CASERTA – Sono trascorse settimane dalla dichiarazioni del pentito Schiavone sui rifiuti nucleari che sarebbero intombati nei pressi dello stadio di Casal di Principe, nelle vicinanze dei piloni della Nola-Villa Literno e, ipse dixit, in tre quarti della provincia di Caserta.
Superato lo stupore iniziale per le dichiarazioni del camorrista folgorato sulla via per le redazioni casertane, prorompono da giorni le mèches delle giornaliste locali, la messinpiega della conduttrice di turno, l’abbondante salivazione, appena rinfrescata da una turbinante ciucciata di mentina, del cronista chiamato dall’editore a intervistare la star: Carmine Schiavone, trattato come trattammo i Duranduran quando vennero a suonare a Caserta (ero presente e ricordo che a Simon Le Bon e compagni non venne concessa la stessa scrivania presidenziale e le stesse telecamere tirate a lucido, messi a disposizione del pentito casalese).
E’ un tintinnar di orecchini d’oro di giornaliste, uno sciabolar di Montblanc dei colleghi casertani, una litania salmodiante di: “prego signor Schiavone, si accomodi qui che ci facciamo una foto insieme”.
Qualcuno, in un delirio da rientro ferie e nella speranza di essere notato dai 10 lettori della testata, ha anche azzardato un “dottor Schiavone”, dando titolo accademico al camorrista, in una provincia sempre più Accademia dell’ipocrisia, soprattutto civile.
Invece di percepirlo interprete sinistro di un trionfante horror vacui che ci avviluppa, lo abbiamo accolto a braccia aperte: Messia di un nuovo modo di farci fornire le notizie.
A tanto sfavillio dei network de noantri, a così vasta spettacolarizzazione delle interviste concesse dal taumaturgico Schiavone, pare sia prossimo, come suggello a così squisita cordialità, un concerto dello stesso pentito davanti alla Reggia, così tanto per dare un senso alle cortesie da maggiordomo messe in atto nei giorni scorsi.
Ma in Provincia da Zinzi, o dal Prefetto, magari in Questura non si sono visti gli abiti eleganti indossati dai giornalisti, non si è nemmeno vista le laccatura d’unghia delle colleghe.
Nessuno, indignato per le sconvolgenti dichiarazioni di Schiavone, si è recato – elegante e tirato a lucido come lo era al cospetto del vecchio boss pentito – dai vertici istituzionali per chiedere un immediato intervento di controllo sui siti che, secondo le confessioni, nasconderebbero scorie nucleari (roba da prendere la leucemia dopo appena due mesi di involontaria esposizione).
Gli abitini à la page, comprati per l’occasione dalle giornaliste, le cravatte Marinella, indossate dopo anni di sedimentazione nei cassetti dai colleghi maschi, per intervistare don Carmine, sono stati riposti.
Vuoi mica sprecarli per andare dal presidente della Provincia o dal Prefetto a chiedere di fare immediatamente chiarezza sulla presenza di materiale tumorale? Eh!
Tanto brillar di sciabole e un florilegio di interviste alla star Schiavone (con tanto di coffe break nelle redazioni di giornali e tv, così, tanto per essere più amiconi di uno che dice di aver ucciso decine e decine di persone) sono serviti solo a far sembrare alcuni giornalisti come dei piccoli portatori di interviste preparate da chi allestisce la vetrina veramente.
L’importante era apparire in foto e in video di fianco al pentito dei Casalesi.
E allora, da cittadino libero e incazzato fin dentro gli alveoli polmonari, mi chiedo: siamo proprio sicuri che la cancrena sia solo quella nascosta sotto lo stadio di Casal di Principe? Da tonante dies irae, quale doveva essere il giorno dopo le dichiarazioni di Schiavone, abbiamo visto interpretare solo ore della quaglia.
Questa Terra è fottuta solo dai camorristi, o anche da chi ne incornicia gesta e imprese in un quadretto di didascalica narrazione ammuffita?
Quei vestiti attillati, quelle raffinate cravatte, quei capelli freschi di piastra e lacca dei giornalisti locali, vedranno mai qualche stanza dove andare sul serio a salvare i cittadini della Terra dei Fuochi?
La sensazione è che tutto sia stato già riposto nei cassetti.
Zac! Un bel colpo di naftalina e riprenderemo il vestiario da matrimonio alla prossima dichiarazione, con pentito e set fotografico annessi.
Cupio dissolvi, mentre Schiavone saluta e si volta di spalle.
Siamo riusciti nella nostra unica specialità: capovolgere il senso delle cose e trasformare un assassino in un Diogene della notizia, un rabdomante con ramo d’albero a forma di Y che ci indica dove sono i rifiuti (quelli che lui vuole vengano trovati, ça va sans dire).
Titoli di coda con i nomi dei registi e, soprattutto, delle comparse pagate col cestino del pranzo tra un ciak e l’altro.
Salvatore Minieri