Con l’orgoglio di appartenere a quelli che diffidano della storia apologetica dei vincitori e dei saggi col torcicollo, rammento che con la Legge n. 92/2004 “la Repubblica riconosce il 10 febbraio quale «Giorno del ricordo» al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.” In tale giornata “sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado. È altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende.”
In questo contesto ritengo doveroso ricordare il martirio dell’istriana Norma Cossetto (Santa Domenica di Visinada (Labinci) 1920 – Antignana (Tinjan) 1943 )e la strage di Vergarolla (18 AGOSTO 1946).
Nell’estate del 1943, Norma, già professoressa supplente, iscritta alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Padova, gira in bicicletta per i comuni dell’Istria raccogliendo materiale per la sua tesi di laurea, intitolata L’Istria rossa (con riferimento alla bauxite). La tesi, da discutere con Concetto Marchesi, mirava a sostenere, basandosi su documenti storici (dal periodo romano a quello bizantino a quello veneziano) l’italianità della terra d’Istria. Scrive Nicoletta Policek :-“ I suoi contemporanei la ricordano come una giovane ragazza dedita allo sport, molto portata per gli studi e le lingue straniere. Parla bene il francese e il tedesco. Si dedica anche allo studio del pianoforte, ama il canto e la pittura. Fidanzata con un incursore dei mezzi d’assalto della Regia Marina, Norma è una ragazza ben inserita nel contesto sociale in cui vive. Il 25 settembre un gruppo di partigiani titini, che dopo l’otto settembre avevano preso il controllo della zona, irrompe in casa Cossetto razziando ogni cosa. Il giorno successivo prelevano Norma che viene portata (assieme a parenti e conoscenti) nella ex caserma dei Carabinieri di Visignano dove i partigiani la tormentano, promettendole libertà e mansioni direttive, se avesse accettato di collaborare con il Movimento Popolare di Liberazione. Norma, che continua a rifiutare ogni collaborazione con il Movimento Popolare di Liberazione, viene portata in una stanza a parte dell’edificio, spogliata e legata ad un tavolo. Qui è ripetutamente violentata da diciassette aguzzini, e dopo giorni di sevizie viene gettata nuda nella foiba di Villa Surani, sita alle pendici del Monte Croce, vicino alla strada che da Antignana porta al villaggio agricolo di Montreo. È la notte tra il 4 e il 5 ottobre 1943. Il 13 ottobre 1943 i tedeschi ritornano in paese e, a seguito della cattura di alcuni partigiani titini, riescono a fornire informazioni attendibili a Licia, sorella di Norma, sul destino del padre ( n.d.r. che era andata a cercarla) e della sorella, confermando l’esecuzione di entrambi. Il 10 dicembre 1943 i Vigili del Fuoco di Pola, al comando del maresciallo Arnaldo Harzarich, recuperano la salma di Norma: rinvenuta supina, nuda, con le braccia legate con il filo di ferro, su un cumulo di altri cadaveri aggrovigliati; aveva ambedue i seni pugnalati ed altre parti del corpo sfregiate, un pezzo di legno conficcato nei genitali. La salma di Norma viene composta nella piccola cappella mortuaria del cimitero di Castellier. Dei suoi diciassette torturatori, sei vengono arrestati e obbligati a passare l’ultima notte della loro vita nella cappella mortuaria del locale cimitero per vegliare la salma della giovane donna, prima di venire fucilati dai tedeschi il mattino seguente. Ai funerali di Norma, che verrà tumulata nella tomba di famiglia a Santa Domenica di Visinada assieme al padre, partecipa un grande numero di persone. “
Durante la Repubblica Sociale Italiana un reparto femminile portò il nome di Norma Cossetto. Il rettore, prof. Concetto Marchesi (dal 1928 socio dell’Accademia nazionale dei Lincei; poi membro dell’Accademia d’Italia, istituita da Giovanni Gentile al posto dei Lincei; rettore dell’Ateneo di Padova ove il 9 novembre 1943 inaugurò l’anno accademico, alla presenza del ministro Biggini; importante esponente dell’antifascismo e del Pci; deputato dell’Assemblea Costituente, incaricato da Togliatti di dare una revisione finale-sotto il profilo della pulizia linguistica e della coerenza sintattica e stilistica- del testo della Carta costituzionale), ed il senato accademico di Padova, con cerimonia dell’8 maggio 1949, conferirono a Norma Cossetto la laurea honoris causa in Lettere. Motivazione: “morta per la difesa della libertà”. Per anni, nonostante le proteste della sorella Licia, deceduta l’ottobre scorso , mentre si recava nell’attuale Croazia per il settantesimo del martirio, il nome di Norma, nell’atrio dell’Universita di Padova, figurava, aggiunto, nella lapide che ricordava gli studenti dell’Ateneo vittime del nazifascismo. Nel 2011 l’università di Padova depenna Norma Cossetto dall’elenco delle vittime del nazifascimo e la inserisce , non senza polemiche, in un’altra lapide che reca questo “ambiguo” testo: Per ricordare gli italiani e le italiane vittime di inumana ferocia in Istria e Dalmazia negli anni eroici e tragici della guerra di liberazione e delle pulizie etniche, colpevoli solo di aver difeso e pagato con la morte o l’esilio l’italianità della terra natia. l’Università di Padova dedica a loro e con loro a Norma Cossetto studentessa dell’ateneo medaglia d’oro al merito civile ad onore del loro sacrificio per la patria e per la libertà . 10 FEBBRAIO 2011-789° DALLA FONDAZIONE.
