Le istituzioni del sacro nelle società umane di ogni tempo e luogo poggiano su delle costanti; in modo particolare il rapporto con il divino si basa su racconti mitici e sulla loro riproposizione ciclica attraverso i rituali collettivi. Questo stretto legame è tra i principali ambiti di riflessione del cardinale Julien Ries che in “Mito e Rito – Le costanti del sacro” (Jaca Book, 583 pagine, 35 euro), secondo tomo del volume IV della sua Opera Omnia, conclude il percorso con cui delinea gli elementi fondamentali dell’antropologia religiosa come nuovo ambito di sapere.
Per poter tracciare l’itinerario che l’homo religiosusha percorso durante la sua storia millenaria occorre comprendere nel profondo le modalità specifiche attraverso le quali si esprime la tensione dell’umanità verso il sacro: fulcro di tale slancio spirituale sono i racconti mitici e le pratiche rituali. Il saggio si apre con una sezione dedicata all’analisi del mito, una narrazione esemplare e seminale che custodisce e rivela una “costante importante e permanente del sacro”. Julien Ries (1920-2013) chiarisce il significato del mito in relazione alla cultura greca che lo ha visto nascere e ripercorre le diverse espressioni di tale pensiero nelle civiltà e nelle culture, a partire dall’enorme ciclo cronologico che conosciamo come preistoria. Nel volume l’autore ricostruisce in maniera puntuale la storia delle teorie del mito, dall’antichità ai giorni nostri, con particolare attenzione alle prospettive di taglio psicoanalitico, strutturalista e ovviamente al dibattito teologico. Il volume mette in evidenza come per gradi successivi si sia definita sempre più precisamente un’ermeneutica che, grazie agli apporti di maestri come Carl Gustav Jung, Georges Dumézil, Mircea Eliade, Paul Ricoeur, ha contribuito ad edificare l’antropologia del sacro. Le modalità con le le quali il mito esplica la sua funzione nell’antropologia religiosa sono mostrate attraverso l’analisi di alcuni tipi di racconto mitico: i miti di fondazione del cosmo e quelli riguardanti la caduta dell’uomo, ma anche certi miti moderni distorti e utilizzati per giustificare l’esercizio della violenza. Dalla lettura del libro si evince con chiarezza che mito, rito e sacro sono inseparabili e che anzi si configurano come facce diverse di un unico prisma.
La seconda parte dell’opera analizza la funzione del rito nella vita dell‘homo religiosuse per farlo se ne definiscono le caratteristiche – analogamente a quanto è avvenuto per il mito – in un percorso cronologico che prende le mosse dalla preistoria, all’interno di una riflessione critica che presenta il panorama storiografico degli studi intorno all’argomento. Un’analisi dettagliata di alcune tipologie rituali che comprende i riti di iniziazione o di guarigione, quelli funerari e i pellegrinaggi, conduce il lettore, pagina dopo pagina, in una dimensione in cui è possibile cogliere la funzione centrale del rito quale “atto simbolico mediante il quale l’uomo cerca di stabilire un contatto con la Realtà trascendente, con il mondo divino, con Dio”.
Massimiliano Palmesano