Niente capocollo, soppressata e pecorino stagionato arrivati dal quartier generale pignatarese: il superboss Raffaele Ligato al “carcere duro” costretto per motivi disciplinari a una forzata “dieta”- pure il menù del mammasantissima finisce alla Corte di Cassazione

Niente capocollo, soppressata e pecorino stagionato arrivati dal quartier generale pignatarese: il superboss Raffaele Ligato al “carcere duro” costretto per motivi disciplinari a una forzata “dieta”- pure il menù del mammasantissima finisce alla Corte di Cassazione




PIGNATARO M. – Il potente e sanguinario superboss della camorra Raffaele Ligato – ergastolano detenuto in regime di cosiddetto “carcere duro”, come previsto dall’articolo 41 bis dell’Ordinamento penitenziario – fa i capricci sul cibo che gli passa l’Amministrazione penitenziaria e si fa mandare i viveri dal quartier generale pignatarese, ma per motivi disciplinari è stato costretto a una forzata “dieta”. E’ un’altra delle tante notizie che stanno emergendo sulla vita carceraria di “don Rafele”, che è ritenuto – a ragione – uno dei detenuti più pericolosi attualmente ospiti delle patrie galere. Della guerra del mammasantissima di Pignataro Maggiore per il menù si è dovuta occupare pure la settima sezione penale della Corte di Cassazione che con ordinanza numero21346, aseguito dell’udienza del 7 febbraio2014, harespinto il ricorso e ha condannato Raffaele Ligato al pagamento delle spese processuali  e della somma di mille euro a favore della Cassa delle ammende.

“Con ordinanza deliberata il 21 gennaio 2013 – si legge tra l’altro nel documento della Cassazione – il Magistrato di sorveglianza di Milano ha respinto il reclamo, ai sensi dell’art. 35 Ord. Pen., proposto da Ligato Antonio Raffaele, sottoposto al regime speciale di cui all’art. 41 bis Ord. Pen., avverso l’inclusione nel provvedimento di isolamento disciplinare, applicato nei suoi confronti, del divieto di consegna dei generi alimentari compresi nel pacco dei viveri di provenienza familiare. A ragione della decisione il Magistrato ha osservato che la sanzione dell’esclusione dalle attività comuni, applicata al Ligato, non esclude l’accesso del detenuto ai beni di prima necessità (vitto ordinario e normale disponibilità di acqua), ma solo ai viveri offerti dai familiari, e non viola, pertanto, alcun diritto soggettivo del detenuto. Avverso la predetta ordinanza ha proposto “appello” al Tribunale di sorveglianza, qualificato come ricorso e trasmesso d’ufficio a questa Corte competente, il Ligato personalmente, il quale denuncia l’“abuso” della disposizione di cui all’art. 14 quater, comma 4, Ord. Pen., che sarebbe stato commesso col predetto divieto”.

Le doglianze dello spietato capoclan per la forzata “dieta” sono campate in aria. Si legge ancora nella sentenza della Corte di Cassazione, infatti, che “il ricorso è inammissibile perché proposto avverso provvedimento non ricorribile, il quale, senza violare alcun diritto soggettivo del detenuto sottoposto al regime di sorveglianza particolare e, in particolare, il diritto al vitto ordinario, si limita a regolare, come correttamente rilevato dal Magistrato di sorveglianza, le modalità esecutive di sanzione disciplinare legittimamente applicata al detenuto sottoposto al regime differenziato di cui all’art. 41 bis Ord. Pen.”.

Pubblichiamo in coda a questo articolo la suddetta ordinanza numero 21346 della Cassazione sul provvedimento per il quale Raffaele Ligato è stato costretto per un po’ a fare a meno di (immaginiamo) soppressata, capocollo e pecorino stagionato che appesantivano il pacco inviatogli dalla moglie Maria Giuseppa Lubrano, pericolosa “donna di rispetto”.

corte di cassazione – Ligato 2

Rassegna Stampa

articolo di Rosa Parchi

da pignataronews.myblog.it

 

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