CALVI R./SPARANISE – La proprietaria della società Alekos, Miriam Rosaria Miluccia D’Aiello, replica al nostro articolo del 31 dicembre (leggi qui) con una lettera indirizzata al nostro direttore:
Egregio direttore,
leggo con disappunto un articolo sul vostro quotidiano on line, firmato da “redazione cro” dal titolo”EX Pozzi la famiglia Di Nardi dietro la Alekos spa, confermate le notizie della prima ora sulla società che vorrebbe localizzare un impianto per ammendanti agricoli nell’area industriale tra Calvi e Sparanise” nel quale l’autore o gli autori ripercorrono la notizia riguardante la richiesta di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale presentata da Alekos e la nostra risposta illustrante l’unicità del caso Alekos in quanto unica società ad aver bonificato accuratamente la zona interessata e ad ottenere di conseguenza il dissequestro dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere.
Volendo replicare alla lettera della dottoressa D’Aiello non possiamo che augurarci che le cose vadano come lei auspica. Entrando nel merito delle questioni sollevate, invece, sorprende la reazione al nostro articolo. Pur ammettendo la veridicità delle notizie riportate, si accusa l’autore dell’articolo in virtù di forzature interpretative, frutto probabilmente di pregiudizi che certo non appartengono a chi, come C24, cerca di cimentarsi in una informazione che prende in considerazione esclusivamente i fatti.
La signora D’Aiello ci accusa di aver utilizzato dei luoghi comuni sciorinando cliché a cui non avevamo fatto alcun riferimento. Sollevare la discriminazione sessuale in questo contesto rappresenta la banalizzazione di una questione di una certa serietà, che offende chi combatte da anni su questo fronte. Le esternazioni sul tentativo di sventolare il trinomio rifiuti-camorra-appalti pubblici per “vendere più copie”, inoltre, è smentita almeno da due circostanze. La prima riguarda la storia di questa disgraziata terra che da anni vede la questione rifiuti al centro di speculazioni imprenditoriali a discapito della salute dei cittadini: ora, pur confidando nella buona fede dell’iniziativa della Alekos, ci sarà concesso di esternare una punta di scetticismo. La seconda, invece, riguarda gli interessi in campo: il nostro giornale non ha nulla da guadagnarci da questa presunta “demonizzazione”, se non il rischio di vedere calare sempre di più gli standard di vivibilità di una terra già martoriata e nella quale vivono i nostri cari.
Il tentativo della signora D’Aiello di allontanare l’ombra dei Di Nardi dall’iniziativa della Alekos spa è sicuramente comprensibile, ma non per il presunto accanimento giornalistico nei confronti del marito Alberto, ma per la cattiva pubblicità professionale che lo stesso si è costruito presso l’opinione pubblica soprattutto dopo le vicende narrate perfino nel suo libro intitolato “Il Corruttore”. Mettendo da parte le vicende del dottor Di Nardi che qui non interessano e che attengono al privato della persona e dell’imprenditore, resta da chiarire il nocciolo della questione sollevata da noi: se i capitali investiti sono frutto dello sforzo imprenditoriale della signora D’Aiello o della sua famiglia di origine, almeno formalmente potrebbe essere giustificata la reazione di cui sopra. Se, invece, i fondi a disposizione provengono dal marito e quindi dalla holding Di Nardi, allora tale reazione è del tutto incomprensibile.