“Caso Berlusconi”, Cuccaro: la decadenza non è controversa e controvertibile come appare al Pd

“Caso Berlusconi”, Cuccaro: la decadenza non è controversa e controvertibile come appare al Pd

PIGNATARO M. – In una lettera indirizzata ai vertici del Partito Democratico, il sindaco Raimondo Cuccaro esorta la classe dirigente del suo partito al rispetto delle regole sul caso “Berlusconi”. Ecco la lettera del primo cittadino:

ALLA DIREZIONE NAZIONALE DEL

PARTITO DEMOCRATICO

ALLA DIREZIONE REGIONALE  DI NAPOLI DEL

PARTITO DEMOCRATICO

ALLA DIREZIONE PROVINCIALE DEL

PARTITO DEMOCRATICO

 

Sono  Raimondo Cuccaro, Sindaco del Comune di Pignataro Maggiore (CE) , Vi scrivo per significare che  mi sorprende in maniera inquietante  l’artificioso dibattito che, riguardo a Berlusconi,  sta coinvolgendo ed offendendo i cittadini del mondo ed in particolare gli amministratori degli Enti Locali  (Regione, Province  e Comuni), i quali, senza sollevare  questioni  hanno dovuto sottostare  ai rigori della  norma “Severino”  ( D.lgs  n.235/2012.). La questione  è diventata il problema del giorno, ma in uno Stato Democratico non solo non deve essere un problema, ma non deve essere neanche una questione; dovrebbe essere una  naturale misura dell’agire pubblico e privato di tutti i giorni nessuno escluso.  Mi sorprende che anche per la Dirigenza del mio partito la problematica riguardante la decadenza di Berlusconi,  che la giurisprudenza  ha già sviscerato e analizzato (  Corte cost., 24-06-1993, n. 288; Corte cost., 13-07-1994, n. 295; Corte cost., 31 -03- 1998, n. 114; Cass. civ. sez. I, 12 -04- 1996, n. 3490; Cons. Stato (Ad. Gen.), 30-11-1992, n. 172;), in questi ultimi giorni appare  controversa e controvertibile.

Convinto che il gruppo Dirigente del mio partito terrà alto il valore del rispetto delle regole senza sottostare a deteriori, dilatori e fuorvianti  giochi politici,  trasmetto in allegato l’illustre parere, disinteressato, di un grande operatore del diritto, quale il Prof. Giovanni Virga, con la speranza che sarà preso in debita considerazione.

Raimondo Cuccaro

Sindaco   P. D.

                          Delitto e castigo

 

Giovanni Virga | 25 agosto 2013 | 4 comments

Confesso di provare un senso sempre più forte di nausea nel leggere le cronache delle ultime settimane riguardanti la situazione politica italiana. Sembra di leggere delle “cronache da Marte”, come ha detto argutamente Sergio Rizzo in una recente puntata della trasmissione “In onda” di Telese su La 7. Scrivere su tale situazione può quindi sembrare un esercizio masochistico ma, a ben vedere, è anche un modo per esorcizzare la crescente nausea.

Mentre la situazione economica continua ad essere gravissima, con imprese anche storiche che chiudono a ripetizione, mentre continuano inarrestabili gli sbarchi quotidiani di clandestini, che minacciano di moltiplicarsi a seguito dell’aggravarsi della tragedia del vicino medio oriente (Siria, Egitto, Libia, Libano), mentre il debito pubblico palese ed occulto (mi riferisco anche a quello delle Regioni e dei Comuni, che non viene solitamente conteggiato) continua a gonfiarsi inesorabilmente, siamo tutti intenti, more solito, ad occuparci dei guai giudiziari di Berlusconi.

