Lo struggente libro di Matteo Spicuglia, “Noi due siamo uno” (add Editore, 192 pagine, 16 Euro), racconta la “Storia di Andrea Soldi, morto per un TSO”. La terribile vicenda accade a Torino: è il 5 agosto 2015, la città è caldissima, qualcuno è già in vacanza, altri cercano un po’ d’aria nei giardini del quartiere. Anche Andrea Soldi è seduto su una panchina, ma quella è la “sua” panchina sempre, in ogni stagione. Lì si rifugia quando i pensieri lo assalgono, lì trova conforto e si sente a casa. Andrea soffre da anni di schizofrenia; la madre, il padre e la sorella sono il suo sostegno e piazza Umbria il posto del cuore. Ha quarantacinque anni, non è violento, non è mai stato pericoloso; eppure, quel 5 agosto morirà a causa di un TSO (Trattamento sanitario obbligatorio) eseguito da alcuni vigili urbani e dal personale medico. Dopo la morte, la famiglia Soldi ha trovato alcune pagine che erano il diario di Andrea in cui la trascrizione lucidissima della sofferenza illumina il percorso psicologico e i silenzi che per anni lo avevano avvolto.
Matteo Spicuglia è un giornalista della Rai di Torino che ha seguito il caso e che non ha voluto fermarsi alla cronaca: a partire da quel diario allarga lo sguardo dalla panchina su cui è morto Andrea alla realtà dei TSO, dalla sua esistenza difficile al mondo della malattia psichica, dalla famiglia torinese alle tante altre che si trovano a convivere con pregiudizi e inadeguatezza dei servizi medici e sociali nella gestione di patologie che soffrono ancora lo stigma sociale. Nel diario Andrea aveva scritto di sperare che la sua fatica e il suo dolore non passassero invano; questo libro è il motivo per cui ciò non avverrà: “Cristiana, la sorella di Andrea, aveva una cartellina tra le mani da cui si intravedevano tanti fogli, imbustati con cura, uno a uno. ‘Ecco il suo diario e le lettere che non ha mai spedito. Ci abbiamo pensato a lungo e abbiamo deciso di fidarci: scrivi tu la storia di Andrea’”.
E’ impossibile non essere coinvolti – oltre che professionalmente – anche sul piano emotivo da una storia come questa, come del resto è avvenuto per l’autore del libro. “Lo voglio dedicare – scrive tra l’altro Matteo Spicuglia – a tutte le famiglie che sono a fianco di una persona cara con disagio mentale, nella speranza che questo libro possa accendere una luce sulla loro lotta quotidiana e sul diritto ad avere risposte certe dalle istituzioni”. Matteo Spicuglia sottolinea, inoltre, che “non è mai facile mettersi nei panni degli altri e non è possibile farlo fino in fondo. Solo Andrea conosce il tormento che lo ha accompagnato per tanti anni, ma aver avuto la possibilità di raccontare la sua storia è stato un regalo, un’occasione in più per capire che la fragilità è sempre degna di rispetto, di bene, anche di speranza. E questo vale per i lati oscuri della vita di tutti”.
Red. Cro.