dall’aldilà. Ma questa parola nell’incipit del testo appare connessa a un altro termine, profeteia, letteralmente “profezia”, nel senso di “parola pronunciata da qualcuno al posto di o per qualcun altro”, mostrando come già tra i primi gruppi di seguaci di Gesù, alla fine del I secolo d.C., i due concetti fossero strettamente connessi in chiave cristologica. Non è d’altronde casuale che Giovanni abbia costruito le sue visioni condensando e mettendo insieme frammenti di immagini ed episodi provenienti soprattutto dalle profezie dell’antico Israele.
Le apocalissi, così come le profezie bibliche, chiamano in causa con grande frequenza esseri oltremondani che agiscono e si muovono tra mondo e oltre-mondo; descrivono i cieli e le ricadute nell’universo umano di vicende e dinamiche che sono viste verificarsi direttamente nella dimensione oltreumana; pretendono di descrivere il significato più profondo di accadimenti terreni mostrandone, in qualche modo, il risvolto ultraterreno; mettono in relazione passato, presente e futuro svelando connessioni inattese.
Massimiliano Palmesano