Il Fiera Fest dalla Parrocchia Vitulatina si concluderà con il saluto a Don Carlo Iadicicco

Il Fiera Fest dalla Parrocchia Vitulatina si concluderà con il saluto a Don Carlo Iadicicco




VITULAZIO – Domenica 15 luglio 2012, si concluderà al centro parrocchiale “S. Maria dell’Agnena” la sedicesima edizione del FieraFest organizzata dalla Parrocchia di Vitulazio, con arrivederci a Don Carlo Iadicicco animato dal gruppo locale “Alas De Speranza”.

Don Carlo Iadicicco è nato a Bellona in provincia di Caserta (Italia) il 14/09/1945 ed è stato ordinato sacerdote nell’aprile del 1971 nella Diocesi di Capua.
Il padre Ciro e la madre Anna De Crescenzo lo hanno accolto nell’alveo della già numerosa famiglia (nono di 11 figli), con la gioia e la speranza che, nel periodo ante e post-bellico, animavano le popolazioni meridionali alla ricerca di un futuro migliore. L’amore che i suoi genitori nutrivano vicendevolmente, si profondeva nella numerosa prole, che nel corso della sua storia, continua ad essere unita in virtù del sentimento che la ha generata. Questo è stato l’ambiente nel quale maturò la decisione del giovane Carlo di prendere l’abito talare ed incamminarsi verso la spiritualità completa. Gli studi, prima al seminario Diocesano di Capua, poi il completamento a quello di Benevento, portarono a compimento il sogno di lui e di tutta la famiglia. Dopo circa dieci anni di impegno pastorale e sociale nella diocesi di Capua, nonché nelle parrocchie di Vitulazio (Caserta) e di Mater Dei (Napoli), decise di mettere in pratica la sua grande aspirazione tenuta in serbo negli anni: poter vivere ancora più da vicino l’esperienza di Cristo, ponendosi al servizio di chi, nel mondo, povero di beni, ma non per questo di cuore, è tenuto fuori dalla spartizione delle ricchezze che la Terra mette a disposizione dei suoi figli. Chiese di essere inviato in Missione in Perù, dove fu accolto con grande speranza nella Diocesi di Chimbote considerata tra quelle a più alta complessità sociale, con i problemi tipici delle realtà operaie e contadine, come Sacerdote “Fidei Donum”. Gli fu assegnata la Valle di Macate, situata a 3500 metri di altezza, sulla Cordigliera nera delle Ande, a più di 700 chilometri a Nord-Ovest di Lima, dove in due conche erano sparsi 28 villaggi mal collegati tra loro, nei quali da oltre trent’anni la popolazione non aveva il conforto di un prete. Convinto che la parola di Dio vada riscontrata nei fatti, ha accompagnato la sua opera missionaria in quelle terre, con lavori concreti e duraturi, che oltre ad elevare in modo significativo la qualità della vita, hanno innescato un processo di crescita spirituale che affonda le sue radici in profondità. In pieno contesto rurale, in una economia di sopravvivenza, padre Carlo condivise con i contadini il lavoro nei campi imparando da loro il duro mestiere, gli fornì inoltre utensili e semenze: grano, mais e legumi vari, sperando che questi contributi potessero aumentare la quantità dei raccolti. Ha inoltre costruito una stalla e incrementato l’allevamento di bestiame (mucche ed alpache) dal quale poter ricavare latte, formaggio e lana, aiutando i pastori nel loro duro lavoro di “nomadi”. Essi sovente si spostano da un villaggio all’altro quasi esclusivamente a piedi, portando a spalla la loro merce, o con asini, e quando la notte li sorprende, dormono sulla nuda terra coprendosi a mala pena con una coperta per ripararsi dal freddo della notte. Padre Carlo allora pensò di garantirgli un riparo sicuro ed un luogo d’incontro per favorire lo scambio delle merci, così si mobilitò, insieme con gli abitanti del luogo per la costruzione di una struttura in mattoni, l'”Hogar del Campesino” (la casa del contadino), costruita con materiali del posto (fango e paglia essiccati al sole). Figlio di un muratore, prima di partire aveva imparato il mestiere di suo padre, pensando che tale arte poteva ritornare utile e così fu. La costruzione ebbe una notevole importanza, assumendo anche un carattere simbolico di aggregazione e socializzazione. Con l’aiuto di padre Carlo, i contadini cominciarono a sperare in un futuro più degno, nel quale, garantire il necessario per i propri figli poteva diventare una certezza e non una casualità, li animò a tal punto da stimolarli a lavorare sempre di più: si crearono infatti dei turni di lavoro, in modo da coprire anche alcune ore notturne. Inoltre apportando delle modifiche ad un mulino già esistente, che propose di farlo funzionare alimentato dal motore diesel di un trattore, si facilitò la produzione e la lavorazione del granoturco. Un ulteriore problema era rappresentato dalla mancanza di elettricità, questo senz’altro rallentava i lavori e creava notevoli disagi. Padre Carlo allora, sempre più convinto e perseverante, tornò in Italia non solo in visita di amici e parenti, ma anche con la speranza di un aiuto economico. Aveva lo scopo di comprare una turbina Petron per trasformare la forza di una piccola cascata, in energia elettrica. Parlò del suo progetto al vescovo della Diocesi di Capua l’allora mons. Luigi Diligenza, il quale lo appoggiò coinvolgendo tutta la Diocesi. Sua Eccellenza conosceva le necessità di quel popolo, in quanto si era recato in quelle terre per una visita pastorale, ed insieme a Mons. Bambaren, vescovo di Chimbote, avevano festeggiato un gemellaggio tra la diocesi di Chimbote e quella di Capua. Grazie alla centrale idroelettrica, oggi a Macate funziona molto meglio anche il mulino. La piazza, ora illuminata, è diventata un luogo d’incontro per la gente del villaggio, così come la parrocchia e la Chiesa.

Fonte: sito Alas De Speranza.

Eungenio Cionti

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