Martedì 21 marzo: Serena Autieri in “Diana & Lady D” di Vincenzo Incenzo, al Teatro Ricciardi di Capua

Martedì 21 marzo: Serena Autieri in “Diana & Lady D” di Vincenzo Incenzo, al Teatro Ricciardi di Capua

CAPUA – Un luogo comune e abusato considera doppie le personalità eccellenti. Non serve scomodare Stevenson e il suo Doctor Jeckyll e Mr Hide; parte pubblica e parte privata da sempre generano suggestioni di contrasti forti, addirittura violenti, talvolta fatali. Due anime in lotta, una fragile, l’altra invincibile, che condividono un unico corpo. Mai come nel caso di Diana però tutto questo è stato così trasparente e autentico. La maestrina e la principessa, l’abulimica e la filantropa si sono ostacolate e combattute  pubblicamente, in ogni occasione, fino all’ultimo giorno, bruciando una il terreno dell’altra e rivendicando  la loro impossibilità di coesistere. Con una sentenza dolorosa: il sacrificio di una che non è riuscito a salvare l’altra.

Ma anche con un monito illuminante: l’identità viene prima delle convenzioni.

Diana & Lady D è il grido di ogni donna inascoltata, schiacciata nei suoi intendimenti, mortificata nella propria femminilità; ma è anche l’inno alla differenza, la celebrazione di un bene superiore, la promessa alla donna che verrà.

Perché ancora oggi, in una società devota alla religione dell’individualismo, la libertà femminile è una libertà spesso non prevista. Perché ancora oggi alle donne è rimproverato di non imparare a leggere in tempo i segnali della violenza per garantirsi una salvezza.

Ma è la donna, nella Storia  del mondo a sovvertire sempre le regole, spesso purtroppo attraverso il suo sacrificio estremo. Dopo di cui niente può, o dovrebbe, essere più come prima.

E’ la sera dell’incidente; Diana sta per lasciare l’appartamento all’Hotel Ritz di Parigi e raggiungere Dodi in macchina; un ultimo colpo di cipria allo specchio ed ecco l’immagine riflessa di Lady D.

E’ l’occasione per confessarsi definitivamente una all’altra lontano da tutto e tutti, e mettere sul piatto senza più nessuna riserva le loro vite inadeguate. E’ un rinfacciarsi di colpe, un susseguirsi di accuse, fino addirittura allo scontro fisico, ma è anche il tentativo estremo di essere ascoltate, comprese, abbracciate. Per arrivare al perdono, alla ricomposizione del se’, al ritorno all’Uno; dopo di cui tutto, anche la morte, può essere accolta con tenera leggerezza.

Diana & Lady D è un dialogo per voce sola. Serena Autieri sul palco inscena una performance verbale e fisica dai contrasti sorprendenti. La scenografia è sviluppata in verticale, su due piani, (alto e basso); Lady D sul livello superiore incombe, Diana soccombe. Il concetto è il recupero della mitologica immagine doppia di Narciso che si riflette nel lago. Serena migra da un’anima all’altra muovendosi di continuo, incarnando gli stati d’animo più diversi, vestendosi e truccandosi a vista.

La scena prevede grandi specchi in cui Serena/Diana/Lady D si riflette, si perde, si sdoppia, torna bambina, si moltiplica. Ballerine e Acrobate, (effetto “Golconda” di Magritte), accompagnano l’esecuzione delle canzoni, evergreen dei Beatles, Elton John e inediti.

Un luogo comune e abusato considera doppie le personalità eccellenti. Parte pubblica e parte privata da sempre generano suggestioni di contrasti forti, violenti, talvolta fatali. Due anime in lotta, una fragile, l’altra invincibile, che condividono un unico corpo.

Mai come nel caso di Diana però tutto questo è stato così trasparente. La principessa e la maestrina d’asilo, la bulimica e la filantropa, la mamma e l’amante si sono ostacolate e combattute fino all’ultimo giorno, bruciando una il terreno dell’altra e rivendicando la loro impossibilità di coesistere mentre incessanti scorrevano copertine patinate, sorrisi, onorificenze ed applausi.

