Pontelandolfo e Casalduni: un libro di Gigi Di Fiore racconta la rappresaglia

Pontelandolfo e Casalduni: un libro di Gigi Di Fiore racconta la rappresaglia

Il libro di Gigi Di Fiore, “Rappresaglia italiana” (Marotta&Cafiero, 272 pagine, 15 Euro), racconta i fatti di Pontelandolfo e Casalduni del 14 agosto 1861. Una banda di briganti uccide 41 soldati del neonato esercito italiano; 400 bersaglieri vengono inviati a sul posto dagli alti comandi: è una strage, un eccidio dell’Italia post-unitaria. Gigi Di Fiore, attraverso la vicenda di due giovani, ricostruisce la violenza sul paese e sui suoi abitanti in un libro a cavallo fra il romanzo e la ricostruzione storica, che accende i riflettori su una delle pagine più sanguinose del Risorgimento. Un volume necessario che solo un talento narrativo poteva regalarci. Gigi Di Fiore è una delle firme più note del “Mattino” e ha pubblicato oltre 20 libri; esperto di camorra, di storia del Mezzogiorno e revisionismo del Risorgimento. È vincitore del Premio Saint Vincent per il giornalismo e del Premio Dorso per il Mezzogiorno. È cittadino onorario di Pontelandolfo.
In questa interessante lettura, ci troviamo di fronte a “una bruttissima pagina nera della storia italiana”, protagonisti i bersaglieri che “bruciano vivi due paesi meridionali”. Gigi Di Fiore prende in prestito il romanzo storico per mostrarci gli scheletri nell’armadio dell’Unità d’Italia, un armadio sigillato dalla vergogna dei vincitori; per troppi anni chiuso, troppe volte taciuto. Attraverso fonti storiche e documenti, l’autore rende giustizia alle vittime campane. La trama del libro: Pasqualino è un capraro, ha servito il re Borbone, ma la Storia lo ha fatto italiano; i bersaglieri lo considerano un brigante, e lui brigante diventa per davvero. Concetta è l’amore della sua vita, la sua futura sposa. Pasqualino si nasconde fra i boschi, colpisce il piemontese invasore e poi scappa, ma i nuovi padroni non sopportano agguati e sconfitte; gli occupanti reagiscono: Pontelandolfo e Casalduni sono avvolti dalle fiamme e cadono sotto i colpi del colonnello Negri. Anche Concetta brucia sotto la furia delle truppe di occupazione piemontesi.
Nel suo libro pubblicato nella collana “’O pappice” (diretta da Pino Aprile), Gigi Di Fiore scrive tra l’altro: “Bisogna chiedersi, allora, se a Pontelandolfo come a Casalduni i bersaglieri avevano il diritto incontrollato di uccidere dei civili senza un regolare processo, se potevano appropriarsi di oggetti preziosi nelle chiese come risulta in più documenti all’archivio del comune di Pontelandolfo. Civili non di uno Sato nemico, ma italiani come i loro carnefici. All’Archivio di Stato di Napoli, si conserva ancora il telegramma che da Cerreto inviò il colonnello Pier Eleonoro Negri, comandante dei quattrocento bersaglieri che distrussero il paese, al governatore Giovanni Gallarini: ‘Ieri mattina all’alba giustizia fu fatta contro Pontelandolfo e Casalduni. Essi bruciano ancora’ (…). Fu dunque una vicenda delineata, già allora, come realmente fu: una rappresaglia militare contro civili indifesi. ‘Ventotto vittime trucidate a colpi di baionetta, varie ore di saccheggio’ scrisse il 18 agosto 1861 l’Osservatore romano. La Civiltà cattolicacalcolò in centosessantaquattro i civili massacrati dai soldati. Naturalmente, tutti i giornali governativi approvarono la violenta rappresaglia”.

Red. Cro.

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