CAPUA – A tutti è noto il grande tributo di vite umane e di distruzioni che la provincia di Caserta, Terra di Lavoro, pagó durante la seconda guerra mondiale e soprattutto nel periodo di occupazione della Campania da parte delle truppe dell’esercito tedesco. Sacrificio che ogni anno viene ricordato nei giorni a cavallo del 25 aprile, festa della Liberazione italiana dall’occupazione nazista. Anche il vasto territorio di Terra di Lavoro registrò numerosi e cruenti eccidi ad opera dei nazisti in ritirata a seguito delle Quattro Giornate di Napoli, nel tentativo di attestarsi nella roccaforte di Montecassino. I tedeschi furono responsabili dei tristemente noti eccidi di Bellona e Caiazzo e di numerosi altri episodi un po’ ovunque nei comuni della provincia, che pagò un tributo altissimo di vittime. Così come è noto, e ricordato da un cippo sulla strada che va da Capua a Santa Maria Capua Vetere, il sacrificio dell’appena sedicenne Carlo Santagata, che si scagliò contro le truppe di occupazione: dopo averlo ammazzato, lo impiccarono ad un albero.
In pochissimi invece sanno che a Capua, già dalla primavera del 1942, veniva stampato “Il Proletario”, l’unico giornale clandestino della Resistenza nel sud Italia, fondato dal ferroviere Aniello Tucci e dal militare barese Michele Semeraro. “Il Proletario” era un giornale ovviamente clandestino, stampato in tutta segretezza a Capua e distribuito, grazie a una fitta rete di ferrovieri e militari, a Napoli e in quasi tutta la Campania; tra gli altri, a coordinare il lavoro di distribuzione del foglio, c’era lo sparanisano Corrado Graziadei, altro esponente di primo piano della Resistenza di Terra di Lavoro. Il giornale, che usciva con cadenza quasi mensile, fu il perno della propaganda antifascista in tutta la Campania e tra i veicoli con cui il fronte della Resistenza creò i collegamenti che permisero di uscire dall’isolamento e costruire l’insurrezione del settembre 1943 a Napoli. Non è un caso che alcuni redattori e diffusori de “Il Proletario” vennero arrestati a Napoli, il 22 agosto dello stesso anno, durante una riunione clandestina in cui si preparavano proprio gli eventi insurrezionali. Una vicenda incredibile e soprattutto di gradissimo valore storico che purtroppo negli anni è caduta nel dimenticatoio. A ricordare Tucci e Semeraro, oltre che poche citazioni in alcune pubblicazioni, solo un saggio dello storico atellano Franco Pezone pubblicato nel 1991 e l’instancabile lavoro di memoria del figlio di Aniello Tucci, Vincenzo, che ancora oggi nella casa di famiglia in viale Ferrovia a Capua mantiene vivo il ricordo del padre e del suo giornale fuorilegge.
Massimiliano Palmesano