Il libro di Gigi Di Fiore, “I vinti del Risorgimento” (Utet, 384 pagine, 17 Euro), racconta – come recita il sottotitolo – “Storia e storie di chi combatté per i Borbone di Napoli”: l’unità d’Italia dal punto di vista degli sconfitti. L’ultimo re del Regno delle Due Sicilie, Francesco II, nel “Proclama” diffuso da Gaeta l’8 dicembre 1860, sottolineava tra l’altro: “Da questa Piazza, dove difendo più che la mia corona, la indipendenza della patria nostra, s’alza la voce del vostro sovrano, per consolarvi nelle miserie, per promettervi tempi più felici… Non sono i miei sudditi che hanno contro di me combattuto; né le discordie intestine mi strappano il Regno; mi vince la in giustissima invasione dello straniero”.
Ecco, in sintesi, il racconto di Gigi Di Fiore: quasi tremila morti, migliaia di dispersi e deportati, fu questo il Risorgimento per i vinti nel Mezzogiorno d’Italia. Dallo sbarco di Garibaldi fino alla capitolazione dell’esercito delle Due Sicilie a Gaeta passarono appena nove mesi. Tanto bastò a sfaldare un regno, che la dinastia dei Borbone aveva guidato per 127 anni. Su quel tracollo solo ora emerge finalmente nella sua interezza uno spaccato da conquista militare: diplomazia, forza delle armi e politica riuscirono a creare le condizioni per un’annessione al Piemonte che violava le norme del diritto internazionale, realizzata con i fucili senza il consenso delle popolazioni. In poco tempo le regioni meridionali, con nove milioni di abitanti, furono “italianizzate”: azzerati monete, codici penali e civili, burocrazie. Tra il 1860 e il 1861, come mette in luce l’autore con sapienza narrativa e documentazione inedita e ricca di particolari, gli sconfitti, protagonisti di questa dettagliata ricostruzione storica, furono soprattutto migliaia di pastori, carbonari e contadini del Matese, delle Puglie, delle campagne salernitane, della Sicilia, dei Tre Abruzzi, del contado del Molise, della Calabria, di Napoli. Un esercito di oltre cinquantamila uomini: meridionali, a difendere quella che allora era la loro patria. Su quei mesi, sui militari, sulla generazione che realizzò nel concreto il Risorgimento, sia nella vittoria sia nella sconfitta, l’Archivio Borbone è una miniera ancora poco esplorata. E da quelle carte, come da molte altre fonti esaminate negli anni da Gigi Di Fiore (memorie autobiografiche di ufficiali borbonici, piemontesi e garibaldini, la collezione della “Gazzetta di Gaeta”, documenti in parte trascurati negli archivi di mezza Italia) emergono anche i piccoli drammi personali, storie di eroismi, opportunismi e miserie, comuni a tutti i trapassi di epoche e poteri, che arricchiscono questo affresco sugli ultimi giorni dell’esercito borbonico e del Regno delle Due Sicilie.
Gigi Di Fiore, già redattore al “Giornale” di Montanelli, è inviato del “Mattino” di Napoli (Premio Saint-Vincent per il giornalismo nel 2001; Premio Pedio per la ricerca storica; Premio Melfi per la saggistica; Premio Guido Dorso per gli studi sul Mezzogiorno; Premio Marcello Torre per l’impegno civile). Nei suoi libri si occupa prevalentemente di criminalità organizzata e di Risorgimento in relazione ai problemi del Mezzogiorno.
Red. Cro.