PIGNATARO M. – In una nota stampa che vi proponiamo, il C.s.o.a. “Tempo Rosso” interviene sulla questione rifiuti:
L’autunno alle porte e gli ultimi colpi di coda del sistema rifiuti in Campania ci impongono alcune riflessioni che, in generale, ci premeva fare già da alcuni mesi e, seppur le vicende relative ai beni comuni, sembrano camminare velocemente sul binario della messa a profitto dei territori, si è resa necessaria una osservazione prolungata per capire cosa in realtà stesse succedendo o meglio, per avanzare alcune ipotesi, soprattutto dal punto di vista del lavoro dei movimenti e delle lotte che in Campania si danno o si sono date.
Proviamo quindi a delineare il quadro complessivo delle vicende che riguardano l’estrazione di profitto dai territori e le nuove configurazioni della governance sul territorio campano.
In questa fase, infatti, riteniamo che vadano collocate e analizzate con chiarezza alcune vicende, che tra loro sono complementari, a cominciare dal “de profundis” del piano regionale dei rifiuti, o meglio ancora della gestione regionale del ciclo integrato, che sta subendo man mano il passaggio di competenze ai comuni; gia’ questo dato ci deve porre non pochi dubbi ed interrogativi sugli effettivi meccanismi con i quali questo passaggio avverrà e su quelli con i quali funzionerà: consorzi di comuni, mercato selvaggio dell’impiantistica, a cominciare dall’esplosione di centrali a biomasse su tutto il territorio. Inoltre, crediamo sia fondamentale spendere qualche considerazione sulla vicenda bonifiche. Infatti, dopo più di 20 anni di messa a profitto dei territori, tramite la Comunità Europea, sta arrivando una pioggia di miliardi per interventi di bonifica in tutta la regione. Bisogna subito essere chiari su di un aspetto, non riteniamo assolutamente che la bonifica sia un segnale chiaro di discontinuità con quanto fatto negli ultimi 20 anni, tutt’altro, la bonifica è l’atto finale di un piano ben architettato dai poteri forti del capitalismo che agiscono sul territorio, un semplice “continuum” dell’opera di devastazione e saccheggio.
Prima col business degli sversamenti illegali e delle discariche, poi con gli impianti, infine con la bonifica, un piano pluridecennale di attacco e di estrazione di valore dai territori, che ci impone ora più che mai scelte determinate e la costruzione di percorsi di lotta veramente incisivi e capaci di ribaltare la situazione.
Questo per fornire velocemente un quadro di quello che si muove sul versante della controparte su di un piano generale, ma diamo uno sguardo al piano locale.
Per quanto riguarda il gassificatore di Capua, la vicenda, come dagli albori, va avanti dietro una cortina fumosa, difficile da districare, fatta di giochetti politico/burocratici/amministrativi che la cricca Zinzi (presidente della provincia di Caserta), Antropoli (sindaco di Capua) e Di Natale (commissario ad acta per la realizzazione dell’impianto, nonchè preside della Facoltà di Ingegneria della Sun) tenta di mettere in campo con più fiaschi che vittorie. Una delle poche certezze che al momento si hanno è che il Comune di Capua ha dichiarato il dissesto finanziario e questa vicenda influirà non poco sugli equilibri di potere e sulla forza di azione del gruppo che sponsorizza l’impianto, ma staremo a vedere in che misura il dissesto Comunale inciderà sul progetto del gassificatore. In ogni caso il mese di agosto ha segnato di certo una cambiamento di scenario ed aperto una nuova fase della lotta del movimento No-gas.
Ai primi di agosto infatti risalgono gli otto avvisi di garanzia per una contestazione anti-gassificatore avvenuta durante la campagna elettorale per le politiche del figlio del presidente Zinzi, Gianpiero, avvenuta a Sparanise prima e a Pignataro Maggiore poi, avvisi di garanzia frutto di indagini condotte con non poche “anomalie”, e che accendono non poche perplessità sulla loro reale consistenza, tanto è vero che tra i denunciati sono finite anche persone che non erano presenti durante i fatti, proprio a sottolineare l’intento persecutorio e chiaramente rivolto a zittire e intimorire il fronte No-Gas. Non ci stupisce, soprattutto in seguito all’intervista shock rilasciata dal pentito Schiavone, nella quale, tra le tante cose, si dice chiaramente che i poteri forti del capitalismo camorrista campano, sono in grado di condizionare, dirigere e corrompere, consistenti fette (se no la totaliità) di apparato statale, a cominciare dalle forze dell’ordine, che hanno giocato un ruolo chiave anche sulla questione degli avvisi di garanzia. Consapevolezza che ci dà ancora una volta ragione e ci fornisce anche le giuste chiavi di lettura per non lasciarci intimidire da questo coacervo di poteri politici, mafiosi e istituzionali che sul territorio agiscono in simbiosi per eliminare le voci del dissenso e i movimenti di opposizione. Inutile dire che non saranno quattro fogli di carta straccia a fermare le lotte che attraversano la provincia di Caserta, cosa che forse, solo la cricca pro-gassificatore non ha capito.
