CAMIGLIANO/GIANO V. – A distanza di quasi tredici anni si ritorna a parlare dell’eolico nell’Agro caleno. Dopo l’intervento del Consiglio di Stato, infatti, il progetto presentato dalla De.Di srl – se non fossero nel frattempo cambiati i piani della società – potrebbe ritornare al centro del dibattito della locale opinione pubblica. Ma andiamo per ordine. Nell’ottobre del 2014 la la società DE.DI. S.r.l. presentò alla Regione Campania una richiesta di autorizzazione unica per la realizzazione di un parco eolico in località Pontelatone-Camigliano-Giano Vetusto e Castel di Sasso – Pian di Monte Verna. A conclusione della successiva conferenza dei servizi del 5 novembre 2007, l’iter si bloccò poiché l’area interessata era sottoposta a vincolo ad uso civico ed era venuta a mancare il parere da parte dell’autorità preposta ad esprimere un parere in merito al suddetto vincolo.
Quando la società interessata ha chiesto chiarimenti in merito, si è scoperto che la Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio delle Province di Caserta e Benevento aveva espresso parere negativo. Quest’ultima, infatti, aveva comunicato alla Regione Campania di non poter esprimersi sul progetto, essendo ancora in attesa di chiarimenti in ordine alla variazione dei vincoli ad uso civico insistenti sull’area, pur avendo i tecnici di Palazzo Santa Lucia segnalato gli adempimenti necessari prima della seduta della conferenza dei servizi. Per questi motivi, la De.Di srl ha presentato ricorso straordinario al Presidente della Repubblica chiedendo l’annullamento del provvedimento della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio delle Province di Caserta e Benevento del 6 novembre 2007, con cui si ritiene incompatibile con la tutela delle aree di interesse paesaggistico l’autorizzazione richiesta dalla ricorrente per la realizzazione di un impianto di energia eolica e della nota della stessa Soprintendenza del 19 febbraio 2009 di comunicazione e conferma del summenzionato parere.
La seconda sezione del Consiglio di Stato, nell’adunanza di Sezione del 4 ottobre 2017, ha espresso il parere che il ricorso debba essere accolto. “Al riguardo – scrivono i giudici -, va condiviso l’orientamento che considera illegittimo il parere di compatibilità paesaggistica di un progetto reso al di fuori della conferenza dei servizi, laddove l’impiego di tale modulo procedimentale sia obbligatorio per legge (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 2015, nr. 4732; id., sez. VI, 10 marzo 2014, nr. 1144). La fondatezza del motivo testé esaminato, come evidenziato dalla stessa ricorrente, ha carattere assorbente ed esonererebbe dall’esame di ogni altra censura”. Entrando nel merito della questione, però, i giudici aggiungono: “L’Amministrazione non può limitarsi ad esprimere valutazioni apodittiche e stereotipate, ma deve specificare le ragioni del diniego ovvero esplicitare i motivi del contrasto tra le opere da realizzarsi e le ragioni di tutela dell’area interessata dall’apposizione del vincolo; non è sufficiente, quindi, la motivazione del diniego all’istanza di autorizzazione fondata su una generica incompatibilità”. Appare chiaro dalla sentenza che i magistrati amministrativi i motivi espressi dall’Ente fuori dal procedimento della conferenza dei servizi sarebbe aleatorio. Vedremo se, nonostante gli anni passati, la società interessata al progetto vorrà ritornare alla carica per realizzare i propri piani.
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Red. cro.