PIGNATARO M. – A dodici anni di distanza – era il 14 novembre del 2002 -, arriva la sentenza sull’omicidio di Raffaele Lubrano detto “Lello”, il figlio del boss defunto Vincenzo Lubrano e genero del capocosca (anche lui defunto) Lorenzo Nuvoletta – per aver sposato la figlia Rosa. Ieri mattina la Corte di Assise del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduta dalla dottoressa Maria Alaja, ha condannato all’ergastolo Francesco Bianco detto “Mussolini”, Vincenzo Schiavone detto “O’petillo” e Giuseppe Misso, concordando con le richieste della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, rappresentata in aula dal pm Liana Esposito. Sono stati invece assolti Mario Mauro e Massimo Vitolo.
Nel corso del dibattimento sono stati sentiti vari testimoni e collaboratori di giustizia, tra i quali il boss pentito pignatarese, Antonio Abbate. Nell’economia generale del procedimento, però, sarebbero risultate particolarmente importanti le dichiarazioni di Antonio Vinciguerra di Capua, affiliato al clan dei Casalesi che avrebbe partecipato alle richieste estorsive. Nel corso della sua deposizione, il collaboratore di giustizia aveva affermato che il movente dell’uccisione di Lubrano sarebbe da ricercare nell’annosa questione delle richieste estorsive nell’area dell’Agro caleno tra “casalesi” e clan autoctoni. “Il motivo dell’uccisione – ha detto Vinciguerra – mi fu raccontato da Massimo Vitolo, il quale mi disse che fu un imprenditore di Vitulazio a lamentarsi con gli Schiavone, in quanto Lello Lubrano lo infastidiva con continue richieste estorsive quando lui, invece, già pagava le tangenti a Carlino Del Vecchio”. In quella sede ha aggiunto: “Sono a conoscenza che quel giorno fu risparmiato dal fuoco dei sicari un pescivendolo di Sant’Andrea”.
Per parecchio tempo, pur individuando in una delle articolazioni del clan dei Casalesi i responsabili dell’omicidio del capo designato del clan Nuvoletta – Lubrano – Ligato, gli investigatori avevano concentrato la loro attenzione sul boss Enrico Martinelli, affiliato alla fazione Iovine di San Cipriano d’Aversa. Martinelli era il maggiore indiziato poiché negli anni ’80 il clan Lubrano – Ligato avrebbe fatto uccidere suo fratello Emilio. In quel periodo i vertici della cosca dei “Mazzoni” avrebbero frenato per ragioni di opportunità la voglia di vendetta di Martinelli.
Red. cro.