Tanto è che, sempre ad inizio agosto, il commissario ad acta Di Natale, proprio in virtù dei suoi poteri di commissario, mette in campo le procedure per l’esproprio del terreno su cui dovrebbe sorgere il gassificatore. Ricordiamo che proprio la proprietà del terreno e la sua destinazione d’uso sono sono state le leve con le quali il movimento ha rallentato di molto l’iter per la costruzione, perplessità e ostacoli non ancora superati, viste le dichiarazioni che arrivano dall’assessore regionale all’Ambiente Romano che dice a chiare lettere che il terreno ha destinazione d’uso diversa (uso sanitario). Insomma un gioco tra poteri forti, ma in ultima analisi l’estremo tentativo di Di Natale e soci di cercare una via d’uscita dal pantano nel quale la vicenda gassificatore si sta arenando. Inutile dire che nè i tentativi repressivi, nè le grandi manovre dell’armata brancaleone guidata da Zinzi ed Antropoli, possono innescare uno stop del movimento No Gas, anzi riteniamo che proprio la fase generale e gli avvenimenti particolari, debbano portare non solo la lotta al gassificatore, ma in generale la lotta dei campani contro la devastazione e contro il piano regionale ad una nuova fase di contrapposizione e di mobilitazione.
Non è solo Capua infatti ad essere interessata da questi colpi di coda, ci sono altri fattori ed altre vicende che vanno prese in considerazione e vanno collocate sulla scacchiera campana per meglio comprendere la situazione attuale.
Da un lato troviamo gli effetti del cosiddetto “decreto sblocca centrali” che sta permettendo su tutto il territorio il proliferare di progetti per la costruzione di centrali a biomasse, ne sono previste decine da Salerno a Caserta. Poco si muove sul fronte dei movimenti, se non nell’Agro Caleno con il comitato popolare contro la centrale a biomasse di Calvi, che dovrebbe sorgere nell’area Ex-Pozzi, area fortemente inquinata dalla presenza di una gigantesca discarica abusiva di amianto. Insomma senza troppo dilungarci sulla vicenda biomasse, bisogna tener presente che questi impianti possono bruciare rifiuti solidi urbani e proprio il passaggio di competenze dalla Regione ai Comuni, potrebbe significare il proliferare di decine di piccoli inceneritori su tutto il territorio campano, affare sul quale i poteri del capitalismo locale stanno giocando una nuova partita di accumulazione.
Infine, e forse proprio il campo di scontro più importante, c’è la vicenda dell’inceneritore di Giugliano, che dovrebbe bruciare le migliaia di ecoballe stoccate da anni illegalmente nel sito di Taverna del Re, impianto, a differenza degli altri su citati, sul quale la regione sta spingendo con il piede sull’acceleratore e che a quanto pare è destinato ad innescare un forte movimento di opposizione in tutta l’area dell’alto napoletano e del casertano. Questo solo per voler dare una panoramica, anche parziale, rispetto a quello che sta accadendo.
Ci sembra chiaro che ancora una volta affrontare queste battaglie esclusivamente nella loro specificità risulterebbe un limite per i movimenti che a livello locale si battono, ci preme mettere in guardia i movimenti dall’errore di dividersi, di separare le lotte, di ricacciarle in recinti locali, facendo il gioco della controparte che le vuole sempre più deboli, ma soprattutto sempre più scollegate tra di loro.
E’ su questo piano che va giocata quella che potrebbe prefigurarsi come la battaglia finale di questi vent’anni e più di guerra del capitalismo e della ragion di Stato contro le comunità campane, giocare ognuno la sua partita sul proprio territorio, in modo avulso dalle altre lotte è il primo errore da non commettere. La prospettiva che si devono dare i movimenti è quella di una mobilitazione permanente e generalizzata su tutto il territorio campano fatta di iniziative dislocate sui territori, ma anche di momenti unitari e di spessore, che sappiano incidere sulla controparte e i suoi progetti. E’ giunto il momento di mettere insieme in cammino i movimenti, i comitati, i presidi che vivono qua e là, è necessario attraversare questa fase con determinazione, tenendo ben presenti i limiti delle forme di opposizione civiste e legalitariste (che poco o nulla hanno prodotto) e puntando sulle forme di mobilitazione popolare, sui blocchi, sui presidi; c’è bisogno che i movimenti sappiano portare sotto il palazzo della Regione migliaia di campani, c’è bisogno, come obiettivo primario, di costruire un rapporto di forza reale ed incisivo che cerchi di piegare ai bisogni delle comunità i progetti della Regione e dei gruppi imprenditoriali che speculano sul ciclo dei rifiuti. Solo attraverso la connessione delle lotte e la costruzione di un fronte solido e capillare, possiamo ipotizzare vittorie, non solo sul piano dell’opposizone agli ecomostri, ma in generale su tutte le politiche di messa a profitto dei territori. Riunire tutti, simbolicamente, sotto la stessa bandiera sarebbe un utile primo passo in questa direzione, nonchè un buon modo per arginare le ricorrenti apparizioni di profeti dell’ultimora che, senza conoscere nulla di quanto è stato fatto dai movimenti fino ad oggi, riconducono nell’alveo di un qualunquismo deleterio ed autoditruttivo la lotta dei campani contro i propri aguzzini. Il caso dell’ultimo parvenu, don Maurizio Patriciello è esemplare in questo senso.
