Accolto il ricorso presentato dal Consorzio “Icaro” contro le informative atipiche. Troppi gli elementi tralasciati

Accolto il ricorso presentato dal Consorzio “Icaro” contro le informative atipiche. Troppi gli elementi tralasciati

PIGNATARO M. – La prima sezione del Tribunale amministrativo regionale della Campania di Napoli, con sentenza numero 900, depositata in cancelleria il 14 febbraio 2013, ha accolto il ricorso presentato dal Consorzio di cooperative sociale “Icaro” contro le informative antimafia atipiche emesse dalle prefetture di Caserta e di Napoli. Sentenza che pubblichiamo – a beneficio dei nostri (pochi) lettori – integralmente in coda a questo articolo, unitamente alla ordinanza numero 1405 con la quale la stessa sezione del Tar, in data 10 ottobre 2012, aveva accolto la richiesta di sospensiva delle informative impugnate. Noi, come è noto, abbiamo seguito la vicenda con grande attenzione, trovando origine tali informative prefettizie nello scandalo dei beni confiscati alla camorra a Pignataro Maggiore.

Ora attendiamo le decisioni degli Enti interessati ad un eventuale ricorso al Consiglio di Stato, che riteniamo doveroso. La sentenza appena citata, infatti – come del resto la precedente ordinanza sospensiva -, la rispettiamo naturalmente, ma non la condividiamo. Ci sono tutte le condizioni, a nostro avviso, perché la sentenza del Tar possa essere ribaltata dal Consiglio di Stato e perché le prefetture di Caserta e Napoli possano emettere l’interdittiva antimafia nei confronti del Consorzio “Icaro”.

Sono vari gli elementi che vanno tenuti in considerazione ai fini del ricorso al Consiglio di Stato. E ci stupiamo che non siano stati valutati o portati all’attenzione dei giudici del Tar, essendo già noti fin da epoca anteriore all’udienza del 6 febbraio 2013. Nelle decisioni del Tar (l’ordinanza e la sentenza) che hanno prima sospeso e poi annullato le informative antimafia atipiche, si fa riferimento alla assoluzione – in primo grado, con rito abbreviato, il 20 febbraio 2012 – dell’ex sindaco di Pignataro Maggiore, Giorgio Magliocca, arrestato l’11 marzo 2011 con le accuse di concorso esterno in associazione mafiosa e omissione di atti d’ufficio con l’aggravante camorristica per aver favorito il clan Lubrano-Ligato proprio per lo scandalo dei beni confiscati. Ma nessun cenno si fa alla circostanza – rilevante – che in data 30 maggio 2012 il valoroso pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, dott. Giovanni Conzo, aveva presentato appello contro l’assoluzione di Magliocca, rinnovando le accuse all’ex sindaco e criticando duramente gli errori di valutazione del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli che aveva emesso la sentenza di primo grado. La prossima udienza del processo d’appello davanti alla quinta Sezione penale si terrà il 26 marzo 2013. Giorgio Magliocca, quindi, è tuttora un imputato per fatti di camorra.

Inspiegabili, inoltre, sono le affermazioni riguardanti i carichi pendenti che gravano sull’ex presidente e sull’ex vicepresidente del Consorzio “Icaro”, Gabriele Capitelli e Antimo De Angelis; dai relativi certificati si evincerebbe che nulla risulterebbe nei loro confronti. Si legge tra l’altro nella sentenza: “Il difetto di adeguata istruttoria affligge, a maggior ragione, l’informativa emessa dalla Prefettura di Caserta in data 19 giugno 2012, atteso che il ricorrente, con istanza di aggiornamento, aveva reso edotta l’amministrazione dell’intervenuta sentenza di proscioglimento (di Magliocca. Ndr). Invero, pur avendo il G.I.A. (Gruppo investigativo antimafia della prefettura. Ndr), nella seduta del 14 maggio 2012, come da verbale, reputato “di verificare lo stato del procedimento a carico dei predetti” ex amministratori del Consorzio, e nella successiva riunione del 7 giugno 2012, acquisito i certificati dei carichi pendenti dai quali “allo stato, nulla risulta”, nondimeno ha sbrigativamente e contraddittoriamente proposto l’emissione dell’informativa atipica, senza effettuare alcuna ulteriore valutazione delle risultanze processuali”.

