Centrale a biomasse: la Iavazzi Ambiente scarl non avrebbe potuto partecipare al bando del Ministero per lo Sviluppo Economico. L’imprenditore casertano, condannato in sede penale, non sarebbe in possesso del requisito di moralità ma nessuno si accorge del cavillo

Centrale a biomasse: la Iavazzi Ambiente scarl non avrebbe potuto partecipare al bando del Ministero per lo Sviluppo Economico. L’imprenditore casertano, condannato in sede penale, non sarebbe in possesso del requisito di moralità ma nessuno si accorge del cavillo

CALVI R. – Il grande affare della centrale a biomasse di Calvi Risorta probabilmente poteva essere bloccato già in occasione dell’espletamento della gara per l’assegnazione di finanziamenti da parte del Ministero per lo Sviluppo Economico. Questo è quanto emergerebbe da una sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Campania a proposito di una vicenda che nulla ha a che fare con l’impianto di località Demanio di Calvi, ma che coinvolge la Impresud srl, la società della famiglia Iavazzi che possiede il 50% della Iavazzi Ambente scarl (l’altro 50% è posseduto dalla Ecologia di Iavazzi Francesco s.a.s.), il consorzio che vorrebbe localizzare l’opificio nell’area ex Pozzi.

L’Impresud srl, rappresentata dall’avvocato Luigi Adinolfi, ha presentato ricorso (numero 6723/2014) contro il Ministero delle Infrastrutture dei Trasporti, il Provveditorato Interregionale Per Le Opere Pubbliche e il Comune di Trentola Ducenta, per l’annullamento della gara d’appalto per l’aggiudicazione del servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani per tre anni nel territorio del comune aversano. All’esito delle operazioni, infatti, il bando se l’era aggiudicato il Consorzio Sinergie srl mentre l’azienda casertana era stata esclusa. Quest’ultima, però, ha chiesto l’esclusione della ditta che si era aggiudicata l’appalto adducendo la mancanza di requisiti. Il Consorzio Sinergie srl, a sua volta, – con ricorso incidentale – ha chiesto l’esclusione della società degli Iavazzi perché avrebbe violato “…l’articolo 38 del codice appalti, violazione della lex specialis, eccesso di potere, atteso che la stessa (la Impresud N.d.R.) sarebbe carente dei requisiti di moralità ex art. 38 lett c) d.lgs n. 163 del 2006, avendo riportato il legale rappresentante una condanna penale per reato specifico connesso al tipo di attività., nonché carente dei requisiti di cui all’art. 38 lettera m), essendo il legale rappresentante della ditta vittima di reati estorsivi di varia natura, ed avrebbe altresì dovuto essere esclusa per avere omesso di rendere le dichiarazioni di onorabilità relative al suo procuratore speciale”.

Insomma, Francesco Iavazzi – secondo quanto riportato dal Tar Campania – sarebbe stato condannato con sentenza penale passata in giudicato per aver illecitamente stoccato i rifiuti di cui al codice CER 20.03.07 senza autorizzazione e sversato dei rifiuti speciali in un corso d’acqua non autorizzato, in spregio all’articolo 256 comma 4 del d.lgs. n. 152 del 2006. Tale circostanza cozza con il d.lgs numero 163 del 2006 (il cosiddetto codice degli appalti), il quale all’articolo 38 comma C recita: “Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti: c) nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale; è comunque causa di esclusione la condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all’articolo 45, paragrafo 1, direttiva Ce 2004/18; l’esclusione e il divieto operano se la sentenza o il decreto sono stati emessi nei confronti: del titolare o del direttore tecnico se si tratta di impresa individuale; dei soci o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice; degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società o consorzio. In ogni caso l’esclusione e il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione della condotta penalmente sanzionata; l’esclusione e il divieto in ogni caso non operano quando il reato è stato depenalizzato ovvero quando è intervenuta la riabilitazione ovvero quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna ovvero in caso di revoca della condanna medesima”.

Così, nell’udienza del 25 febbraio 2015, i giudici amministrativi hanno prima stigmatizzato la decisione della stazione appaltante che aveva ammesso la Impresud alla gara d’appalto: “Tenuto conto che il legislatore ha lasciato alla stazione appaltante un margine di apprezzamento sull’incidenza del reato sulla moralità professionale e sull’offensività per lo Stato e per la Comunità (v. Cons. St., V, 11 maggio 2010, n. 2822), non appare congruo l’operato della stazione appaltante, alla quale spettava il compito di valutare l’incidenza sulla moralità professionale con riguardo alla fattispecie contravvenzionale posta in essere dal rappresentante dell’impresa odierna ricorrente”. E poi hanno deciso l’estromissione della società degli Iavazzi dalla gara d’appalto perché “… non si può escludere che il reato sia sufficiente a minare il necessario rapporto fiduciario con la p.a. ed a supportare la verifica negativa dei requisiti prevista dall’articolo 38 del d.lgs. n. 163/2006”.

Insomma Iavazzi, a causa del reato commesso e per il quale è stato condannato, non poteva partecipare alla gara d’appalto bandita dal Comune di Trentola Ducenta perché avrebbe violato il codice degli appalti.

Ora, pur non essendo dei giuristi ma ipotizzando che i meccanismi e la normativa siano gli stessi, ci si dovrebbe chiedere il perché il Tar Campania ha escluso la Impresud (che ripetiamo, detiene il 50% delle azioni della società che vuole costruire la centrale a biomasse) dalla gara d’appalto bandita da un Comune, mentre il Ministero per lo Sviluppo Economico, con decreto ministeriale del 13 dicembre 2011 intitolato “Bando POI Energie rinnovabili e risparmio energetico 2007-2013 (Biomasse)”, ha assegnato un finanziamento da 17 milioni di euro alla Iavazzi Ambiente scarl. Se una delle due non ha una normativa di riferimento diversa, vuol dire che gli Iavazzi non potevano concorrere all’assegnazione del finanziamento ministeriale. Così, in attesa dell’esito della conferenza dei servizi del 12 giugno, qualcuno potrebbe cominciare seriamente a pensare di allertare l’Autorità Nazionale Anticorruzione o di ricorrere in modo incisivo ai giudici amministrativi.

sentenza Impresud Trentola Ducenta

visura Iavazzi Ambiente scarl

visura impresud srl

dm-13-dicembre-2011

Impresud-Consiglio-di-Stato

Red.

 

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