Il PDL, in un comunicato redatto ieri da Alfano, dopo il summit di Arcore, ha affermato che un provvedimento di decadenza di Berlusconi dalla carica di senatore è “impensabile e …. inaccettabile”; e, dal suo punto di vista, ha pure ragione, anche se per motivi diversi da quelli che si intendono fare vale, che chiamano in causa addirittura la nostra Carta costituzionale (il comunicato infatti recita che la decadenza sarebbe “costituzionalmente inaccettabile”).

In un Paese normale, i guai giudiziari del leader di un partito politico non potrebbero mai e poi mai condizionare il futuro del Paese stesso, ma verrebbero presto superati mediante la nomina di un nuovo leader; anche per la Chiesa vale il detto secondo cui “morto (o dimesso) un Papa, se ne è fatto sempre un altro”; nel caso del PDL ciò è impossibile, semplicemente per il fatto che Berlusconi è per tale partito e, addirittura, per tutto il centrodestra, insostituibile.

E’ quella che io considero la “assicurazione sulla vita” politica che si è autocostruito Berlusconi, creando un partito nel quale tutte le personalità di rilievo di un tempo, che brillavano sia pure parzialmente di luce propria (come ad es. Martino, Urbani, Tremonti), sono state gradualmente ma inevitabilmente esautorate o comunque marginalizzate. Sono stati invece imbarcati una serie di uomini e di donne di scarse per non dire nulle qualità, la cui principale virtù è quella di professare continuamente la propria fedeltà al Capo supremo, anche perchè ben sanno che, senza di lui, difficilmente avrebbero avuto ingresso in Parlamento e, soprattutto, nel caso di nuove elezioni, continuerebbero a calcare la scena politica (come diceva giustamente La Rochefoucauld, “la gratitudine non è nient’altro che l’aspettativa di futuri favori”).

Il sistema elettorale prescelto (il c.d. “Porcellum”) è stato pienamente funzionale a tale piano, o meglio, alla “polizza sulla vita” che il Cav. si è nel tempo costruito. Il sistema dei “nominati” non solo ha impedito ai migliori di emergere, ma ha finito per fare venire a galla una serie di “nani e ballerine” la cui principale dote è, come già detto, quella di assecondare i desiderata del leader maximo, a cui debbono tutto. E’ questo il principale “delitto” che io imputo a Berlusconi, ben più grave di quello per il quale è stato condannato in sede penale: in vent’anni non solo non ha mantenuto le promesse più volte sbandierate di liberalizzare la società italiana, pur avendo ricevuto in alcuni momenti un consenso quasi plebiscitario, ma non ha neanche voluto costruire una classe politica che sopravvivesse alla sua scomparsa, ma anzi ha scientemente costruito un partito che si regge solo su di lui (anche perché forse è ben conscio del fatto che spesso in Italia, fin dai tempi di Macchiavelli, la lealtà è un optional troppo costoso, mentre il tradimento è una virtù che, al momento opportuno, porta diversi vantaggi, come Razzi e Scilipoti ben sanno).

Non ha tuttavia considerato che in tal modo, piuttosto che creare un fiume che scorre nel tempo, ha realizzato uno stagno nel quale l’acqua sta imputridendo e, prima o dopo, si prosciugherà (nessuno di noi è immortale e, soprattutto, non molti, dopo vent’anni, avranno ancora la pazienza di aspettare che Berlusconi risolva tutte le sue pendenze giudiziarie, mentre il Paese va a rotoli). La conseguenza di tale “delitto” politico, come dirò meglio in seguito, è anche il “castigo” che gli stanno per infliggere: la decadenza da senatore e l’ineleggibilità alle prossime elezioni politiche.

L’opposizione, che ha pure brillato per la sua pochezza e la confusione di idee (v., ad esempio, da ultimo la sorprendente richiesta di aiuto al Presidente degli Stati Uniti per far modificare le nuove regole del Monopoli), avendo capito che per distruggere la parte avversa ed avere il sopravvento è sufficiente eliminare il suo “leader maximo”, ha moltiplicato i sui sforzi a tal fine, combattendo sul piano personale e giudiziario Berlusconi piuttosto che sul piano delle idee, offrendo un programma alternativo e chiaro. Sembra quindi velleitario, ora che sono ad un passo dal traguardo, chiedere loro di fare un passo indietro, magari sollevando, in sede di Giunta chiamata ad esprimersi sulla decadenza
di Berlusconi, la questione di legittimità costituzionale della c.d. legge Severino.

