CALVI R./SPARANISE – Alle volte, basta solo aspettare, per avere risposte che nessuno sperava più di ottenere, soprattutto nel muro di gomma omertosa che la politica innalza ogni volta che c’è da silenziare pensieri e opinioni, su fatti di cronaca scottante. Erano mesi che ci si interrogava sull’ostinato silenzio del Pd in merito alla terribile vicenda della discarica ex Pozzi di Calvi Risorta, in provincia di Caserta. Dall’estate del 2015, quando i 47 ettari di rifiuti industriali, tossici e cancerogeni, erano stati portati alla luce dalla Forestale con la collaborazione dell’Esercito Italiano, non una parola era più uscita dalla bocca dei Dem nazionali.
Persino i parlamentari, i senatori e gli eurodeputati del territorio avevano fatto a gara a chi teneva la bocca chiusa, più di un pesce con l’alta marea. E le “Madame Butterfly” del Pd avevano persino evitato di apparire alle manifestazioni popolari, proprio per tener fede alla logica pucciniana del “coro a bocca chiusa”. Ma è bastato attendere due anni, appunto, per capire cosa abbia alimentato il silenzio dei rappresentanti di governo sulla terribile vicenda della discarica casertana. È l’affidamento dell’affare bonifica alla Invitalia, Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, controllata dal Ministero dell’Economia e, soprattutto carrozzone che, appena tre anni fa, si segnalò come organo capace di bruciare due milioni e 884mila euro per consulenze e incarichi a professionisti ed ex politici, legati a doppio filo al Pd, partito di maggioranza e di silenzio sullo scandalo Pozzi.
In termini stringenti, è stata conferita la possibilità di gestire i circa sedici milioni di euro per la bonifica della Pozzi a un’agenzia con innesti politici di un partito che, proprio sulla più cancerogena ed estesa discarica d’Europa, ha tenuto la bocca chiusa in maniera ermetica. Poco meno di trentasei mesi fa, la Invitalia, coordinata dall’Amministratore Delegato Domenico Arcuri, è riuscita a riportare in circolazione manager pubblici in pensione e politici trombati, consegnando loro stipendi annuali da 180mila euro. Soldi pubblici, spesi per consulenze da capogiro. Come quella dell’avvocato Francesco Carbonati, vicinissimo al Pd, che, in soli otto mesi, ha percepito dalla Invitalia la bellezza di 67mila euro.
Ma, l’Agenzia controllata dal Ministero dell’Economia, ha giocato le carte migliori e più costose con Oscar Farinetti, il patron di Eataly (quello dei finanziamenti da capogiro per Expo) legato a doppio filo a Matteo Renzi e al Giglio Magico che ha come terminale Maria Elena Boschi. Lo scorso anno, infatti, è stato evidenziato lo stretto rapporto tra Invitalia e Farinetti, grazie a uno dei 142 costosissimi contratti di fornitura che l’agenzia controllata dal governo affidò proprio al grande sostenitore di Renzi, con la sua Eataly. Farinetti, giova ricordarlo, è stato al centro di scandali pesantissimi, come l’accesso a Expo senza gara d’appalto che costò una lunga indagine, avviata dai controlli dell’Anac di Cantone, sul sindaco milanese Giuseppe Sala. Solo qualche mese fa, nonostante il passivo di Eataly, la famiglia di Farinetti ha incassato circa 47 milioni di dividendi.
Nonostante le turbolenze gestionali e le vicende giudiziarie tutt’altro che concluse, Farinetti risulta essere uno dei miracolati dalla pioggia d’oro che Invitalia ha fatto cadere sulla testa di pochi eletti. Ma l’elenco dei nomi che hanno avuto soldi pubblici, grazie alla mediazione di chi oggi dovrebbe gestire i milioni della bonifica alla ex Pozzi di Calvi Risorta, non finisce qui. Anzi, c’è addirittura una nomina che non lascia spazio ad interpretazioni e induce a pensare che Invitalia abbia nel motore tanta di quella benzina renziana e governativa, da poter arruolare persino ex parlamentari del Pd, caduti politicamente in disgrazia. È il caso di Costantino Boffa, ex deputato del Partito Democratico al quale, qualche anno fa, Invitalia firmò un contratto da centomila euro l’anno per la produzione di sole ottanta pagine di consulenza.
Peggio è andata la vicenda di Luigi Mor, ingegnere ed ex manager di Fincantieri che, trovatosi improvvisamente senza fonti di guadagno, si è visto baciare dalla fortuna, quando l’amministratore di Invitalia, Arcuri, lo ha scelto per un incarico da circa 184mila euro annui. E la storia di Andrea Vecchia, poi, raggiunge dimensioni kafkiane. Vecchia è stato arruolato dalla società che gestirà l’affare bonifica Pozzi, con un contratto di oltre 66mila euro, per soli dieci mesi di lavoro. Soldi dei contribuenti, come quelli che serviranno a rendere meno pericolosa la discarica di Calvi Risorta. Anche quelli, gestiti dalla Invitalia. Non bisogna dimenticare la strana vicenda per gli spazi pubblicitari che la Invitalia firmò qualche tempo fa con la Unicredit, la banca che, secondo l’ex amministratore delegato Federico Ghizzoni, stava per essere assorbita da Banca Etruria del papà del Ministro Boschi. Tutta la trattativa, secondo Ghizzoni e altri testimoni, veniva caldeggiata, grazie al ruolo predominante di Maria Elena Boschi in qualità di membro del Governo, targato Pd. Ora, a questi signori della consulenza milionaria e dei soldi pubblici usati per dare stipendi a ex manager di Stato e politici non eletti, sta per essere affidato l’affare della gestione fondi per la bonifica della discarica ex Pozzi/Iplave, in provincia di Caserta. Non bisogna dimenticare che, in questi giorni di roghi drammatici e tossici, il Governo ha affermato che mancano i fondi per mettere in circolazione i mezzi di emergenza di Pompieri e Forestale. L’affare bonifica inizia nel peggiore dei modi.
Salvatore Minieri