I pericolosi “pizzini” della camorra pignatarese: ecco perché vengono bloccate le lettere di Raffaele Ligato al figlio e quelle della figlia al mammasantissima detenuto in regime di “carcere duro” – Un’ordinanza della Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso del superboss

I pericolosi “pizzini” della camorra pignatarese: ecco perché vengono bloccate le lettere di Raffaele Ligato al figlio e quelle della figlia al mammasantissima detenuto in regime di “carcere duro” – Un’ordinanza della Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso del superboss

PIGNATARO M. – La corrispondenza tra i membri della famiglia Ligato di Pignataro Maggiore è costantemente sotto i riflettori dell’Amministrazione penitenziaria e della Magistratura di Sorveglianza. “Pizzini” a ragione ritenuti della massima pericolosità trattandosi dell’epistolario di ben tre camorristi sottoposti al regime di 41 bis, il cosiddetto “carcere duro”: il superboss Raffale Ligato e i figli Pietro e Antonio. Un controllo che, naturalmente, investe pure le lettere dei familiari in libertà. C’è il fondato timore, insomma, che sotto le mentite spoglie di comunicazioni normali e innocue, di carattere personale o familiare, possano celarsi messaggi utili per gli affari criminali del potente e sanguinario clan, ordini per luogotenenti e affiliati o informazioni dei sottoposti per il mammasantissima detenuto.

Ai controlli e alle decisioni di “non inoltro” delle lettere il superboss Raffaele Ligato risponde con continui ricorsi, fino a sottoporre la questione – con motivazioni del tutto infondate – anche alla Corte di Cassazione, come si evince per esempio dall’ordinanza numero 333 della settima sezione penale emessa a seguito dell’udienza del 13 febbraio 2014. Nell’occasione i giudici della Cassazione hanno dichiarato inammissibile il ricorso e condannato Raffaele Ligato (nome completo Ligato Antonio Raffaele) al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle ammende. “Con ordinanza del 4 dicembre 2012 – si legge tra l’altro nel documento della Corte di Cassazione – il Tribunale di sorveglianza di Milano ha rigettato i reclami proposti da Ligato Antonio, in atto detenuto presso la Casa di reclusione di Milano Opera e sottoposto al regime penitenziario speciale di cui all’art. 41-bis Ord. Pen., avverso i provvedimenti di “non inoltro” della corrispondenza diretta al figlio o proveniente dalla figlia, emessi dal Magistrato di sorveglianza di Milano il 13 giugno 2012 (prat. 139), il 24 giugno 2012 (prat. 155) e il 12 luglio 2012 (prat. 159). Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione personalmente l’interessato, che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di unico motivo, con il quale ha denunciato violazione ed erronea applicazione dell’art. 18-ter Ord. Pen., rappresentando la non censurabilità delle espressioni chiare e semplici utilizzate nella missiva diretta al figlio e l’estraneità della figlia, la cui missiva in arrivo è stata censurata senza consentirgli una vera e propria difesa, a qualsiasi ipotetico utilizzo di frasi sospette o criptiche”.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile – aggiungono i giudici – perché “le deduzioni che attengono alla contestata ritenuta cripticità e ambiguità delle frasi utilizzate dal ricorrente nella missiva indirizzata al figlio e di quelle utilizzate dalla figlia nella missiva diretta al ricorrente, segnalate dagli organi competenti con valutazioni condivise dal Magistrato di sorveglianza e ritenute sussistenti dal Tribunale con apprezzamenti di merito non implausibili, si risolvono, infatti, nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze di fatto, non consentita con il ricorso di legittimità”.

Pubblichiamo in coda a questo articolo la suddetta ordinanza numero 333 della settima sezione penale della Corte di Cassazione.

Corte di Cassazione Ligato

Rassegna Stampa

articolo di Rosa Parchi

da pignataronews.myblog.it

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