NAPOLI – Sarà in scena sabato 24 ottobre 2015 alle ore 21.00 (in replica domenica 25), al Teatro Nuovo di Napoli, In Canto 34, con Antonello Cossia, Paolo Cresta, Riccardo Veno (sassofoni, fiati, live electronics), Francesco Albano (chitarra, basso, live electronics). L’originale allestimento, di cui Riccardo Veno firma il progetto, la musica e la regia, si arricchisce del disegno luci di Raffaele Di Florio, il video design di Francesco Albano e la parte fonica di Corrado Taglialatela.
L’Orlando Furioso, dice Calvino, è un poema che si rifiuta di cominciare e si rifiuta di finire.
E secondo il De Sanctis, così come riportato da Croce in un suo breve saggio nel Furioso l’Ariosto, non ha nessun contenuto soggettivo da esprimere, nessun motivo sentimentale e passionale, ma persegue il solo fine dell’arte, canta per cantare, rappresenta per rappresentare, elabora la pura forma, soddisfa il semplice bisogno di attuare i suoi fantasmi. Scrive e si consuma in questo grande affresco per unico diletto d’immaginazione.
L’elaborazione drammaturgica di In Canto 34, a cura di Riccardo Veno e Antonello Cossia, non intende raccontare per intero la gigantesca opera, e, dunque, il gioco teatrale non partirà dall’inizio e non arriverà alla fine. Punta, piuttosto, l’attenzione su alcuni canti simbolici del poema, immergendosi nelle ”ottave d’oro” dell’Ariosto e dei suoi musicalissimi endecasillabi.
«Come “canterino” – spiegano Cossia e Veno in una nota – abbiamo scelto Atlante, il mago dell’Orlando Furioso, proprietario di un palazzo incantato, in cui i personaggi si perdono e si ritrovano, s’inseguono, senza mai riconoscersi, si confondono e si trasformano, restano nascosti per poi riapparire, mentre la storia va avanti e si sviluppa in altri quadri.
Per questo il mago è assimilato all’autore stesso, che utilizza tale artificio per far scomparire momentaneamente alcuni dei personaggi, così da potersi occupare di altre fasi della sua intricatissima storia».
Il Palazzo di Atlante, luogo magico e metaforico in cui i destini dei cavalieri s’incrociano e s’intrecciano, è un’allegoria dell’esistenza stessa. In esso tutti hanno qualcosa da inseguire, nessuno raggiunge mai niente, tutti perdono: Ruggiero insegue, invano, la sua amata Bradamante e Orlando la sua Angelica; e poi, per concludere, il viaggio sulla luna di Astolfo, per recuperare al Furioso il suo senno.
Visioni oniriche e ironia, quindi, restituiscono il senso generale del poema, il tema che lo attraversa per intero: la vanità dei desideri degli uomini, che maschera la realtà di ingannevoli immagini di bellezza e di piacere, rendendoci deboli e incapaci di discernere l’apparire dall’essere.
C.S.