Non le sembra immorale, gentile direttore, le tesi del Conte Gr. Uff. Dott. Ferdinando Melchiorre Pulzella, fatte proprie da Giorgio Natale circa le stragi di Casalduni e Pontelandolfo? I delitti, eventualmente commessi dai briganti, in uno stato di diritto, quale si vantava d’essere quello unitario, andavano perseguiti legalmente, giudi-cando in un regolare processo i responsabili, ma giammai con crudeli rap-presaglie contro popolazioni inermi.
Le rappresaglie sono crimini di guerra, la cui gravità è ancora maggiore se sono attuate contro paesi inermi del proprio stato, abitati da quelli che sa-rebbero dovuti essere i “fratelli d’Italia”.
A tradimento furono assaliti paesi assonnati ed indifesi. Gli abitanti di Ca-salduni si salvarono in massa perché (un traditore !) fece la spia, consen-tendo loro di scappare e nascondersi negli anfratti scoscesi del Matese.
Nei due centri tutto fu rubato, le case furono incendiate, a Pontelandolfo anche le donne furono stuprate.
I trucidati, come riferiscono gli stessi protagonisti della vicenda, furono si-curamente diverse centinaia, forse un migliaia, ma anche se fossero stati soltanto 15, come afferma, minimizzando, il nostro scrittore di sangue blu negazionista, sarebbero comunque 15 omicidi abietti, che concorrevano con i delitti di stupro di gruppo, devastazione e saccheggio.
Delitti che, secondo il codice penale Piemontese allora in vigore, erano pu-nibili con la pena di morte.
Ma i delitti contro Casalduni e Roccamandolfi non furono neppure
perse-guiti e restarono impuniti; i responsabili, il gen. Cialdini che diede l’incarico, il colonnello Pier Eleonoro Negri, che marciò su Pontelandolfo ed il maggiore Melegari, che marciò su Casalduni non furono processati, ma encomiati; fecero tutti una brillante carriera politica ed ora sono annoverati tra i padri della patria.
Ora ci dobbiamo anche subire questo grande Ufficiale, di nobile lignaggio, figlio esemplare di questo stato, così intelligente che a 250 anni dalla pub-blicazione del Candido Voltaire, ancora non ha capito che la rappresaglia è un delitto gravissimo e che le sue giustificazioni, sono solo un irritante ol-traggio alla memoria di quella povera gente.
Complimenti a chi gli ha conferito la cittadinanza onoraria di Pontelandolfo.
La Libertà che lo stato unitario diceva d’aver portato ai fratelli del meridio-ne d’Italia ed il tanto decantato Statuto Albertino che garantiva i diritti in-violabili, dove erano nascosti, quando il diritto alla vita, all’inviolabilità del domicilio, alla proprietà dei beni essenziali venivano calpestati dai boriosi ufficiali dell’esercito Piemontese?
È innegabile che il triste destino di Casalduni e Roccamandolfi non solo gettano un’umbra cupa sul risorgimento, ma screditano l’intera l’architettura propagandistica con la quale ci è stato tramandato.
Avv. Pasquale Iovino
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