Questa, invece, è la motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Civile concessa l’8 febbraio 2005 dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi: «Giovane studentessa istriana, catturata e imprigionata dai partigiani slavi (n.d.r:Del Movimento 5 Lune? Del Partito Radicale Monarchico?), veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in una foiba. Luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio.»— Villa Surani (Istria) – 5 ottobre 1943
Qualcuno le dedicò questi versi: «Non più odio né sensi feriti/un campo solcato è ormai il mio cuore/e il silenzio opprime la mente».
STRAGE DI VERGAROLLA – 18 AGOSTO 1946
Domenica 18 agosto 1946, in Istria, sulla spiaggia di Vergarolla, alla periferia di Pola (la città con la splendida arena romana), centinaia di italiani sono riuniti per assistere alla gara nazionale della coppa di nuoto “Scarioni”, detenuta dalla locale Società Nautica Pietas Julia. La manifestazione ha una forte valenza patriottica, perché la città istriana col novantadue per cento d’italiani è, sotto amministrazione inglese, inserita nella zona B e circondata da territori già inglobati dal comunista Tito. Da mesi , accatastate sulla spiaggia vi sono una trentina di mine antisbarco, posizionate a difesa del porto durante la guerra, contenenti circa 10 tonnellate d’esplosivo. Gli ordigni, inertizzati dal Genio Navale, secondo il triplice controllo, esplodevano solo con apposito innesco. Secondo le testimonianze ed immagini d’epoca, alcuni persino vi appoggiavano vestiti e vivande o riposavano alla loro ombra. Alle 14.10 si verifica un’esplosione devastante, la colonna di fumo ed il boato vengono visti e sentiti a Km di distanza. Il numero dei morti, stimato attorno al centinaio, non è mai stato definito, per l’impossibilità di comporre tutti i cadaveri. Potrebbe sembrare una sciagura dovuta al caso, all’imprudenza di qualche convenuto, ma non è così.” Il messaggio per gli italiani di Pola deve essere chiaro e forte: restare e accettare il regime comunista titino, oppure lasciare da esuli l’Istria.” “Da non molto tempo, un ricercatore italiano ha pubblicato documenti tratti dal Public Record Office di Londra, tali da togliere ogni dubbio su quei fatti. Di tale documentazione, relativa ai fatti che interessarono l’Istria e la Dalmazia in quegli anni, fa parte una dettagliata informativa, datata 19 dicembre 1946, intitolata “Sabotage in Pola” e relativa alla strage di Vergarolla. In questo documento si imputa all’OZNA, il servizio segreto titino, la paternità della strage.” La cosa più scandalosa dell’intera vicenda è che, per anni, non solo dei morti di Vergarolla, ma dell’intero massacro perpetrato contro gli italiani in quelle terre, si è preferito far finta di dimenticare. I Governi Italiani, per decenni, hanno volutamente dimenticato cancellando quegli eventi dai manuali di storia ad uso scolastico: gli italiani non dovevano sapere.
Solo il 18 agosto 2011, la Famiglia Polesana di Trieste, costituita da un nucleo di esuli, ha posato sul colle di San Giusto, una stele con i nomi e l’età di quegli innocenti dei quali, purtroppo solo 64 poterono essere identificati.”
Distinti saluti
Giorgio Natale Brescia 0302002793