PASTORANO – In una nota rivolta ai lettori, il gruppo politico “Il Paese che Vorrei” interviene in merito all’autorizzazione data alla Dhi per l’allestimento di un impianto per il trattamento di rifiuti, rimarcando le responsabilità dell’Amministrazione comunale. Ecco di seguito il comunicato:
Cari lettori e care lettrici,
abbiamo bisogno di richiamare la vostra attenzione per descrivervi una nuovo episodio che riguarda la storia infinita del nostro Comune; lo definiamo “nuovo” perché, in realtà, è accaduto da poco, ma in realtà si tratta sempre delle stesse forme di spadroneggiamento, di sopruso che vengono operate da “Chi Comanda” ai danni della comunità e del nostro beneamato paese.
Ma veniamo al sodo! Con decreto Dirigenziale (n. 132), datato 05 settembre 2013, il settore ecologia, tutela dell’ambiente della Regione Campania ha autorizzato la Ditta DHI a realizzare un impianto di trattamento rifiuti non pericolosi a Pastorano, presso la via Appia – località Spartimento.
La succitata autorizzazione ha seguito un iter burocratico che ha visto interessate diverse amministrazioni e strutture pubbliche, che si sono più volte incontrate per conferenze di servizi. Ma in questo contesto quali sono state le mosse della nostra maggioranza? L’inerzia assoluta! Tanto per raccontarne una: i rappresentati politici di maggioranza del nostro Comune hanno pensato bene di non prendere parte all’ultima e decisiva conferenza che risale al 26 novembre 2012, ma si sono limitati a trasmettere parere negativo in merito al progetto (anche facendo riferimento a note precedenti di pari contenuto).
Una mossa astuta! Già, nel momento in cui era necessario mostrare gli attributi non solo per far valere i propri diritti, palesemente violati, ma anche per garantire benessere, nel senso più completo del termine, ovvero la salute fisica dei concittadini, i nostri esimi Amministratori hanno pensato bene di non prendere parte al tavolo delle trattative, facendoci un ennesimo regalo: la Munnezza!
È nostro preciso dovere, infatti, far presente che quest’ulteriore leggerezza ha condannato la nostra piccola comunità, che un tempo poteva vantare aria pulita, a subire da qui a 18 mesi un nuovo insediamento (dopo Esogest, Sami Plastic, Geos, ecc.) che tratterà rifiuti non pericolosi con emissioni nell’atmosfera.
Eppure il nostro paese che ha una posizione strategica dal punto di vista geografico (confina a Nord con il comune di Giano Vetusto; ad Ovest con Pignataro Maggiore; ad est con i comuni di Camigliano e Vitulazio ed a Sud con lo stesso comune di Vitulazio), è attraversato da due arterie stradali di notevole importanza per i traffici commerciali, la via Casilina e la via Appia, e può vantare un passato di rilevanza storica di tutto rispetto che affonda le proprie radici fino all’Età Altomedioevale. Nel corso, infatti, delle invasioni barbariche che hanno funestato la nostra penisola in concomitanza della caduta dell’Impero Romano, si verifica la formazione dell’originario nucleo di Pastorano, piccolo insediamento dedito alla prevalente attività di pastorizia, da cui forse deriva lo stesso toponimo. Nel nuovo insediamento confluirono prima dell’anno mille, non solo parte degli abitanti della dissolta Cales (antico sito sul quale oggi sorge Calvi Risorta), ma anche cittadini di Capua antica, che si ritirarono a Pastorano per allontanarsi dai tumulti della loro città.
Stessa origine medievale hanno le due frazioni di San Secondino, che deve il proprio nome al Santo Patrono venerato in loco, e di Pantuliano (dall’omonima famiglia ivi residente, avrebbe avuto origine quest’ultimo toponimo).
Dalla storia di Pastorano si evince come oggi il Comune sia caratterizzato dalla presenza non di un unico centro, ma di tre agglomerati urbani che nel tempo hanno subito una certa fusione. La presenza, o quantomeno i resti, di alcune strutture architettoniche che meglio si sono conservate nel tempo, come nel caso delle tre Cappelle a base delle future chiese di Pastorano (Pantuliano e San Secondino), è la palese testimonianza di insediamenti umani, e quindi urbani, databili intorno al XII secolo. Da cui si evince che quelle comunità, abbastanza consistenti, anche se molto diradate sul territorio, avevano avuto la necessità di edificare un luogo di culto e di aggregazione, per poi insediarsi in piccoli Borghi edificati a ridosso delle predette Cappelle, che con il tempo, ed in funzione della disponibilità e delle risorse economiche e finanziarie (anche riferite alle diverse arcidiocesi di appartenenza) erano state ampliate fino a diventare delle vere e proprie chiese.
I tre centri si sono costituiti intorno complessi architettonici capaci catalizzare la vita e l’attività degli abitanti: tali poli di attrazione si possono identificare oltre che nella presenza delle tre Chiese – San Pietro Apostolo in Pastorano, San Secondino nell’omonima frazione e San Giovanni Evangelista in Pantuliano – anche con alcuni Palazzi di una certa importanza storica ed architettonica, come quello del Marchese a Pantuliano, o quello di via E. Capriglione a San Secondino, di epoca risalente al XVI; il primo nello specifico (denominato Palazzo COCOZZA), con il relativo attiguo Fondo Murato, già nel XVI secolo, era la propaggine sud dell’intero insediamento abitato e costituiva l’elemento di passaggio tra l’agglomerato urbano e l’area impaludata della campagna circostante.
Ma la comunità di Pastorano è balzata agli onori delle cronache, perché il 20 maggio 1815 presso l’agro di Pastorano venne stipulato lo storico trattato, meglio conosciuto come il Trattato di Casalanza, tra l’esercito austriaco e quello napoletano guidato da Gioacchino Murat, re di Napoli e cognato di Napoleone Bonaparte, dopo la sconfitta subita nella battaglia di Tolentino. Il trattato, firmato concretamente in casa Lanza, pose fine al decennio napoleonico nel Regno, che l’imperatore Francesco I d’Asburgo riconsegnò all’alleato Ferdinando IV di Borbone. La casa dove fu ratificato il predetto trattato, temporaneamente requisita dagli Austriaci, sorgeva su un’antica casa rustica, della quale il Barone Biagio Lanza (1746-1832), Patrizio capuano, ampliandola nel 1794, aveva fatto una residenza di campagna, non lontana dalla sua dimora di Capua. Oggi sopravvivono ancora i resti di questa storica dimora.
Dunque se il passato e gli uomini che ne hanno fatto parte, ci hanno consegnato intatte la nostra storia e le vicende che l’hanno segnata, noi cosa consegneremo ai nostri successori? Inquinamento e Monnezza!
Il Paese che Vorrei