Da qui l’idea di un monologo verbale e fisico che potesse, entrando con violenza e tenerezza negli aspetti emotivi e nelle dinamiche psicologiche della complessa personalità di Diana, scardinare l’esteriorità per portare alla luce i lati più nascosti o taciuti di un personaggio ancora tutto da scoprire, e, con quel personaggio, il percorso duplice e misterioso che ognuno di noi attraversa oscillando tra ciò che si è e ciò che si vorrebbe essere. Strappare le radici di noi stessi per farle brillare senza paura al sole, nell’illusorio quanto coraggioso tentativo di fare un piccolo passo in avanti nella conoscenza dei nostri abissi e dell’origine ignota delle nostre lacrime e dei nostri sorrisi.

Ho pensato ad una lettura verticale del palco, concepito su due altezze differenti, perché il tracciato oculare dello spettatore potesse abituarsi ad una lettura “alto-basso” facilmente associabile a una bipolarità riflettente all’impatto l’essere e l’apparire.

Da qui ho immaginato una serie di suggestioni sceniche, con oggetti fuori scala, immagini sdoganate dall’arte classica e riformulate, perché tutto potesse apparire come filtrato dallo sguardo tormentato di Diana, nel tentativo di avvicinare il pubblico al suo paesaggio interiore, assediato da tutte le sue indotte o inseguite incoerenze. Gianni Quaranta ha dato forma ai miei sogni, e fondamentale sono state la presenza di Bill Goodson, le intuizioni di A J Weissbander, le proposte di Silvia Frattolillo, l’esperienza attoriale di Fioretta Mari.

Mancava la protagonista, un attrice cantante tanto forte e incosciente da prendersi sulle spalle le due anime e vomitarle sulla scena. Mancava un’anima sicura e fragile, com’era Diana.

Dalla prima lettura del testo Serena era la principessa triste, come catturata da un richiamo; con una passione e una volontà commoventi giorno dopo giorno ne ha edificato la sua verticalità. Senza rete, senza ricette. Occorrevano, le viscere, più che il cervello. E cuore infinito. Nessuno specchio, nessun ologramma, nessun trucco di scena. Semplicemente il continuo errare a vista di un’anima da un involucro all’altro, dal pianto alla ragione, dalla tenerezza alla follia, dalla ribellione alla resa.

I forti contrasti, il personaggio e il suo doppelganger, la presenza solitaria sul palco, il ritmo serrato, portano Serena ad una prova d’attrice cantante assoluta, dove tutti i climi emozionali vengono sviscerati, con la volontà di consegnare al pubblico un tracciato di parola e di corpo che mi auguro lasci tutti con il fiato sospeso fino all’ultimo sorprendente quadro.

Diana & Lady D è la favola amara della principessa scomparsa, ma è anche il grido di ogni donna inascoltata, schiacciata nei suoi intendimenti, mortificata nella propria femminilità; un inno alla differenza, la celebrazione di un bene superiore, la promessa di fiducia e di pace alla donna che verrà. Perché ancora oggi, in una società devota alla religione dell’individualismo, la libertà femminile è una libertà spesso non prevista. Perché ancora oggi alle donne è rimproverato di non imparare a leggere in tempo i segnali della violenza per garantirsi una salvezza.

Ma è la donna, nella Storia del mondo a sovvertire sempre le regole, spesso attraverso il suo sacrificio estremo.

Dopo di cui niente può, o deve, essere più come prima.

 

Vincenzo Incenzo

Martedì 21 marzo 2017, ore 21.00

Teatro Ricciardi di Capua

Info 0823963874

Engage

presenta

Serena Autieri in

Diana & Lady D

scritto e diretto da Vincenzo Incenzo

scenografia Gianni Quaranta

direttore musicale Maurizio Metalli

light designer A. J. Weissbard

coreografie Bill Goodson

costumi Silvia Frattolillo

Commenta con Facebook