PASTORANO – A seguito della pubblicazione del resoconto dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Salerno del procedimento riguardante il crac Cavamarket/Hdc, Castrese Catone – tra i 21 imputati – ci ha inviato un commento per chiarire la sua posizione in merito a tutta la vicenda. Di seguito il commento di Catone: “Buongiorno, posso concordare con lei sé i fatti corrispondono a verità e da una comprovata prova certa. Il problema è, essere messo alla gogna solo per fatti e notizie prese da corridoio che solo la professionalità del vostro mestiere dovrebbe filtrare e scrivere commenti corrispondenti allo stato reale dell’operazione dei fatti. Dare per certo che Castrese Catone abbia distratto beni attraverso operazioni illeciti, addossandomi tale reato come sé fosse certo, ritengo che prima di scrivere o prendere notizie “incerte” e senza comprovata prova, bisogna riflettere con la propria coscienza prima di mettermi o sbattermi sui giornali e solo per fare notizie, è il vostro mestiere e lo rispetto come tale, ma ripeto è solo per sensibilizzarvi a riflettere prima di scrivere. La mia azienda ha un nome di tutto rispetto e vuole essere accreditata sul mercato per la professionalità consolidata da oltre 50 anni.
Oggi con il nostro gruppo diamo lavoro a oltre 800 unità, e mi creda anche sé beneficiamo di soddisfazioni, non è facile e si fanno sacrifici per rispettare e onorare l’impegno con i miei collaboratori. Dare la sensazione attraverso un commento errato sui giornali, e farci passare per delinquenti attraverso distrazioni o riciclaggio come letto su altri vostri blog, ci ha creato non poche difficoltà di immagine con i nostri committenti e aziende internazionali, in alcuni casi perse anche commesse. Le istituzioni dovrebbero garantirci e non giudicarci da indagini nate e fatte male, le realtà in Campania sono già poche, quelle poche vivono i problemi quotidiani di una crisi che si fa sempre più pressante, i posti di lavoro sono a rischio, sé una azienda senza una prova certa viene messa e sbattuta sui giornali e vista attraverso internet in tutto il mondo, potete solo che immaginare che a una nomea che ci portiamo tutti Noi del sud sia avallata da articoli non corrispondenti ai fatti.
L’operazione Cava Market è nata attraverso la Due C, solo per spirito di imprenditorialità, crediamo nel lavoro e facciamo business lecito e non di indubbia provenienza. Castrese Catone non ha distratto nessun bene attraverso operazioni illecite, anzi ho preservato il patrimonio e saldato i contenziosi rimettendo il tutto nelle mani della curatela fallimentare. Tale operazione è nata per rilevare 42 esercizi commerciali in Campania e preservare la forza lavoro a oltre 700 unità, utilizzando un contratto di fitto di ramo di azienda condizionato. In seguito al fallimento una delle condizioni, ho restituito 29 esercizi commerciali oggetti di nuovi contratti con i rispettivi proprietari delle mura, la curatela ha preso tali esercizi e messi all’asta ricavando quanto bandito e allocando la forza lavoro. La differenza dei punti vendita non oggetto di nuovi contratti, sono andati persi, i proprietari delle mura hanno sfrattato sia il vecchio gestore Cava market perché morosa e sia la curatela fallimentare perché non in diritto di possesso. Tali esercizi sono andati persi e acquisiti da terze insegne senza l’obbligo di assumere la forza lavoro, ma cosa più grave che la curatela fallimentare non ha ricavato nessun beneficio per i creditori.
Solo grazie alla mia azione “Illecita” “Forse “ hanno potuto fare cassa, e assicurare parte del ricavato e futuro alla forza lavoro. Stiamo parlando di circa 400 unità lavorative, non sono poche, parliamo di famiglie che ogni mese gli garantiamo il proprio stipendio, in un periodo di crisi, questo non è poco, oltretutto non a carico dello stato. Per i punti vendita non banditi all’asta e che la fallimentare ha perso, la forza lavoro è a carico dello stato e per dircela tutta a carico della comunità con l’utilizzo di cassa integrazione. Castrese Catone non ha avallato nessun disegno criminoso e non sono il prestanome di nessuno, ho sempre lavorato con onestà e rispettoso della legge, solo cattiverie e invidia possono infangare la mia rispettabilità , della mia famiglia e la mia azienda. Realtà come la nostra e come tante altre sul nostro territorio dovrebbero essere elogiate dalla stampa e istituzioni,
Sé sono un criminale, ho distratto beni attraverso operazioni illeciti ( ipotesi della procura ) aggiungo che tutti , Giudici, pm e giornali dovrebbero leggersi le carte prima di accollarmi per certo un atto criminoso e solo per poca attenzione alla lettura dei fascicoli.
