La Procura di Salerno chiede l’archiviazione di un’altra querela di Pino Romagnuolo contro il giornalista Enzo Palmesano

PIGNATARO MAGGIORE – Il pubblico ministero della Procura della Repubblica di Salerno, dott. Giovanni Paternoster, ha chiesto l’archiviazione di un’altra delle querele presentate da Pino Romagnuolo (fratello della prima moglie del defunto boss mafioso di Pignataro Maggiore, Vincenzo Lubrano) contro il giornalista Enzo Palmesano. La parte offesa Pino Romagnuolo, assistito dall’avvocato Carlo De Stavola, si è opposto alla richiesta di archiviazione e il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Salerno, dottoressa Renata Sessa, ha convocatola Cameradi consiglio per decidere in merito nella data del 24 maggio 2012. Come si legge nella richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero, “il presente procedimento origina dalla denuncia-querela (…) in merito a vari articoli giornalistici pubblicati dal giornale ‘Il Giornale di Caserta’ (edizioni dell’inizio di giugno dell’anno 2006), secondo i quali la persona offesa sarebbe stata legata a clan camorristici della zona”. Secondo la prospettazione del querelante, il giornalista Enzo Palmesano si sarebbe reso responsabile del reato di diffamazione a mezzo stampa, mentre l’allora direttore responsabile del quotidiano “Il Giornale di Caserta”, Giuseppe Venditto, è stato chiamato in causa per omesso controllo.

Pino Romagnuolo è stato indicato dal collaboratore di giustizia Giuseppe Pettrone quale “partecipe al clan Lubrano”, come sottolineato dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, dott. Giovanni Conzo e dott.ssa Liana Esposito, nelle carte dell’inchiesta denominata “Operazione Caleno” del 23 febbraio 2009, confluite nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere – che, comunque, non colpì Pino Romagnuolo – emessa dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Napoli, dott.ssa Antonella Terzi.  È agli atti della magistratura una nota della Stazione carabinieri di Pignataro Maggiore che già in data 18 marzo 1985 indicavano Pino Romagnuolo “tra i prestanome e i fiancheggiatori del clan Nuvoletta”. E inoltre (citiamo sempre dalla suddetta “Operazione Caleno”): “Sul conto del Romagnuolo, emigrato negli U.S.A. il 21 ottobre 1967 e immigrato dagli U.S.A. il 12 marzo 1984 risultava: essere cognato di Lubrano Vincenzo, avendo questi sposato la sorella Rosetta; versare in buone condizioni economiche, certamente non derivanti dalla gestione di un modesto negozio di calzature sito in via Regina Elena di Pignataro Maggiore, già di proprietà di Antonio Abbate (quest’ultimo attuale collaboratore di giustizia n.d.r.); al suo rientro in Pignataro Maggiore, aveva acquistato alcuni appezzamenti di terreno, nonché l’appartamento ove abitava, pagandolo all’impresa ‘Fucile Pietro’ circa 120 milioni di lire in contanti: che negli U.S.A. domiciliava a Brooklyn (New York) al numero 2111 66^ Street, ove gestiva uno o più ristoranti/pizzerie, accumulando un’ingente fortuna; che in U.S.A. avesse avuto contatti con elementi delle organizzazioni mafiose, in particolare per il traffico di stupefacenti. Tale ipotesi sarebbe stata rafforzata dal fatto che il Romagnuolo, unitamente alla famiglia, era rientrato in Italia improvvisamente, senza alcun giustificato motivo, confidando a terzi di essere stato costretto ad abbandonare tutto in fretta. Il suo rientro sarebbe coinciso con la maxi-inchiesta in U.S.A da parte della locale magistratura, a seguito delle rivelazioni di noti boss pentiti e nel corso della quale vennero tratti in arresto numerosi appartenenti alla mafia statunitense e smantellato il traffico di droga che avveniva con la copertura di esercizi commerciali (in particolare ‘pizzerie’ e il Romagnuolo gestiva appunto tale genere di locali); che frequentasse assiduamente il fratello Annito Lorenzo, nonché le famiglie Lubrano e Abbate, in particolar modo allorquando alcuni loro appartenenti si trovavano detenuti”. Fin qui l’informativa dei carabinieri del 18 marzo 1985.

