Dopo il Tribunale Amministrativo della Campania, anche il Consiglio di Stato conferma l’interdittiva antimafia a carico della “holding” dei Di Nardi, società che si occupa del settore dei rifiuti

Dopo il Tribunale Amministrativo della Campania, anche il Consiglio di Stato conferma l’interdittiva antimafia a carico della “holding” dei Di Nardi, società che si occupa del settore dei rifiuti




VITULAZIO – La Terza Sezione del Consiglio di Stato ha emesso un’ordinanza collegiale in merito all’Interdittiva Antimafia a carico della Dhi Di Nardi Holding Industriale, nota società che si occupa della raccolta dei rifiuti in diversi comuni della provincia di Caserta e di proprietà della famiglia Di Nardi da Vitulazio. Per l’ennesima volta i Giudici amministrativi, prima quelli del Tar di Napoli e poi i loro colleghi del Consiglio di Stato, hanno respinto i ricorsi presentati dalla società “Dhi – Di Nardi Holding Industriale Spa”, con sede a Pastorano e di proprietà degli omonimi imprenditori vitulatini. L’esito dell’ultima udienza, quella dello scorso 8 marzo 2018, ha ancora una volta confermato la tesi del Ministero dell’Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo Caserta, respingendo il ricorso presentato dalla società pastoranese, rappresentata dagli avvocati Arturo Cancrini, Francesco Vagnucci e Egidio Lamberti, i quali chiedevano l’annullamento dell’interdittiva antimafia.

A seguito della Camera di Consiglio dello scorso 8 marzo 2018, la Terza Sezione del Consiglio di Stato (Franco Frattini, Presidente; Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere; Stefania Santoleri, Consigliere; Giorgio Calderoni, Consigliere; Luigi Birritteri, Consigliere, Estensore), si è pronunciata con l’ordinanza (n. 01060-2018 – Allegato n. 1 – consultabile a margine), che testualmente sancisce: “Rilevato che, allo stato e nei limiti del sommario giudizio cautelare, l’appello proposto appare privo del fumus boni iuris, sia con riferimento al dedotto vizio procedurale inerente la violazione del divieto di astensione del funzionario istruttore (non avendo costui svolto attività decisoria); sia in ordine alla ritenuta sussistenza del pericolo di infiltrazione criminale (adeguatamente motivato nel provvedimento impugnato); rilevato che le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo; per questi motivi, il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), Respinge l’appello (Ricorso numero: 942/2018) e condanna l’appellante al pagamento delle spese del giudizio che liquida in euro 1.500,00 oltre accessori come per legge”.

Inoltre, sempre gli stessi magistrati romani della Terza Sezione del Consiglio di Stato, già lo scorso 7 febbraio 2018, con apposito decreto (n. 00544-2018 – Allegato n.2 – consultabile a margine) si erano già pronunciati in merito al ricorso proposto dalla Società “DHI – di Nardi Holding Industriale SpA.”, respingendo la richiesta di “sospensiva-cautelare” dell’interdittiva antimafia, dalla quale testualmente si legge: “Ritenuto che, in questa fase di sommaria delibazione, i puntuali argomenti posti a base dell’ordinanza appellata resistono alle censure della parte appellante; Considerato, in particolare, che le misure di carattere interdittivo antimafia sono giustificabili in presenza di un tessuto di collegamenti ed anche cointeressenze economiche senza necessità che vi siano, o siano conclusi, procedimenti penali ovvero intervenute condanne; per questi motivi respinge l’istanza di misure cautelari temporanee”.

Entrando nel merito della vicenda, lo scorso 27 dicembre 2017, la Prima Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, presieduta dal Giudice Salvatore Veneziano, si era già pronunciata in merito, emettendo un apposito decreto (n. 02073-2017 Allegato n.3 – consultabile a margine), proprio a seguito del ricorso presentato dalla citata società che chiedeva l’annullamento previa sospensione dell’efficacia, dell’informazione antimafia interdittiva, emessa dalla Prefettura di Caserta nei propri confronti e del provvedimento di rigetto dell’istanza di iscrizione della Ditta deducente alla White List. Dalla presente ordinanza, del Presidente Veneziano, viene a galla il molteplice volume di informative delle forze dell’ordine e della Direzione Distrettuale Antimafia che hanno spinto la Prefettura di Caserta ad avviare il procedimento per l’emissione delle misure straordinarie in merito all’adozione dell’informazione interdittiva antimafia, e nello specifico: note della Questura di Caserta del 16.7.2014, del 28.9.2015 e 29.6.2015; nota della Questura di Napoli del 12.9.2014; note datate 7.4.2015, 14.3.2016, 28.10.2016, 25.5.2017, 8.9.2017 e 19.9.2017 del Comando Provinciale dei Carabinieri di Caserta; nota del 2.5.2015 del Gruppo di Carabinieri di Torre Annunziata; note del 29.1.2015, 26.3.2015, 7.8.2015, 24.2.2016, 22.7.2016 e 7.9.2017 del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Caserta; note datate 6.6.2014, 28.9.2015, 8.4.2016, 4.5.2016, 20.3.2017, 1.9.2017 e 26.9.2017 della Direzione Investigativa Antimafia di Napoli; nota del 15.5.2015 della Direzione Territoriale del Lavoro di Caserta. La società in questione, gravata dall’informazione di interdittiva antimafia, attraverso i propri avvocati, chiedeva ai Giudici del Tar di Napoli l’annullamento dell’atto della Prefettura di Caserta e di tutte le varie relazioni redatte dalle forze dell’ordine. Inoltre, chiedevano anche la condanna dell’Ente intimato (Prefettura di Caserta e Ministero dell’Interno) a risarcire il danno cagionato alla società e la reinscrizione della Ditta nella White. La Prima Sezione del Tar di Napoli, con il citato decreto del 27-12-2017, sentenziava: “Ritenuto che le censure dedotte avverso i provvedimenti impugnati meritano più meditato esame nella pienezza del contraddittorio ed in sede collegiale; Considerato che il bilanciamento degli opposti interessi (pubblici/privati) induce a consentire l’esplicazione degli ordinari effetti degli atti impugnati non immediatamente e direttamente incidenti sui rapporti contrattuali in corso, comunque suscettibili di ripristino successivamente all’eventuale provvedimento cautelare collegiale di senso favorevole alle ragioni di parte ricorrente; per questi motivi respinge l’istanza di misure cautelari monocratiche e fissa per la trattazione collegiale la camera di consiglio del 24 gennaio 2018”.

