NAPOLI – Un teatro differente, un tema spinoso trattato con sensibilità e anche ironia. E’ Albania casa mia, il monologo scritto e interpretato da Aleksandros Memetaj, per la regia di Giampiero Rappa, in scena, da giovedì 30 marzo 2017 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 2 aprile), al Teatro Elicantropo di Napoli.
Presentato da Argot Produzioni, il monologo accompagna gli spettatori in una storia fatta di parole, immagini e sudore, attraverso le vicende di due personaggi inizialmente distinti, Alexander e Aleksandros, albanesi, che, nonostante la differenza di età e di esperienze, vivono sulla propria pelle le stesse viscerali e contrastanti emozioni.
Siamo al 25 febbraio 1991, nell’Albania di quegli anni, uno Stato in cui il regime comunista è collassato e il malcontento del popolo si esprime con manifestazioni, distruzione dei simboli dittatoriali ed esodi di massa, per primo quello di Brindisi.
Proprio a Brindisi, sbarca il trentenne Alexander Toto, scappato da Valona a bordo del peschereccio Miredita (“Buongiorno” in albanese), cui si accompagna un bambino di soli 6 mesi, Aleksandros Memetaj, appunto.
Aleksandros racconta le sue esperienze italiane, da cittadino italiano tra gli italiani, da bambino tra i bambini, ma sempre da diverso tra gli uguali. Episodi di razzismo e bullismo, infatti, accompagnano interamente la sua crescita e il suo ambientarsi a Fiesso D’Artico, un piccolo paese di settemila anime tra Padova e Venezia.
“Albania casa mia – scrive il regista Giampiero Rappa – è un testo di un giovane attore e autore di ventiquattro anni. Ho conosciuto Aleksandros in un laboratorio teatrale, e, dopo aver ascoltato la sua storia, gli ho proposto di farne un monologo: la difficoltà nel cercare la propria identità e il rapporto fortissimo tra padre e figlio rendono, infatti, la vicenda universale”.
Gli sforzi economici per la partenza, le difficoltà e la paura nel viaggio, le umiliazioni e la stanchezza all’arrivo sono i fondamenti della storia di questo padre, una delle tante vittime del contesto politico nello stato albanese, che, dopo quarantacinque anni di limitazioni e controlli, ha riaperto i confini e riconcesso ai propri cittadini il diritto di viaggiare fuori dalla nazione.
Entrambi i protagonisti della storia amano la propria terra, come figli prediletti, ma entrambi la odiano come mariti traditi. Entrambi ripongono le loro speranze nella nuova patria, come innamorati novelli, ma entrambi ne sono feriti, come chi resta senza amici. La lontananza diventa il sentimento più forte, che caratterizza fortemente le parole di questo monologo, divertente e commovente al tempo stesso.
C.S.