A questo punto bisogna chiedersi – con rispetto parlando – se siano stati acquisiti i certificati dei carichi pendenti di Babbo Natale e della Befana (che non c’entrano niente con “Icaro”) o quelli di Gabriele Capitelli e di Antimo De Angelis, che invece erano stati fino al 22 marzo 2011 rispettivamente – come si è detto – presidente e vicepresidente del Consorzio. Gabriele Capitelli e Antimo De Angelis sono gravati da pesanti carichi pendenti per lo scandalo dei beni confiscati, tanto che il 15 ottobre 2012 – cioè in data ampiamente anteriore all’udienza del Tar del 6 febbraio 2013 – il pubblico ministero dott. Giovanni Conzo aveva chiesto il loro rinvio a giudizio, con udienza fissata dal giudice delle udienze preliminari del Tribunale di Napoli per il 15 gennaio 2013. Se ne riparlerà all’udienza dell’8 aprile 2013, essendosi verificato un difetto di notifica. Gabriele Capitelli è imputato per i reati previsti e puniti dagli articoli 328 (omissione di atti d’ufficio) e 476 (falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici) del Codice penale; Antimo De Angelis per gli articoli 328, 476 e 479 (falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici). Per entrambi con l’aggravante camorristica per aver favorito il clan Lubrano-Ligato.

Va tenuto in considerazione un ultimo aspetto. Ma Gabriele Capitelli e Antimo De Angelis, che risultano essersi dimessi dalle rispettive cariche di vertice di “Icaro” il 22 marzo 2011, hanno smesso davvero di esercitare un ruolo decisionale o continuano, nella sostanza, ad essere i veri capi del Consorzio di cooperative sociali? C’è qualche legittimo dubbio, in proposito. Quando, infatti, il Tar accolse la sospensiva, il 10 ottobre 2012, la notizia fu diffusa sulla pagina Facebook di “Icaro” il 15 ottobre 2012 a firma non dell’attuale presidente ufficiale, ma con una nota di Gabriele Capitelli, come se quest’ultimo avesse continuato ad essere il vero capo del Consorzio, sebbene – sulla carta – si sia dimesso da tempo. Nota firmata Gabriele Capitelli tuttora visibile sulla pagina Facebook di “Icaro”. Inoltre, lo stesso Gabriele Capitelli – come si è più volte detto, dimissionario dal 22 marzo 2011 -, in data 2 maggio 2011, ha pubblicato sulla propria pagina Facebook personale un annuncio per la vendita di un museo delle tradizioni contadine, che dovrebbe essere quello allestito – una iniziativa di facciata per coprire lo scandalo – sui beni confiscati ex Nuvoletta, in località Torre dell’Ortello a Pignataro Maggiore, dal Consorzio “Icaro”. Tale annuncio è tuttora visibile su Facebook, non avendo trovato acquirenti evidentemente. Ma come fa Gabriele Capitelli a mettere in vendita gli attrezzi del museo delle tradizioni contadine di “Icaro” sulla propria pagina Facebook se non è più il presidente del Consorzio? Mistero.

Esiste, insomma, una serie di elementi concreti che le prefetture di Caserta e Napoli, come pure il ministero dell’Interno, dovrebbero tenere presente per il ricorso al Consiglio di Stato. Elementi fondamentali finora, però, trascurati.

Icaro-sospensiva

sentenza tar N. 03934-2012

Rassegna stampa

articolo di Rosa Parchi

da pignataronews.myblog.it

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