Ho preferito perseguire la strada del processo, non fare patteggiamenti, Voglio combattere e spero in buona fede a un atto criminoso nei mie riguardi e soprattutto per il futuro della mia azienda e lavoratori che da anni mi collaborano. Spero di non essermi prolungato, ma è solo uno sfogo che ti logora insistentemente, per qualunque chiarimento disponibile anche per un incontro. Saluti. Castrese Catone”.
Fin qui l’intervento del signor Catone che, come spesso accade in altri contesti, se la prende anche con i giornalisti. La sua filippica è sicuramente comprensibile, come può essere comprensibile lo sfogo di qualsiasi altro indagato o imputato che ritiene di essere innocente. È nel suo pieno diritto. D’altronde nell’ordinamento giuridico italiano esiste la “presunzione di non colpevolezza” e sicuramente – come abbiamo sottolineato nel pezzo che lo riguarda, con tanto di condizionale – lo sarà fino a quando non si arriverà al terzo grado di giudizio.
Le sue parole, però, non possono essere condivisibili per un semplice motivo: non rispettano il ruolo e il lavoro del giornalista, o – molto probabilmente – derivano da una visione distorta dell’informazione. Non è certo colpa sua se la gran parte degli organi d’informazione casertani non fa informazione, ma è diventata una vetrina per pubblicità e promozione non convenzionale. A parte qualche giornalista di buona volontà e di innato senso della professione, per il resto nessuno si cimenta in inchieste utili a portare agli occhi dell’opinione pubblica “la notizia”. Il dottor Catone, come la stragrande maggioranza dei lettori casertani, ormai si è assuefatto a questo stato di cose e, quando è diventato “protagonista” – suo malgrado e insieme ad altre 20 persone – di una semplice cronaca di un’udienza giudiziaria, si è sentito attaccato.
Noi rispettiamo il suo lavoro e la sua competenza imprenditoriale, in un gruppo importante come quello che porta il suo nome. Lui, d’altra parte, dovrebbe fare lo stesso visto che non pensiamo di averlo diffamato, né abbiamo denigrato la sua persona. Semplicemente abbiamo riportato dei fatti che soltanto la magistratura potrà ritenere veri o “lontani dalla realtà”. Il signor Catone, infatti, dovrebbe sapere che una parte del mondo dell’informazione si occupa della cronaca giudiziaria, per la quale le notizie, indipendentemente dalla loro veridicità storica e quindi oggettiva, derivano dalla (a volte parziale e soggettiva) verità scritta nelle aule dei Tribunali.
Può essere una verità parziale, ma è sempre una verità che la cronaca giudiziaria, in quanto tale, non può fare altro che accettare e riportare ai lettori così com’è, giusta o sbagliata che sia. E i giornalisti, in quanto cittadini che vivono in uno Stato di diritto, non possono fare altro che attingere le proprie conoscenze in merito, dall’unica fonte della verità presente in questo campo: la magistratura. In questo momento non possiamo fare altro che attenerci alle valutazioni del Pm, aspettando che si pronunci la difesa e quindi il Gup.
Siccome tutti noi siamo parte di quello Stato che esercita il controllo sul rispetto delle leggi anche attraverso la magistratura, ci fidiamo di chi esercita il potere giudiziario e non certo delle versioni di ogni singolo imputato, certamente meno obiettive – almeno teoricamente – di come lo potrebbero essere quelle di un potere dello Stato. A questo va aggiunto che, come viene spiegato in questo commento, quello della famiglia Catone è un gruppo molto importante e – diciamo noi – molto influente. Ma è proprio per questo che tale vicenda giudiziaria riveste una valenza pubblica che spinge i giornalisti a parlarne. Insomma, alla luce di questo, come anche di altri elementi che non sto qui a elencare, considero questa critica, seppur umanamente e professionalmente comprensibile, alquanto paradossale, perché critica i giornalisti per aver fatto informazione. In ultima analisi, giusto per chiarire questo equivoco al dottor Catone come a tanti altri, i giornalisti sono quelli che fanno informazione, quelli che fanno le “marchette” appartengono ad un’altra categoria.
Davide De Stavola