Giovedì 14 dicembre Ettore Nigro firma la regia di “Tragodia – Il canto del capro” tratto da un racconto di Emanuele D’Errico

Giovedì 14 dicembre Ettore Nigro firma la regia di “Tragodia – Il canto del capro” tratto da un racconto di Emanuele D’Errico

NAPOLI – “Conosci la storia di Guglielmo Belati”? E’ da questo interrogativo che prende vita la storia di Tragodia – Il canto del Capro, spettacolo tratto da un racconto di Emanuele D’Errico, qui anche interprete unico, in scena da giovedì 14 dicembre 2017alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 17) al Teatro Elicantropo di Napoli, per la regia di Ettore Nigro.

Presentato da Asylum Anteatro ai Vergini in collaborazione con Teen Thèâtre, l’allestimento si avvale delle scene a cura di Armando Alovisi, i costumi di Francesca Del Monaco, le musiche originali di Mario Autore e il disegno luci di Ettore Nigro.

Guglielmo è un ragazzo di paese che decide, contrariamente al volere dei genitori, di sposare la sua fidanzata. Armato di coraggio, di anello e di un pacchetto di caramelle a menta, corre in auto verso Teresa, la sua futura sposa.

Durante il viaggio si ferma a raccogliere i fiori, ma nell’istante in cui un fiore arancione con gocce di colore blu colpisce la sua attenzione, proprio in quel momento, incontra una capra e se ne innamora all’istante.

Guglielmo farà di tutto, anche scendere all’inferno come un novello Orfeo, pur di dichiarare il suo amore all’animale e conquistarla.

L’allestimento trascina lo spettatore in un mondo di fiaba, avvicinandolo a ciò che non si conosce, ciò che non è dicibile e visibile: il mistero. E attraverso le peripezie del protagonista si sperimenta la possibilità di cadere e inciampare nel dubbio.

È, infatti, il bivio, simbolo del dubbio, a governare nell’ombra la trama e la sua messa in scena, e a chiamare in gioco la paura e il coraggio, lo slancio e la regressione, il mistero e il conosciuto, l’errore e l’errare.

In quest’allestimento il sentimento d’amore è ciò che determina l’azione, senza mai cadere nel declamatorio. Eppure, profondo e viscerale, costringe il protagonista a cercare e ricercare l’amata: trovata, persa, ritrovata e forse persa nuovamente.

Questo essere mossi dall’interno, dà vita a un’epopea conoscitiva fuori e dentro se stessi, è un combattere le ombre delle pulsioni che ostacolano l’eroe. L’ostacolo diventa la via, fino a quando l’incontro con l’altro (sempre specchio di se stesso) conferma la scelta ed elogia il coraggio mostrato.

Ecco dunque che il protagonista prende consapevolezza del suo agire e affronta una vera e propria metamorfosi: l’uomo si trasforma in capra per incontrare la sua musa ma si ritrova come un novello Orfeo a ritornare nelle carni umane.

Solo successivamente, l’uomo deciderà di abbandonare le proprie fattezze a favore di quelle animali.

C.S.

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