BELLONA – Se dovessero essere ulteriormente confermate le voci riguardanti l’inchiesta aperta dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli sull’appalto da due milioni di euro per l’infrastrutturazione della zona Pip di Bellona, la vicenda si arricchirebbe di ulteriori e inquietanti particolari. La società indicata da più parti come vincitrice della gara milionaria, la Corem Costruzioni srl, potrebbe essere la stessa coinvolta nella maxi inchiesta su camorra e imprenditoria ribattezzata “Normandia2”. Quella presieduta da Pasquale Corvino, sessantatreenne amministratore unico dell’impresa con sede in Corso Trieste a Caserta, infatti, era tra le 54 società – in gran parte operanti nel settore edile e della raccolta rifiuti, ma anche nella ristorazione, nei trasporti e nell’immobiliare – che finirono nell’inchiesta sugli appalti truccati che portò all’arresto di 17 presunti esponenti del clan dei Casalesi e all’iscrizione nel registro degli indagati di 73 persone – tra i quali gli ex Prefetti di Caserta Paolino Maddaloni e Maria Elena Stasi. Le indagini condotte dal Ros (come nel caso di Bellona) riguardavano l’intero circuito economico di imprese, complessi turistici, appartamenti e terreni, nel quale venivano reinvestiti gli enormi proventi illeciti dei clan.
Le 54 società, secondo i pm Antonello Ardituro e Marco Del Gaudio, avevano rapporti con i clan di Terra di Lavoro. I Casalesi condizionavano – secondo l’accusa – l’assegnazione degli appalti in vari comuni come Casal di Principe, Piano di Monteverna, Frignano, Pietramelara, Falciano del Massico e San Potito Sannitico (le indagini facevano riferimento a un periodo che va dal 2004 al 2007). Confezionavano sia le buste delle offerte che dovevano vincere la gara sia quelle che dovevano soltanto partecipare con delle offerte anomale perché troppo alte o troppo basse e quindi destinate a essere scartate.
L’allora procuratore aggiunto Federico Cafiero de Raho spiegò che il sistema truffaldino veniva gestito da una specie di “ufficio” che teneva conto del “turno” di vincita degli imprenditori compiacenti e, in modo sfalsato e senza commettere errori, inviava le offerte agli Uffici tecnici. Se qualche imprenditore non inserito nel sistema voleva partecipare alla gara, allora intervenivano gli uomini del clan che lo dissuadevano. In ogni caso, se l’imprenditore estraneo al sistema avesse superato anche il “controllo” delle cosche, le buste erano sostituite dal funzionario pubblico complice dell’organizzazione.
Ora non sappiamo se nell’inchiesta che ha coinvolto i vertici del Comune di Bellona di qualche anno fa (dal Presidente del Consiglio Provinciale, Giancarlo Della Cioppa, al segretario comunale e al dirigente dell’Ufficio tecnico comunale), la Corem e Pasquale Corvino sono la stessa società e lo stesso imprenditore coinvolti nell’inchiesta della Dda (ci si potrebbe trovare di fronte ad un caso di omonimia), certo che se i protagonisti fossero gli stessi, la situazione assumerebbe contorni preoccupanti, visto quanto riferito dai pm dell’antimafia.
Red. cro.