“Naziste”: in un libro di James Wyllie “le mogli al vertice del Terzo Reich”

“Naziste”: in un libro di James Wyllie “le mogli al vertice del Terzo Reich”

Il libro di James Wyllie, “Naziste” (Utet, 352 pagine, 22 Euro, traduzione di Luca Fusari e Sara Prencipe), racconta – come recita il sottotitolo – “Le mogli al vertice del Terzo Reich”. E nella sua quotidianità il nazismo non appare meno agghiacciante: il 22 luglio 1941 Heinrich Himmler porta la moglie Margarete a visitare il giardino di erbe officinali che ha fatto costruire all’interno del campo di concentramento di Dachau: coltivare insieme piante per preparati omeopatici era stato il sogno che avevano condiviso da giovani innamorati. Il 20 aprile 1945 è il compleanno di Hitler, ed Eva Braun non si rassegna a un festeggiamento tetro, immalinconito dai presagi della disfatta: beve champagne, mette sul grammofono un vecchio disco, cerca di coinvolgere i pochi invitati rimasti in un ballo triste e sfrenato. Dieci giorni più tardi, il primo maggio, Magda Goebbels fa sedare e avvelenare i figli. Poi esce insieme al marito nel giardino del Reichstag e morde una capsula di cianuro; lui le spara alla testa, ingerisce a sua volta il veleno e si spara.
Nonostante la storiografia le abbia per lo più ignorate, le donne raccontate in questo libro, mogli, compagne, amanti dei più importanti gerarchi nazisti, sono state letteralmente in primo piano sulla scena della storia. Difficilmente inquadrabili nel cliché della donna docile e sottomessa, queste naziste hanno avuto un ruolo decisivo nella costruzione e nel consolidamento del Terzo  Reich, determinando svolte, conversioni, rotture, alleanze, e conservando tenacemente la memoria dei mariti ben oltre la fine della seconda guerra mondiale. Non rimasero insomma “dietro” gli uomini ingombranti che avevano sposato, come vorrebbe l’abusato modo di dire, inermi custodi della loro vita privata; ma accanto, fianco a fianco nella costruzione quotidiana di un tragico e criminale progetto politico. Ripercorrendo diari, lettere, libri di memorie, documenti d’archivio, James Wyllie fa emergere un versante sconosciuto della storia del nazismo, e rende più comprensibile la vita interiore, inspiegabile e mostruosa, degli uomini che hanno avverato l’incubo hitleriano. E mentre ordisce un fitto intreccio di notazioni psicologiche e trame politiche, faccende personali e questioni diplomatiche, problemi sentimentali e sogni di dominio, James Wyllie ci costringe a riconsiderare la tradizionale distinzione tra pubblico e privato, tra fatti storici e gossip. Perché, parafrasando la celebre intuizione di Hannah Arendt, è necessario fare storicamente i conti con la “normalità” del male, con la sua domestica e feroce quotidianità. Si legge tra l’altro nel libro: “Pochi anni prima della sua morte una troupe cinematografica andò a trovare Ilse Hess nella casa di cura in cui soggiornava, nella speranza di intervistare la vecchia signora del nazismo. La trovarono seduta in una stanza affollata e riuscirono a girare un filmato di qualche minuto. Osservandola eludere abilmente le domande con risposte evasive e monosillabi, con un luccichio negli occhi e il sorriso sulle labbra, è difficile liberarsi della sensazione che, nonostante tutto, Ilse pensasse che ne fosse valsa la pena”. Assurdamente.

Red. Cro.

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