Il libro di Marco Innocenti, “I gerarchi del fascismo” (BUR Rizzoli, 368 pagine, 14 Euro), racconta – come recita il sottotitolo – la “Storia del ventennio attraverso gli uomini del duce”. Sono trascorsi quasi ottant’anni da quel 25 luglio 1943, quando in una Roma stremata dallo scirocco e dalla guerra, il Gran Consiglio del fascismo abbatte Mussolini. Ma chi sono i gerarchi che, nell’emergenza, ritrovano la capacità di decisione e autonomia politica che forse non hanno mai avuto? E quelli che non hanno partecipato alla svolta ma che, insieme agli altri, hanno accompagnato l’ascesa del regime e affiancato il Duce per un ventennio? Fedeli fino alla fine o invece pronti a “tradire”, ognuno di loro ha incarnato una diversa anima del fascismo e ne ha influenzato il corso: la mondanità e l’azzardo in politica estera di Ciano; l’audacia di Balbo; la diplomazia di Grandi; l’approccio intellettuale di Bottai; Starace in camicia nera e Farinacci l’amico fedele dei tedeschi; infine, i “gregari” e i “dimenticati”, nelle cui vicende c’è comunque un pezzo imprescindibile della parabola del regime. Marco Innocenti, cultore appassionato di storia del Novecento, presenta in questo libro una carrellata dei loro ritratti di eterni secondi, e il modo in cui alcuni hanno cercato di prendere in mano il gioco. Ma solo per poco: Mussolini era giunto al capolinea e loro con lui.
L’autore così descrive i momenti in cui il regime era, invece, saldamente in sella: “Le lame di luce delle fotoelettriche tagliano il buoi, incrociandosi nel cielo. La tiepida notte romana si incendia di mille bagliori quando Mussolini appare al balcone di Palazzo Venezia, il 9 maggio 1936, per ‘celebrare l’impero sui colli fatali di Roma’. Una folla immensa, carica di passione popolare, è in attesa da ore. Pare di sentirne il calore che sale, l’orgoglio di partecipare al grande rito collettivo del consenso. Finalmente, la sua voce. E’ il discorso più bello, quello dell’apoteosi, secco, chiaro, incisivo, pronunciato dal miglior Mussolini: un uomo che respira a pieni polmoni la propria potenza, esaltato dall’ebbrezza della vittoria, del consenso, della gloria. ‘L’Italia ha finalmente il suo impero. Ne sarete voi degni?’. La risposta della folla, il suo sì prolungato, ha il rombo di un tuono d’estate”.
Red. Cro.