Giovedì 20 aprile, debutto: Ernesto Lama e Elisabetta D’Acunzo ne “Le cinque rose di Jennifer” di Annibale Ruccello, al Teatro Elicantropo di Napoli

Giovedì 20 aprile, debutto: Ernesto Lama e Elisabetta D’Acunzo ne “Le cinque rose di Jennifer” di Annibale Ruccello, al Teatro Elicantropo di Napoli

NAPOLI – Sono tante le volte che abbiamo incrociato Jennifer e, con lei, atteso la telefonata di Franco. Dalle pagine di Annibale Ruccello è stata, spesso, “richiamata” in scena su piccoli e grandi palcoscenici, ed ora sarà il Teatro Elicantropo di Napoli a ospitare, giovedì 20 aprile 2017 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 23), il nuovo allestimento de Le cinque rose di Jennifer di Annibale Ruccello, protagonisti Ernesto Lama e Elisabetta D’Acunzo, per la regia di Peppe Miale.

Presentato da Le Pecore Nere, lo spettacolo si avvale delle scene di Mauro Rea, il disegno luci di Nino Perrella, i costumi di Nunzia Russo, e l’assistenza musicale di Salvatore Cardone.

Jennifer, personaggio simbolo dell’autore stabiese, è un travestito che vive in un quartiere ghetto, tormentato dalla società omologante, rappresentata da un invisibile assassino di travestiti. Come nello stile di Ruccello, telefono e televisione sono sempre protagonisti, elementi della modernità che permettono al mondo esterno di entrare ferocemente nell’intimità delle vite dei suoi personaggi.  Anche Jennifer s’innamora, e aspetta la telefonata di un Franco, che le ha promesso un inesistente e utopico matrimonio.

“Abbiamo provato – spiega il regista Peppe Miale – partendo anche dal lavoro certosino di Gioia Miale che ha lavorato negli ultimi anni ad una apprezzatissima ricerca sul meraviglioso viaggio di Annibale Ruccello, a recuperare  dalle sue interviste piuttosto che da altre fonti assimilabili, il senso della sua opera e nello specifico del testo che andiamo a rappresentare. Ci siamo convinti che il fatto che l’opera avesse subito una sua rivisitazione abbastanza profonda negli anni successivi al debutto, fosse figlio di una necessità profonda dell’autore”.

Ruccello descrive la triste parabola esistenziale di Jennifer, lasciando solo ad Anna, un altro travestito, quasi un suo “doppio”, d’intromettersi nel mondo di Jennifer, altrimenti dolorosamente sola. Jennifer possiede la disillusione della prostituta, ma anche l’ingenuità di chi sogna sui versi delle canzoni di Mina, sopravvivendo nell’ossessiva attesa dell’amato, che ormai non si fa vivo da mesi.

Tutto questo è necessario a Jennifer, tutto questo contribuisce a spostare più in là l’attimo in cui Jennifer darà corso all’inevitabile conseguenza di una vita disadorna.

Le cause dell’atto estremo e del malessere affondano nella solitudine, nello stillicidio dei giorni, nell’amore non ricambiato, nella diversità. Una morte tangibile, presente dall’inizio alla fine dello spettacolo, che è prima intima e poi fisica. L’illusoria attesa dell’amato è l’unico elemento che la manterrà “viva” fino alla fine.

 C.S.

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