Operazione “Fulcro”: disarticolato il clan Fabbrocino con una vasta operazione in tutta la Penisola

NAPOLI – Usura, estorsione, rifiuti. Sequestri per un totale di 112 milioni di euro. All’alba, in tutta Italia, è scattata un’importante operazione delle forze dell’ordine per contrastare il riciclaggio di denaro da parte della camorra. All’operazione denominata “Fulcro”, lanciata dalla Direzione investigativa antimafia (Dia), hanno partecipato la Polizia, i Carabinieri e la Guardia di Finanza.

Sono centinaia gli agenti e i militari messi in campo dalla Dia per combattere le attività illegali del clan Fabbrocino. Finora hanno eseguito, oltre ai sequestri, decine di provvedimenti di custodia cautelare in carcere, con fermi in capoluoghi di regione come Napoli, Roma, Milano, Bologna, e in città come Avellino, Benevento, Caserta, Salerno, Bergamo, Brescia, Chieti, L’Aquila e Catanzaro.

Il clan Fabbrocino opera principalmente a Napoli, ma ha ramificazioni finanziarie e imprenditoriali in tutto il Paese, in particolare in Lombardia, nel Lazio, in Umbria, in Abruzzo e in Calabria. I sequestri riguardano principalmente beni immobili, aziende, automezzi e rapporti finanziari che, secondo le indagini, farebbero capo alle persone fermate e ai loro familiari.

Il gip ha ritenuto necessario creare un ‘capitolo’ a parte proprio per raccontare alcuni episodi che sono un “indice rivelatore inquietante come la capacita’ di regolamentare i conflitti sociali nel senso di stabilire chi abbia ragione e chi abbia torto o nel senso di attuare le decisione assunte – spiega – e la capacita’ dell’organizzazione di sostituirsi alla funzione giurisdizionale che e’ naturalemente deputata alla risoluzione dei conflitti”. Ci sono una serie di conversazioni che attestano il ruolo di mediatore svolto da Domenico Cesarano il quale “e’ in grado di decidere chi abbia o no ragione in una truffa tra due commercianti, stabilendo addirittura il ‘dazio’ che uno di loro deve pagare all’altro per il raggiro perpetrato”.

Nella lista elettorale di Pasquale Ciccarelli c’erano anche due agenti di polizia penitenziaria, ma in accordo con l’emissario del clan Giovanni Sasso, non fu segnata sulla scheda la loro professione perche’ Sasso, anch’egli arrestato, all’aspirante sindaco di Ottaviano “faceva osservare come tale scelta avrebbe potuto generare il disappunto delle famiglie dei detenuti e degli ex detenuti”. Lo dice il gip, commentando le intercettazioni telefoniche e ambientali inserite nelle oltre 500 pagine di misura cautelare. Su Ciccarelli, emerge anche che si era rivolto al clan per “aumentare le sue chances di vittoria, con l’organizzazione di incontri con altri due affiliati: Giuseppe Caliendo e Carmine Tranchese, al chiaro scopo di ottenere che ognuno dei due per conto proprio gli garantisse l appoggio non solo a titolo individuale ma anche per conto delle persone il cui consenso erano in grado in condizionare”.

Un clan, sostiene il giudice con “radicamenti mafiosi” che permette di stabilire che “tra le organizzazioni di stampo camorristico operanti nella provincia di Napoli, va annoverata tra quelle maggiormente attive e solide, potendo essa contare, oltre che su di un diffuso clima di omerta’ e su una fittissima rete di connivenze, su una struttura gerarchicamente organizzata laddove ciascun componente e’ perfettamente consapevole del ruolo che gli e’ stato affidato ed e’ rispettoso delle gerarchie”.

Un clan, sostiene il giudice con “radicamenti mafiosi” che permette di stabilire che “tra le organizzazioni di stampo camorristico operanti nella provincia di Napoli, va annoverata tra quelle maggiormente attive e solide, potendo essa contare, oltre che su di un diffuso clima di omerta’ e su una fittissima rete di connivenze, su una struttura gerarchicamente organizzata laddove ciascun componente e’ perfettamente consapevole del ruolo che gli e’ stato affidato ed e’ rispettoso delle gerarchie”.

Commenta con Facebook