Purtroppo non sempre ci si rende conto che l’Italia non ha mai fatto definitivamente i conti con la vergogna delle repressioni attuate dal regime fascista contro oppositori politici di varia estrazione sociale e culturale, dagli antifascisti comunisti o comunque di sinistra fino a esponenti del mondo dell’associazionismo cattolico militante. Ma la democrazia, soprattutto in tempi di revisionismi e di nuove forme di controllo sociale come quelle che si sperimentano ai giorni nostri, ha bisogno di tenere viva la memoria degli eccidi, delle torture, delle violenze fasciste di cui fu pervaso il nostro Paese dall’inizio degli anni ’20 del ’900 fino alla fine della seconda guerra mondiale. Nel libro di Gino Marchitelli, “Campi fascisti – Una vergogna italiana” (Jaca Book, 219 pagine, 20 euro) viene ricostruita, con riferimenti documentali e testimonianze dirette, una storia di abusi, odio, annientamento di ogni forma di opposizione politica e sociale conclusasi con il triste bilancio di centinaia di migliaia di persone che persero la vita a causa delle guerre sanguinarie che il regime proclamò e cui fu posto termine dalla Liberazione partigiana del 1945.
Gino Marchitelli, da sempre impegnato nel lavoro di recupero della memoria e di approfondimento sugli orrori commessi dal regime fascista, illustra all’interno del saggio, con una serie di esempi ben documentati, una verità molto spesso sconosciuta: il numero e il funzionamento dei luoghi di detenzione di ogni tipo che il regime aveva costruito per internare gli oppositori, gli antifascisti, gli ebrei, i “diversi” e i prigionieri di guerra utilizzati in campi di lavoro coatto proprio come avveniva nei ben più noti e studiati lager del regime nazista in Germania e nelle aree occupate dall’esercito tedesco, soprattutto nell’Europa dell’Est.
Il libro di Gino Marchitelli prende le mosse dal notevole lavoro online effettuato dal sito www.campifascisti.itper raccontare alcune esperienze e portare a conoscenza di un pubblico più vasto verità che ancora oggi sono scomode, facendo riflettere su quanto il mito degli “italiani brava gente”, alla luce di queste vicende, sia un enorme e abominevole falso storico. Conoscere, sapere, raccogliere testimonianze è il vero antidoto affinché non abbia mai più a ripetersi una vergogna come quella della dittatura.
Massimiliano Palmesano