CASERTA – Interessanti riferimenti anche a Santa Maria Capua Vetere e a Caserta nel nuovo libro di Lirio Abbate, “Faccia da Mostro” (Rizzoli, 252 pagine, 18 Euro), che sembra il “noir” di uno scrittore molto fantasioso, ma è la tremenda realtà dell’Italia alle prese con le cosche mafiose e con le istituzioni colluse. Nel volume si parla di un ex poliziotto, di omicidi eccellenti e stragi di mafia, di una donna legata a “Gladio” e di un mistero che dura da trent’anni. Lirio Abbate, da sempre impegnato nella lotta alla mafia con le sue inchieste giornalistiche, riesce in un’atmosfera quasi da romanzo a ricostruire tutti i misteri dietro questa storia terribilmente vera e documentata. Tra sospette connivenze con la criminalità organizzata e con apparati deviati dei servizi segreti, “Faccia da Mostro” compare in troppe vicende sanguinarie ancora in parte irrisolte; accanto a lui, in più occasioni, una figura femminile, una “donna pericolosissima”, una “guerriera” secondo le parole dei collaboratori di giustizia, che oggi potrebbe avere volto e un nome. Lirio Abbate, siciliano, è vicedirettore de “L’Espresso”; si occupa prevalentemente di attualità, ed è autore di esclusive inchieste su corruzione e mafie, scrive per il cinema e la televisione. “Reporters sans frontières” lo ha inserito fra i “100 eroi dell’informazione” nel mondo. Con Peter Gomez ha scritto “I complici” (2007), con Marco Lillo “I re di Roma” (2015), con Marco Tullio Giordana “Il rosso & il nero” (2019). Per Rizzoli ha pubblicato “Fimmine ribelli” (2013) e i bestseller “La lista. Il ricatto alla Repubblica di Massimo Carminati” (2017) e “U siccu. Matteo Messina Denaro: l’ultimo capo dei capi” (2020).
Santa Maria Capua Vetere spunta in questa vicenda perché è nel locale carcere militare che un soggetto detenuto parla dell’identità di “Faccia da Mostro”. A Caserta, invece, vi sono tracce degli interessi della donna legata all’inquietante personaggio. Ma non vogliamo togliere ai nostri affezionati lettori la voglia di andare a cercare questi e altri dettagli nel bel libro di Lirio Abbate.
Ci troviamo di fronte a un racconto agghiacciante. “Io credo che il personaggio con il volto sfregiato sia molto pericoloso. È un cane, sto parlando di un uomo fuori dalle regole”. “C’è un uomo molto brutto che ha contatti con la ’ndrangheta e con Cosa nostra, ha il viso sfigurato, è un ex poliziotto passato ai servizi segreti”. Sono solo alcune delle deposizioni che a partire dai primi anni Duemila inquadrano “Faccia da Mostro”. Si parla di lui per l’omicidio di Ninni Cassarà, a Palermo, nel 1985; per quello di un bambino, Claudio Domino, l’anno dopo. Per il fallito attentato all’Addaura ai danni di Giovanni Falcone, e per l’omicidio di un poliziotto, Nino Agostino, e della moglie, entrambi nell’estate del 1989. Secondo i pentiti, anche nelle stragi di Capaci e via D’Amelio lui, “Faccia da Mostro”, avrebbe avuto un ruolo di primo piano. Nel 2007 si arriva a un nome, Giovanni Pantaleone Aiello, in servizio alla Squadra Mobile di Palermo (quella di Bruno Contrada) fino al 1977. Ferito sul campo in Sardegna a fine anni Sessanta, ha il volto sfigurato da una fucilata. Il cerchio si stringe, iniziano le indagini, i pentiti lo riconoscono nelle foto, il padre dell’agente Nino Agostino, Vincenzo, dice che è lui l’uomo, “il collega”, che venne a cercare il figlio pochi giorni prima dell’agguato. Nel 2017, a processo ancora in corso, Giovanni Pantaleone Aiello muore per un malore sulla spiaggia del paesino calabrese dove vive. Il corpo verrà cremato.
Rassegna stampa
articolo di Rosa Parchi
da pignataronews.myblog.it