La parabola dell’attuale Governo Letta rischia così di essere simile alla favola di Esopo dello scorpione e della rana, la quale, com’è noto, racconta di uno scorpione che chiede a una rana di lasciarlo salire sulla schiena e di trasportarlo all’altra sponda di un fiume. La rana, temendo di essere punta durante il viaggio, in un primo tempo si rifiuta, ma poi finisce per accettare convinta dall’argomento dedotto dallo scorpione, il quale ha fatto presente che, se pungesse la rana durante il guado, anche lui cadrebbe nel fiume e, non sapendo nuotare, morirebbe insieme alla rana. Così la rana accetta e inizia a trasportarlo, ma a metà del guado lo scorpione punge la rana condannando a morte entrambi. Quando la rana sente la puntura dello scorpione chiede il perché del suo gesto e lo scorpione risponde: “Non ci posso fare niente. È la mia natura”. La “natura” del PD, così come dimostrato in tutti questi anni, è appunto quella di voler “pungere” a tutti i costi Berlusconi. E’ quindi inutile aspettarsi che non faccia ciò, anche se sta attraversando un difficile guado per il Paese assieme al PDL ed anche se rischia di trasformare Berlusconi in un martire della giustizia. L’unico che ha intelligentemente avvertito questo pericolo è, allo stato, solo Violante che, per tale motivo, è stato attaccato a testa bassa dal suo stesso partito.

Il castigo derivante dal sistema voluto da Berlusconi è stato anche di aver favorito l’avanzata clamorosa di un movimento di protesta (il Movimento 5 stelle) capeggiato da un ex comico, il quale, utilizzando proficuamente l’attuale sistema elettorale (il Porcellum), ha portato in Parlamento una nutrita pattuglia di “nominati” pressochè sconosciuti, i quali debbono tutto a Grillo e che quindi dipendono integralmente, al pari dei “berluscones”, dal loro “leader maximo”. Non è quindi un caso che recentemente Grillo abbia scritto che per lui il sistema elettorale attuale (il ripetuto “Porcellum”) va bene e si può andare a votare con esso. Mi sorprende che un giornalista scafato come Stella, in un recente articolo di fondo sul Corriere della Sera (intitolato “Il Porcellum a 5 Stelle“), abbia scritto di essere rimasto stupito di ciò. In realtà, come si poteva leggere anche in questa rivista, diversi mesi addietro, poco dopo l’insediamento del nuovo Parlamento, il Movimento 5 stelle aveva presentato un disegno di legge che confermava l’attuale sistema elettorale, tranne nella parte in cui non prevede il sistema delle preferenze. Di sistema maggioritario, basato sulle qualità personali dei candidati, neanche a parlarne.

Ma il “castigo” più grave (la ineleggibilità di Berlusconi) deriva anche e soprattutto dall’insipienza dei suoi “nominati”, i quali hanno approvato la c.d. legge anticorruzione, che delegava il Governo ad emanare quello che poi è diventata la c.d. legge Severino (D.Lgs. 31 dicembre 2012 n. 235) senza preoccuparsi di precisare che le norme sull’incandidabilità, in forza del principio di irretroattività della legge penale, non potevano applicarsi a condanne per fatti od atti compiuti prima della sua entrata in vigore. Bastava questa semplice postilla, di poche parole, per disinnescare sul nascere la situazione di pericolo che poi si è realizzata. Gli avvocati che partecipano alla redazione dei contratti sono abituati ad prevedere, con apposite clausole o caveat, tutti i possibili pericoli o problemi interpretativi. Così, evidentemente, non avviene quando il PDL è chiamato a votare le leggi in Parlamento.

