CAMIGLIANO – La società Centro Benessere Surl non poteva proseguire le attività dell’“Alex Club” di Camigliano. A stabilirlo è stato il Tribunale amministrativo regionale della Campania che, con sentenza depositata lo scorso 28 luglio, si è pronunciato sulla vicenda relativa alla chiusura del noto centro estetico avvenuta qualche anno fa. La società gestita da Pietro Valori, infatti, aveva stipulato un contratto di fitto di azienda con Alex Club S.r.l., assicurandosi palestra, centro estetico, centro termale con sauna, bagno turco, piscina coperta con idromassaggio e sale massaggio di proprietà della compagine societaria guidata da Michele Di Stasio. Quest’ultimo, tuttavia, con una richiesta di accesso agli atti presentata il 5 agosto del 2015 al Comune di Camigliano – con la quale chiedeva l’esibizione di ogni documentazione amministrativa e sanitaria che autorizzava le attività organizzate dal Centro Benessere Surl – di fatto ha dato avvio a una serie di accertamenti avviati dall’Ente municipale. Nel corso di tali controlli, la Polizia locale e i dipendenti comunali non erano riusciti a reperire alcun titolo autorizzativo costringendo il Responsabile dello Sportello Unico delle Attività Produttive, la dottoressa Francesca De Cristofaro, con provvedimento numero 1 del 18.12.2015, a ordinare al titolare della società che gestiva la struttura di via Monsignor Carmine Rocco l’immediata cessazione dell’attività “fino ad avvenuta dimostrazione dell’adeguatezza dei locali e legittimazione dell’esercizio”.
Il “Centro Benessere Surl” a quel punto aveva presentato ricorso al Tar della Campania contro lo Sportello Unico delle Attività Produttive del Comune di Camigliano chiedendo l’annullamento – previa sospensione dell’efficacia – dell’ordinanza numero 1 del 18 dicembre 2015, con la quale l’Ente aveva ordinato la cessazione delle attività di palestra e centro estetico. Dopo aver respinto la domanda cautelare nel 2016, la Terza sezione si è espressa sul merito della questione, a conclusione dell’udienza dello scorso 5 maggio 2020, ritenendo il ricorso infondato. Scrivono i giudici amministratici:“Come detto, tutti i documenti sopra indicati, al momento, mancano e non sono stati da parte ricorrente prodotti nemmeno in giudizio, tanto che potrebbe sussistere grave pericolo per la salute di coloro che usufruiscono dei servizi offerti in locali privi dei necessari requisiti. Ciò posto, poiché, nel caso di specie, agli atti non risulta l’esistenza di alcuna DIA o SCIA inerente l’attività svolta tanto di estetista quanto di gestione di palestra, ogni attività esercitata nei locali de quibus risulta deficitaria dei requisiti richiesti dalle citate norme e giustificata ne è la relativa immediata interruzione. Sulla base delle sovra esposte motivazioni il ricorso non è meritevole di accoglimento”. Per tali ragioni, il Tar ha respinto l’istanza della società di Valori e l’ha condannata al pagamento delle spese di giudizio (2000 euro, oltre accessori di legge) da corrispondere al Comune.
Red. Cro.