PIGNATARO M. – Nell’udienza di ieri è arrivata un’altra importante testimonianza nell’ambito del processo sull’omicidio di Raffaele Lubrano (detto “Lello”), avvenuto il 14 novembre del 2002, e che vede imputati: Franco Bianco, Mario Mauro, Massimo Vitolo, Nicola Panaro Vincenzo Schiavone, Giuseppe Misso, Enrico Martinelli e Raffaele Piccolo. A descrivere i fatti di quel periodo ci ha pensato il pentito Antonio Vinciguerra di Capua, uomo organico al clan dei “casalesi” che ha – secondo quanto racconta egli stesso – partecipato a estorsioni per conto del gruppo “Schiavone” e sarebbe a conoscenza della partecipazione diretta e indiretta di alcuni affiliati a diversi omicidi come quello del figlio del defunto boss Vincenzo Lubrano.
Il collaboratore di giustizia ha affermato che il movente dell’uccisione di Lubrano sarebbe da ricercare nell’annosa questione delle richieste estorsive nell’area dell’Agro Caleno tra “casalesi” e clan autoctoni. “Il motivo dell’uccisione – ha detto Vinciguerra – mi fu raccontato da Massimo Vitolo, il quale mi disse che fu un imprenditore di Vitulazio a lamentarsi con gli Schiavone, in quanto Lello Lubrano lo infastidiva con continue richieste estorsive quando lui, invece, già pagava le tangenti a Carlino Del Vecchio”. Per quanto attiene l’agguato, l’ex affiliato ha aggiunto: “Aversano Stabile Romeo acquistò la 164 per 500 euro da Vincenzo Nobile: la vettura era stata rubata nel napoletano e poi è stata consegnata a Vitolo. So che questa vicenda è conosciuta anche da Raffaele Piccolo. Il giorno del delitto però la vettura era guidata da Vincenzo Schiavone, detto Petillo. Monaco e Mario Mauro erano a bordo di una moto e si occuparono di bruciare la vettura utilizzata per il delitto. Al fatto di sangue comunque parteciparono pure Vincenzo Conte, Luigi Iorio e Franco Bianco detto “mussolini”, gli stessi che hanno preso parte all’imboscata contro Sebastiano Caterino”. Di fronte alle domande del pm Liana Esposito, Vinciguerra ha anche aggiunto un nuovo particolare: “Sono a conoscenza che quel giorno fu risparmiato dal fuoco dei sicari un pescivendolo di Sant’Andrea”.