Il libro di Marco Meriggi, “La nazione populista” (il Mulino, 272 pagine, 25 Euro), racconta – come recita il sottotitolo – “Il Mezzogiorno e i Borboni dal 1848 all’Unità”. La storia del Mezzogiorno preunitario è marcata nel profondo dal conflitto tra forze progressiste e reazionarie; il 1848, che segna in tutta Europa un momento di evoluzione liberale, vede anche qui la concessione da parte di Ferdinando II di una blanda costituzione. Già nel 1849-50 però, con il ritorno all’ordine, una mobilitazione legittimista si rivolge al re con petizioni che chiedono l’abolizione della costituzione e il ripristino della monarchia assoluta. Questo episodio, rilevante ma poco conosciuto, è quanto viene ricostruito e analizzato nel libro di Marco Meriggi. Fu iniziativa spontanea o guidata dall’alto? Chi e quanti erano coloro che la animarono nei vari territori del Regno? Quali i moventi? Dallo studio dei documenti, l’autore trae un persuasivo identikit di quella che fu una mobilitazione di massa di dimensione ingente e il ritratto di una monarchia che nei suoi ultimi anni si fondò sul rapporto diretto di stampo populista fra il sovrano e i sudditi. Marco Meriggi insegna Storia delle istituzioni politiche nell’Università Federico II di Napoli. Con il Mulino ha pubblicato “Amministrazione e classi sociali nel Lombardo-Veneto 1814-1848” (1983), “Gli Stati italiani prima dell’Unità” (nuova edizione 2011) e “Racconti di confine nel Mezzogiorno del Settecento” (2016).
“La nazione populista” non è solo un libro sul passato, ma anche un’analisi che sa interrogare i problemi del presente. Scrive tra l’altro Marco Meriggi: “Ne scaturì un’esperienza di ripensamento dei modi del rapporto tra governati e governanti – non meno che della natura degli uni e degli altri – che trovò nel Mezzogiorno borbonico preunitario una sintesi ambigua nella formula che dà il titolo a questo libro, la nazione populista. Alcuni degli elementi che la componevano avrebbero contribuito a dare vita a una storia proiettata largamente al di là del tempo e dello spazio geografico che li avevano tenuti a battesimo. In tal senso, la vicenda delle petizioni anticostituzionali riguarda non solo la genesi del legittimismo borbonico – non fa parte, insomma, solo del conflitto tra risorgimento e anti-risorgimento -, ma investe, nel più ampio scenario europeo nel quale ho cercato di collocarla, il tema delle ambivalenze del rapporto tra politica e antipolitica nella modernità. E, dunque, per certi versi questo è anche un libro tanto sulle innegabili differenze tra i modelli liberali, democratici, cesaristici, quanto sulla potenziale labilità di alcuni dei confini che li separano, sullo sfondo del più generale processo ottocentesco di apprendistato collettivo alla politica”.
Red. Cro.