Vi è stato un tempo in cui Campania e Grecia erano legate da fattori culturali, economici e politici; e le vicende di Capua si intrecciavano in profondità con quelle di Atene e del mito di Eleusi nell’ambito della politica occidentale della metropoli ellenica. Una storia fatta di rapporti politici ed economici – ma anche veicolo di trasmissione e scambio culturale e religioso – che è possibile ripercorrere leggendo l’affascinante saggio di Maurizio Giangiulio “Magna Grecia – Una storia mediterranea” (Carocci, 209 pagine, 17 Euro) in cui l’autore divulga il frutto di anni di ricerche sviluppate nel corso della sua attività di professore di storia greca, disciplina che insegna sia all’Università degli Studi di Trento sia presso la Scuola archeologica italiana di Atene.
Il libro sottolinea come la Magna Grecia sia stata parte fondamentale nel cammino della storia italiana e la sua vicenda in epoca preromana non sia da decifrare semplicemente come un fenomeno di colonizzazione da parte greca, né da ridurre a un semplice confronto con le popolazioni italiche. Il lavoro del professor Maurizio Giangiulio ha infatti il merito di inquadrare la storia della Magna Grecia in un vasto orizzonte mediterraneo di movimenti e connessioni. Il saggio, oltre ad approfondire gli sviluppi storico-politici, mette in luce aspetti ancora dibattuti grazie alla particolare attenzione dedicata alla ricerca archeologica e allo studio dei processi di trasformazione delle società e delle culture, analizzati sulla base delle scienze sociali. Proprio per tali motivi Maurizio Giangiulio riesce a fornire al lettore una visione innovativa della vicenda magno-greca, incentrata in particolar modo sull’analisi del rapporto tra i Greci e gli “altri”, un punto di vista non condizionato dalle fonti classiche o da interpretazioni in chiave etnica.
Di grande interesse dal punto di vista storico e culturale è l’attenzione dedicata agli orientamenti della politica occidentale di Atene in un quadro bidirezionale in cui ha peso rilevante la valutazione delle relazioni e delle influenze che dalle aree meridionali della penisola italica giungevano in Grecia. In particolare, a partire dalla prima metà del V secolo, assunse consistenza un fenomeno culturale di vaste proporzioni che interessò tutta l’Italia tirrenica dall’Etruria alla Campania. I granai di Atene venivano alimentati in grande misura dai cereali provenienti dalle colture italiche; tale fenomeno di carattere politico ed economico favorì la nascita di una fitta rete di clientele tra élites elleniche, etrusche e campane che produsse interazioni identitarie e religiose. A testimoniare questo peculiare fenomeno è la presenza di una rete di riferimenti inequivocabili all’immaginario e alle divinità di Eleusi che erano il cardine dell’identità e della religiosità ateniesi. In Campania, in particolare a Cuma, Nola e Capua, si afferma una vera e propria dimestichezza con Eleusi testimoniata dalla diffusione di ceramica attica caratterizzata da iconografia tipicamente “eleusina” che illustrava il dono della cerealicoltura agli esseri umani da parte di Demetra/Cerere per il tramite di Trittolemo. Un esempio straordinario di tale dimestichezza è rappresentato dalla cosiddetta “tomba di Brygos”, rinvenuta nell’area dell’antica Capua e risalente al 460 avanti Cristo, nella quale sono stati recuperati vasi attici di altissima qualità le cui iconografie si riferiscono quasi esclusivamente alla mitologia e alla religione civica di Atene.
La “tomba di Brygos” è una chiara testimonianza di come le aristocrazie campane facessero ricorso all’immaginario eleusino per esibire un’affinità con i Greci che ritenevano fosse non esclusivamente di carattere economico ma anche e soprattutto religiosa e culturale. Di tali implicazioni e connessioni, d’altronde, vi era una profonda consapevolezza pure ad Atene, su un livello culturale di primo piano: intorno al 468 avanti Cristo, Sofocle intitola una tragedia all’eroe eleusino Trittolemo in cui la dimensione mediterranea ed italica del mito è preponderante. La Magna Grecia veniva rappresentata con potenti tratti simbolici; agli ateniesi riuniti in massa all’interno del teatro essa doveva apparire come la terra del biondo frumento, la patria prediletta dalle dee e dagli eroi eleusini.
Massimiliano Palmesano