Il libro di Massimo Cerulo, “Andare per Caffè storici” (il Mulino, 152 pagine, 12 Euro), racconta “una socialità tutta italiana”. Sorti sulle tracce delle coffeehouses inglesi, i Caffè italiani hanno rappresentato un’autentica rivoluzione sociale: a differenza dei salotti aristocratico-elitari, vi si poteva infatti accedere senza essere invitati, disponendo di libertà di parola e senza distinzione di genere. Spazi incubatori della nuova società borghese e della nascente nazione, luoghi di germinazione per avanguardie artistiche e cenacoli letterari, tra i loro tavoli sono maturati anche i più importanti movimenti politici che segneranno la storia d’Italia. L’itinerario considera quei Caffè storici che sono rimasti ancora tali, negli indirizzi e negli arredi: tra questi, il più antico, il veneziano Florian, il padovano Pedrocchi, il torinese Al Bicerin, il triestino Tommaseo, il fiorentino Gilli, il romano Antico Caffè Greco, il napoletano Gambrinus.
Scrive tra l’altro Massimo Cerulo: “Frequentando i vecchi Caffè si impara a raccontare, diceva Eduardo Galeano. Ma si apprende anche la storia della società in cui si vive. Perché i Caffè, quelli storici in particolare, rappresentano scrigni di memoria collettiva che permettono di comprendere come si sia arrivati al presente. Attraverso quali discorsi, conversazioni, forme di lotta e militanza, manifestazioni artistiche e culturali”. E a proposito del Gambrinus: “Ci troviamo dunque in una terra di leggenda, mitologia, scaramanzia, letteratura e, soprattutto, culto del caffè. Napoli è una città dove la bevanda è ritenuta sacra. Tale associazione viene quotidianamente diffusa e perpetuata attraverso una serie di gesti e pratiche divenuti forme di un rituale: dalle tazzine rigorosamente bollenti all’espresso servito spesso zuccherato (se lo si vuole amaro è meglio chiarirlo in anticipo), dal bicchierino d’acqua servito prima della tazzina alle macchine a pressione, dove il ruolo del barista risulta fondamentale, fino a un’attenzione specifica per la torrefazione del prodotto”.
L’autore del libro, Massimo Cerulo, insegna Sociologia nell’Università di Perugia ed è chercheur associé al CERLIS (CNRS), Université de Paris. I suoi libri più recenti: “Giovani e social network” (con E. Bissaca e C.M. Scarcelli, Carocci, 2020) e “Sociologia delle emozioni” (il Mulino, 2018); collabora con l’Huffington Post e con il Giornale Radio Rai.
Red. Cro.