Senza volerci addentrare su tutti gli aspetti della vicenda rifiuti, con umiltà e senza ritenere di avere in mano ricette preconfezionate e definitive, riteniamo che ci si debba spendere su alcuni punti fondamentali, che possono connettere le lotte a difesa dei territori e quelle di quanti si battono contro l’austerity e contro questa crisi; Bisogna da subito essere chiari su parole d’ordine esplicite ed inequivocabili, generalizzabili e soprattutto riporducibili:
– No al trattamento termico dei rifiuti e al ciclo integrato: contro la nocività degli impianti di incenerimento, per l’abolizione dei certificati verdi e dei cip6 per questo tipo di tecnologie (che poi sono il vero motore che spinge alla loro costruzione). Per una raccolta differenziata volta alla riduzione, al riciclo e al riuso della materia. Parole d’ordine che i movimenti campani d’altronde hanno nel proprio DNA ormai da decenni.
– Bonifica come riappropriazione e reddito: sapendo che questa pioggia di miliardi se lasciata nelle mani degli stessi che per anni hanno devastato e distrutto le terre campane, non sarà altro che l’ennesima rapina ai danni delle comunità campane. Compito dei movimenti è la lotta per fare in modo che questi capitali ritornino alle comunità, significhino forme di reddito e di riappropriazione a fronte della catastrofe ambientale e sanitaria ormai comprovata. Questi miliardi non devono essere l’ennesima torta per politici e imprenditoria mafiosa, ma leva dei movimenti per innescare conflitti, per creare rapporti di forza che sappiano, anche in questo caso, far ritornare questo reddito alle comunità, che da anni pagano in termini di salute e di vivibilità il disastro campano.
Per questi motivi, dicevamo dell’apertura di una nuova fase, cruciale, nello scontro tra comunità e piano capitalista di messa a profitto dei territori, una nuova fase che deve cristallizzarsi attorno alle mobilitazioni, ai presidi, alla connessione delle lotte dal basso. Per questo lanciamo l’appello per la creazione di ambiti di confronto allargati, nei quali ci si possa confrontare ed ipotizzare percorsi comuni, così come si sta facendo nell’Agro Caleno e come stiamo facendo con quanti a Giugliano e nel napoletano si stanno mettendo in movimento contro ecomostri e devastazione. Crediamo sia importante connettere le varie esperienze per costruire forme di mobilitazione incisive, che sappiano generalizzare il rifiuto verso questa gestione dei territori e che sappiano parlare di riappropriazione e di dignità.
Per questo motivo oltre a portare avanti le lotte sui nostri territori, gireremo la Campania per presidi ed assemblee, per costruire un momento di confronto unitario che sappia ipotizzare e costruire un percorso per questo autunno, a cominciare dalle date di mobilitazione nazionale di metà ottobre, tra le quali è prevista anche una data di mobilitazione sulle vicende legate ai beni comuni.
Per troppo tempo la controparte ci ha trovati divisi, ognuno troppo concentrato a difendere la propria specificità, ma questa nuova fase fatta di ecomostri e di false bonifiche, deve farci riflettere sul dato che, come campani, non possiamo più rimandare forme di connessione e di percorsi comuni, per combattere quella che si preannuncia come la battaglia cruciale.
Venti anni di lotte, di sconfitte e di vittorie, non si possono liquidare nel silenzio e in piccole/grandi battaglie separate tra di loro. I nuovi progetti e le bonifiche anzi devono essere per noi detonatore di forme di movimento quanto più grandi ed incisive possibili, per costruire da subito confronto e mobilitazione, per costruire rapporti di forza e dare, nel tempo della crisi, una risposta quanto più adeguata possibile ai progetti di morte e di messa a profitto che il capitale continua a studiare e a perpretare sulle nostre vite!
Csoa Tempo Rosso – Terra di Lavoro
Assemblea Aversana per l’Autonomia