PIGNATARO MAGGIORE – Una decisa presa di posizione del giornalista Paolo Borrometi sul “caso Palmesano” è stata pubblicata su Facebook in data 28 gennaio 2021. Eccola di seguito: “Questo giornalista deve essere licenziato perché rompe i coglioni”. Lui è Enzo Palmesano e la sua storia è incredibile, allucinante. Ed è allucinante il silenzio che la circonda fin da subito. Enzo è un giornalista che “rompeva i coglioni” al boss Vincenzo Lubrano. Fu per questo che, il boss Lubrano – consuocero del mammasantissima di Marano di Napoli, Lorenzo Nuvoletta, e alleato di ferro dei “corleonesi” di Totò Riina –, volle nel 2003 la cacciata del giornalista Palmesano dal quotidiano locale “Corriere di Caserta”, il cui direttore responsabile era all’epoca Gianluigi Guarino. Il tutto è confermato nella sentenza dalla terza sezione della Corte d’Appello di Napoli. Insomma: fu la camorra, lo stesso clan Nuvoletta che uccise Giancarlo Siani, a volere la sua cacciata. Nel silenzio più totale. Quel silenzio che non può continuare con la connivenza di ognuno di noi”. La stessa nota Paolo Borrometi l’ha pubblicata su www.laspia.it, testata giornalistica siciliana online (di cui è direttore) “contro ogni forma di mafia”.
Paolo Borrometi, vice-direttore dell’AGI (Agenzia giornalistica Italia), è tra l’altro autore del libro “Un morto ogni tanto – La mia battaglia contro la mafia invisibile” (Solferino, 250 pagine, 16 Euro). “Ogni tanto un murticeddu, vedi che serve! Per dare una calmata a tutti!”. Nelle intercettazioni l’ordine è chiaro: Cosa Nostra chiede di uccidere il giornalista che indaga sui suoi affari. Ma questo non ferma Paolo Borrometi, che sul suo sito indipendente “La Spia.it” denuncia ormai da anni gli intrecci tra mafia e politica e gli affari sporchi che fioriscono all’ombra di quelli legali. Dallo sfruttamento e dalla violenza che si nascondono dietro la filiera del pomodorino Pachino Igp alla compravendita di voti, dal traffico di armi e droga alle guerre tra i clan per il controllo del territorio. Le inchieste raccontate in questo libro compongono il quadro chiaro e allarmante di una mafia sempre sottovalutata, quella della Sicilia sud orientale.
Il tutto filtrato dallo sguardo, coraggioso e consapevole, di un giornalista in prima linea, costretto a una vita sotto scorta: alla prima aggressione, che lo ha lasciato menomato, sono seguite intimidazioni, minacce, il furto di documenti importantissimi per il suo lavoro, sino alla recente scoperta di un attentato che avrebbe dovuto far saltare in aria lui e la sua scorta. I nemici dello Stato contano sul silenzio per assicurarsi l’impunità, e sono disposti a tutto per mettere a tacere chi rompe quel silenzio. Il primo libro di Paolo Borrometi è una denuncia senz’appello su un fenomeno ritenuto in declino e in realtà più pervasivo di sempre, da combattere anzitutto attraverso la conoscenza del nemico. Perché il potere della mafia, come diceva Paolo Borsellino, è anche un fenomeno sociale, fatto di atteggiamenti e mentalità passive contro cui l’unico antidoto è l’esempio della resistenza e della lotta.
Rassegna stampa
articolo di Rosa Parchi
da pignataronews.myblog.it