Qualche giorno dopo, sempre la Prima Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, con un successivo decreto a firma del Presidente Veneziano del 3 gennaio 2018, n. 00004/2018 (Allegato n.4 – consultabile a margine), ulteriormente disponeva: “Ordina alla Prefettura- U.T.G. di Caserta di depositare gli atti e i documenti di cui in motivazione, presso la segreteria del Tribunale, entro il termine di giorni dieci dalla comunicazione della presente ordinanza o dalla notificazione a cura di parte, se anteriore. Il deposito dovrà avvenire nelle forme telematiche secondo le disposizioni del PAT, salvo che i documenti richiesti non contengano atti “Classificati”, nel qual caso l’amministrazione intimata potrà trasmettere questi ultimi in forma cartacea e chiedere che gli stessi vengano acquisiti in tale forma e protocollati manualmente, ai sensi dell’art. 136, co. 2”.

Nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2018 (con l’intervento dei magistrati: Salvatore Veneziano, Presidente Ida Raiola, Consigliere Olindo Di Popolo, Consigliere, Estensore), “la Prima Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, con apposita ordinanza n. 00141/2018 (Allegato n.5 – consultabile a margine), decretava: “Considerato che: il dirigente dell’Area I – Ordine e Sicurezza Pubblica dell’UTG – Prefettura di Caserta, oltre ad essere destinatario di decreto di archiviazione in riferimento alle indagini avviate in seguito alle dichiarazioni rese da…, non risulta aver adottato, nell’ambito della vicenda controversa, atti aventi portata decisoria; atteso che la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa costituisce presupposto tanto per il diniego di iscrizione nelle white list ex art. 1, comma 52, della l. n. 190/2012 quanto per l’emissione dell’informativa interdittiva antimafia ex artt. art. 84, comma 4, e 91, comma 6, del d.lgs. n. 159/2011 e che il contraddittorio procedimentale (peraltro, non richiesto in relazione a quest’ultima) è stato, comunque, garantito alla società ricorrente per il tramite della comunicazione di cui all’art. 10 bis della l. n. 241/1990, nulla impediva, già sul piano normativo, all’autorità prefettizia – in omaggio ai principi di efficienza dell’azione amministrativa, nonché in funzione del primario obiettivo di immediatezza e incisività della tutela anticipata contro le attività della criminalità organizzata – di utilizzare le risultanze istruttorie dell’iter definito con l’adozione della prima delle anzidette misure ostative ai fini dell’adozione anche della seconda; – a carico della S.p.A. emerge, allo stato, un quadro indiziario – connotato da rapporti commerciali e professionali con società risultate esposte ad infiltrazioni mafiose… e con soggetti imputati per reati aggravati dall’agevolazione mafiosa…, oltre che dalla cointeressenza di soggetto coinvolto in una vicenda corruttiva circostanziata (pure nei soli confronti di terzi) dal metodo e dall’agevolazione mafiosa … –, che, riguardato nel suo complesso, appare oggettivamente rivelatore del pericolo concreto di condizionamento da parte della criminalità organizzata; Ritenuto, quindi, che: – ad un sommario esame, le censure proposte non risultano assistite da sufficiente fumus boni iuris; – in ogni caso, nella comparazione dei contrapposti interessi, occorre privilegiare, nella presente fase cautelare, quello alla massima anticipazione della soglia di prevenzione contro i tentativi di infiltrazione mafiosa nelle imprese in rapporti con la pubblica amministrazione; – quanto alle spese relative alla presente fase di giudizio, sussistono giusti motivi per disporne l’integrale compensazione tra le parti; per questi motivi… Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima) respinge la suindicata domanda incidentale di sospensione degli atti impugnati”.

In conclusione abbiamo ritenuto utile fare un resoconto dell’iter giudiziario, tramite i ricorsi al Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Napoli) e al Consiglio di Stato (Roma), avviato allo scopo di far annullare il provvedimento di “informativa d’interdittiva Antimafia”, emesso dalla Prefettura di Caserta con nota del 13 Dicembre 2017, a firma del Prefetto Raffaele Ruberto, nei confronti della DHI Spa (Di Nardi Holding Industriale), operante nel settore dei rifiuti, con sede in Pastorano e di proprietà della famiglia Di Nardi di Vitulazio, che determinava l’estromissione della citata società dall’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa proprio a causa di varie informative di polizia a carico dell’ex Amministratore Delegato della DHI Spa, Alberto Di Nardi.

Per approfondire nel dettaglio l’intera faccenda vi invitiamo a leggere un nostro articolo-inchiesta dello scorso 15 dicembre 2017 dal titolo “Le dichiarazioni del pentito Natale e le frequentazioni con il “faccendiere dei rifiuti” Scialdone inguaiano i Di Nardi: ecco i motivi che hanno spinto la Prefettura ad emettere un’interdittiva antimafia nei confronti della Dhi Spa

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10-08-2018

Alfredo Di Lettera

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