CALVI R. – Come se non bastasse la notizia del prossimo dissesto finanziario, l’Amministrazione comunale di Calvi Risorta si ritrova ad affrontare un’altra grana, in parte per responsabilità che arrivano da lontano e in parte per una propria “leggerezza”. Il nuovo caso riguarda la proceduta di espropriazione per la realizzazione dell’ampliamento di via Calvi (detta anche via Roccioloni). Con decreto numero 9579 del 29.10.1997, infatti, il Comune ordinò l’occupazione d’urgenza di alcuni fondi agricoli. Tra questi vi era anche un’area di 225 mq di proprietà della signora Francesca Di Luna, alla quale l’Ente caleno all’epoca pagò soltanto una indennità provvisoria, impegnandosi a pagare successivamente la parte residua all’atto dell’emissione del decreto definitivo di esproprio. Tuttavia, il Comune non ha mai saldato la seconda parte del pagamento e non ha mai completato l’iter per l’acquisizione del bene.
Per tali ragioni la proprietaria del fondo, ritenendo l’occupazione illegittima, ha chiesto la restituzione del terreno, il risarcimento per il periodo di illegittima occupazione, il pagamento del valore venale del bene (per 1.125 euro), il risarcimento dei danni per i frutti pendenti e per le piante distrutte (per 2.963,65 euro) e la ricostruzione del muro di contenimento (in alternativa il pagamento di ulteriori 4500 euro), oltre agli interessi e alla rivalutazione monetaria.
La donna si era rivolta prima al giudice ordinario, il quale ha dichiarato di non essere competente in merito per difetto di giurisdizione. Così si è rivolta al Tribunale amministrativo regionale della Campania presentando ricorso contro il Comune di Calvi Risorta, che non si è costituito in giudizio.
La quinta sezione, a conclusione dell’udienza di merito del 17 dicembre 2019, ha accolto il ricorso condannando il Comune di Calvi Risorta a restituire (entro 120 giorni) il fondo agricolo dopo averlo ripristinato, a risarcire il danno da occupazione illegittima – da quantificarsi, ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a., nella somma pari al 5% annuo del valore venale del bene illegittimamente detenuto, come sopra determinato, da liquidarsi a partire dalla data di scadenza del periodo di occupazione legittima sino alla restituzione del bene o regolarizzazione della fattispecie, detratto quanto eventualmente già percepito a titolo di indennità di esproprio, oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza fino al soddisfo– e a pagare le spese di lite (2000 euro, oltre oneri accessori).
Nella sentenza depositata il 10 febbraio scorso, i giudici amministrativi spiegano: “Ciò posto, non essendosi la procedura espropriativa conclusasi nei termini di legge il ricorso va accolto in primo luogo quanto alla domanda di restituzione del terreno di proprietà della ricorrente, previa rimessione in pristino stato, ivi compresa la realizzazione da parte del Comune del muro di contenimento preesistente l’occupazione d’urgenza, di cui vi è prova in atti”. Inoltre aggiungono: “Il Comune, onde evitare il maturarsi di un ulteriore danno risarcibile in favore di parte ricorrente, dovrà provvedere alla giuridica regolarizzazione della fattispecie, in via prioritaria, come detto, mediante l’immediata restituzione del bene, previa integrale riduzione in pristino, ovvero attraverso il legittimo acquisto della proprietà dell’area o con il consenso della controparte, mediante contratto, ovvero mediante l’adozione del provvedimento autoritativo di acquisizione sanante ex art. 42- bis, d.P.R. n. 327 del 2001”.
Leggi la sentenza del Tar: Calvi risorta – Tar
Red. Cro.