Nè la predetta precisazione è stata introdotta dopo che, praticamente all’indomani dell’entrata in vigore della legge Severino, il Consiglio di Stato, con la sentenza della Sez. V, 6 febbraio 2013 n. 695 (a suo tempo pubblicata in questa rivista e recentemente ripubblicata con apposito richiamo in copertina), aveva affermato che l’incandidabilità prevista da detta legge “non solo non costituisce una misura di natura sanzionatoria penale, ma neppure una sanzione amministrativa o una disposizione in senso ampio sanzionatoria”. “Il citato D.L.vo contempla, infatti” – secondo la richiamata sentenza – “casi di non candidabilità che il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, ha ritenuto di configurare in relazione al fatto che l’aspirante candidato abbia subito condanne in relazione a determinate tipologie di reato caratterizzate da uno speciale disvalore”; di qui la conseguenza che tale incandidabilità “non si pone in contrasto con il principio di irretroattività delle disposizioni penali e, più in generale, delle disposizioni sanzionatorie ed afflittive, ricavabile dalla Carta Costituzionale e dalle disposizioni della CEDU”.

Con la stessa sentenza è stata ritenuta infondata la q.l.c. delle disposizioni sulla incandidabilità introdotte dall’art. 7 del D.Lgs. 31 dicembre 2012, n. 235, eccepita in relazione agli artt. 3 e 51 della Costituzione, in considerazione della natura non sanzionatoria degli effetti preclusivi sanciti dalla stessa norma. Costituisce, infatti, frutto di una scelta discrezionale del legislatore, certamente non irrazionale, l’aver attribuito all’elemento della condanna irrevocabile per determinati reati una rilevanza così intensa, sul piano del giudizio di indegnità morale del soggetto, da esigere, al fine del miglior perseguimento delle richiamate finalità di rilievo costituzionale della legge in parola – connesse ai valori dell’imparzialità, del buon andamento dell’amministrazione e del prestigio delle cariche elettive – l’incidenza negativa sulle procedure successive anche con riguardo alle sentenze di condanna anteriori alla data di entrata in vigore della legge stessa”.

Anche questa sentenza (che risale al febbraio scorso e quindi ad oltre 6 mesi addietro), che ha confermato la sentenza del T.A.R. Molise, Sez. I, 1° febbraio 2013 n. 27, in LexItalia.it, avrebbe dovuto far suonare un campanello di allarme tra i consiglieri del Cav., i quali a parole si dichiarano pronti a dimettersi pur di salvare il loro leader e vogliono ora sollevare quella questione di costituzionalità che il Consiglio di Stato oltre sei mesi addietro ha ritenuto manifestamente infondata. Una questione peraltro puramente dilatoria, tenuto conto del fatto che presto interverrà la pronuncia sulla durata dell’interdizione dai pubblici uffici da applicare nei confronti di Berlusconi. Forse anche per questo Violante, furbescamente, l’appoggia.

Il “delitto” (politico) di Berlusconi è quindi questo: di essere circondato da una serie di personaggi, da lui nominati, che non si sono accorti neanche di quello che hanno votato e di quel che è successo in seguito nel campo giuridico, sotto il profilo più squisitamente esegetico. Ed il suo “castigo” è che egli verrà paradossalmente “infilzato” con una legge votata – e non modificata per tempo – dal suo stesso partito. Con l’ulteriore effetto negativo di trasformare le prossime elezioni in un ennesimo referendum pro o contro Berlusconi (Silvio o Marina, non importa), fingendo di ignorare i tantissimi problemi che ci affliggono. Se quindi il “delitto” di cui si è detto è imputabile a Berlusconi, il vero castigo spetterà a tutti noi.

Giovanni Virga, 25 agosto 2013

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