Successivamente – nelle carte dell’“Operazione Caleno” – “ritroviamo ancora Pino Romagnuolo a casa Lubrano, a discorrere delle problematiche relative ad un’estorsione rispetto alla quale gli uomini di Casale, in particolare Alfonso Cacciapuoti (‘Capajanca’), referente per la zona di Grazzanise, avevano invaso la sfera di competenza dei Lubrano: gli interlocutori pensano di affrontare la questione con Gerardo Palumbo, stante l’assenza di Carlo Del Vecchio, all’epoca detenuto. Il coinvolgimento di Pino Romagnuolo e la competenza con la quale interviene nel dialogo, rappresentano tranquillizzanti indizi di intraneità”. Si tratta di una intercettazione ambientale captata in data 19 febbraio 2003 dai carabinieri del Comando provinciale di Caserta con microfoni piazzati della villa bunker del boss Vincenzo Lubrano, in Contrada Taverna, a Pignataro Maggiore. Della estorsione e dei rapporti con i “casalesi” parlano, appunto, Pino Romagnuolo, Vincenzo Lubrano e il figlio di quest’ultimo, Gaetano Lubrano. Pino Romagnuolo interviene in maniera autorevole, sembra un ascoltatissimo “consigliere” del capomafia. Al punto che “don” Vincenzo Lubrano si rivolge proprio a Pino Romagnuolo per un competente parere, quando teme per l’incolumità del figlio Gaetano Lubrano. In un’intercettazione ambientale dell’11 marzo 2003 Vincenzo Lubrano chiede a Pino Romagnuolo se sia prudente che Gaetano (Lubrano) esca con “Pierino”, cioè Pietro Ligato, attualmente detenuto, il camorrista figlio dell’ergastolano pluriomicida Raffaele Ligato e di Maria Giuseppa Lubrano (sorella di “don” Vincenzo). Ecco di seguito il testo integrale della breve conversazione. Vincenzo Lubrano: “Gaetano deve uscire con Pierino?”. Pino Romagnuolo: “No”. Vincenzo Lubrano: “Io gliel’ho detto centomila volte ‘Tu non devi uscire con questo’”. Pino Romagnuolo: “No, no, non deve uscire”. Vincenzo Lubrano: “Questi ti uccidono per causa di questo”. Pino Romagnuolo: “No, no e chi ci vuole uscire”. Un tema molto rilevante, quello della sicurezza di Gaetano Lubrano, se in un’altra occasione il capomafia consiglia al figlio di uscire “con due-tre macchine” di scorta.

Gli argomenti di cui discutono Vincenzo Lubrano e Pino Romagnuolo sono sintomatici. In un’altra intercettazione ambientale, in data 27 febbraio 2003, Vincenzo Lubrano tace e ovviamente acconsente, mentre discorrono amabilmente Pino Romagnuolo e un certo “Maurizio”, all’epoca non meglio identificato dai carabinieri. Tema: attenzione al Carnevale, perché può arrivare qualche killer sotto le mentite spoglie di un’innocua e anzi divertente mascherina. Pino Romagnuolo: “Il Carnevale è la cosa più scema che esiste il fatto del Carnevale”. Maurizio: “Il Carnevale è pericoloso (…). Il Carnevale, il Natale”. Pino Romagnuolo: “No, no, il Carnevale è la cosa più stupida, no. Il Carnevale… per dire a Teano… perché con le maschere, uno spara e se ne va. E il Carnevale è equivalente… se sparano… e non sai… e il Carnevale con tutta la maschera”.

Ci siamo capiti. E, incredibilmente, si permette pure il lusso di presentare querele (per la verità – contro il giornalista Enzo Palmesano – finora senza successo) Pino Romagnuolo se qualcuno, per esempio, “osa” scrivere che frequenta tali tipi di compagnie e parla di certi ameni argomenti. Ma siamo certi che alla Camera di consiglio del 24 maggio 2012 davanti al Gip del Tribunale di Salerno le citate intercettazioni ambientali forniranno utili indicazioni per la decisione finale della dottoressa Renata Sessa.

Rosa Parchi

 

ARTICOLO PUBBLICATO DA

“PIGNATARO MAGGIORE NEWS”

BLOG DI GIORNALISMO INVESTIGATIVO

CURATO DA DAVIDE DE STAVOLA

29/03/2012 – http://pignataronews.myblog.it/

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