Filippo Corridoni, il rivoluzionario, dieci volte, condannato, per antimilitarismo, e morto nella “Trincea delle Frasche” con la divisa grigio verde fu un sindacalista, volontario della IV Guerra d’Indipendenza ed intellettuale italiano. Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Nacque a Pausula , poi chiamata Corridonia in suo onore, 19 agosto 1887 – San Martino del Carso, 23 ottobre 1915 .
« Il popolo non crede ai cultori delle cedole bancarie. Crede all’azione, a chi gli indica le vie del destino. Crede soprattutto a chi gli aprirà le strade vere della giustizia sociale. »Dopo la licenza elementare fu mandato a lavorare in una fornace. Animato da una forte carica volontaristica, influenzato dagli scritti di Giuseppe Mazzini e Carlo Pisacane, seguace dell’intuizionismo di George Sorel, Corridoni, farà dell’elevazione sociale delle masse lavoratrici l’unico scopo della sua breve e intensa esistenza. Arrestato innumerevoli volte conobbe il carcere e l’esilio: «ebbi nel maggio del 1907 la mia prima condanna e da allora ne ho dovuto registrare ben trenta. Per otto anni consecutivi la mia vita è stata asprissima, terribile. Ho fatto ininterrottamente la spola fra una prigione e l’altra, con qualche puntata in esilio». |
Filippo Corridoni pur ammalato di tisi e dichiarato non-idoneo dal Consiglio di leva all’entrata dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale, riuscì ad arruolarsi, rifiutando di frequentare il corso allievi ufficiali e scegliendo deliberatamente di servire la Patria come semplice fantaccino: «Dove voi sarete io sarò. Se vi consiglio di compiere un’azione e perché io quell’azione l’ho compiuta o sono capace di compierla insieme a voi».
Cadde mentre andava all’assalto sul Carso, nella Trincea delle Frasche, il 23 ottobre 1915 donando alla Patria, che gli aveva riservato solo galera ed esilio, la propria vita. Il corpo non fu mai ritrovato. La figura di Filippo Corridoni fu rivendicata anche dagli ex compagni socialisti Giuseppe Di Vittorio e Alceste De Ambris che scrisse per Gabriele D’annunzio, nell’Impresa di Fiume, la “Carta del Quarnaro”.
Giorgio Natale