Il lettore all’inizio tira un sospiro di sollievo quando apprende che Clara Simon, una ragazza bella e determinata, coraggiosa e ribelle, non è una persona in carne e ossa con in testa la pazza idea di fare la giornalista investigativa (mestiere assai pericoloso), ma per sua fortuna è solo un personaggio – ben inventato e ben raccontato da Francesco Abate, scrittore nato a Cagliari nel 1964 – protagonista del romanzo “I delitti della salina” (Einaudi, 296 pagine, 18 Euro).
L’autore narra una storia ma anche la sua città, Cagliari appunto, ritratta su una scena “noir” fissata agli inizi del Novecento e avvolta da un’atmosfera che cattura gli appassionati del “giallo” con i suoi oscuri segreti. Con mano felice, con una scrittura attenta e sorvegliata, Francesco Abate ricostruisce una città esotica e inedita, dalle saline al Bagno penale, dal bordello al teatro dell’opera. In più, il dovuto ingrediente “di genere”, l’attesa di sapere come andrà a finire in questa vicenda di donne e guai: «E per la prima volta fu certa della bontà del gesto che l’aveva portata a perdere i gradi. L’unica giornalista donna della Sardegna era finita in un sottoscala a correggere le bozze di due rubriche di scarso valore per aver osato far venire a galla la verità. Una verità che non era piaciuta a molti».
La trama cala fin da subito un asso: disgrazie e vittime innocenti. Quando una delle sigaraie – le manifatturiere del tabacco – va a chiederle aiuto, Clara Simon non sa che cosa fare, con quei suoi occhi a mandorla ereditati dalla madre, una cinese del porto che aveva sposato il capitano di marina Francesco Paolo Simon, poi disperso in guerra. La madre è morta di parto, Clara vive con il nonno e lavora all’«Unione», anche se non può firmare i pezzi perché è una donna, e soprattutto perché si è messa nei pasticci con la sua fissazione di credere nella verità e nella giustizia, come tutti i giornalisti di carta, quelli dei romanzi.
La ragazza che va in cerca di grane accetta la sfida, l’indagine merita di essere intrapresa: i “piciocus de crobi”, i miserabili bambini del mercato, infatti, stanno scomparendo uno dopo l’altro e, di fronte alla notizia di un piccolo cadavere rinvenuto alla salina, Clara proprio non riesce a soffocare la sua spericolata vocazione di fare la giornalista investigativa, lei che è sempre pronta a difendere i più deboli. Qui il lettore ci ripensa: forse non sarebbe un male se ci fossero giornalisti investigativi pure in carne e ossa. Anche qualora non fossero – non si può avere tutto – giovani e belli come la Clara Simon nata dalla fertile penna di Francesco Abate.
Red. Cro.