Capua: al teatro Ricciardi, Toni Servillo ‘legge’ Napoli

Capua:  al teatro Ricciardi, Toni Servillo ‘legge’ Napoli

CAPUA – Imminente, finalmente, uno degli appuntamenti-clou di questa stagione 2015/2016 al teatro Ricciardi (Info: 0823.96.38.74). Infatti, martedì 26 gennaio, alle ore 21, sul palcoscenico salirà il grande Toni Servillo per proporre un’indovinatissima selezione poetica dell’immortale letteratura partenopea: versi d’autore firmati da “calibri” come Di Giacomo, Viviani, Eduardo, Totò, Russo e di altri che pure hanno onorato ed onorano Napoli in Italia e nel mondo (Mimmo Borrelli, Enzo Moscato, Maurizio De Giovanni, Giuseppe Montesano, Michele Sovente, Alfonso Mangione). Lasciamo immaginare al lettore quale magica atmosfera saprà creare l’uomo de “La Grande Bellezza”, interpretando componimenti destinati alla perennità umana e culturale: “Lassammo fa’ Dio” (un poemetto in cui “don Salvatore” magnificamente salda drammaticità e sarcasmo) o “Vincenzo De Pretore” (del sublime Eduardo); “Fravecature” (che Viviani scrive per stringerci il cuore) oppure “ ‘A livella” (con quale il “principe” benignamente schiaffeggia gli altèri di ogni tempo e luogo)…

Il “viaggio” di Servillo in effetti rilancia il “bisogno perentorio di non rinunciare ad una identità sedimentata da quattro secoli di letteratura”. E Napoli è la “capitale”, onnicomprensiva e meravigliosa, di una “realtà che non può non passare dalle voci di artisti leggendari che ne hanno caratterizzato la cultura, lo spettacolo, la satira”. Ripassare sulle strade di questa nostra amata città, penetrare nei vicoli, nei bassi, guardare in volto le persone, “lèggere” fino in fondo nei meandri dei loro cuori è azione che purifica ed esalta. Ne esce rafforzata appunto la nostra identità che diventa più pronta a confrontarsi, oggi e ancor più domani, con altre etnìe, storie e tradizioni. Se l’attore “assume su di sé tutte le voci e diviene, sulla scena, portatore di una napoletanità troppo spesso confusa e martoriata dalle cronache, dai giornali, dai media”, agli spettatori che martedì saranno al Ricciardi la gratificante fortuna di “viaggiare”, soffrire e sperare con lui, ma pure l’onere di trovare il loro discrimine personale e di continuare a “voler bene”, a vivere, a scegliere, di volta in volta,  responsabilmente, fra “prosa” e “poesia”, fra l’effimero che questo stranissimo pianeta ci mette sotto il naso e le sfide per le quali davvero vale la pena di esistere.

Raffaele Raimondo

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